Buona la prima per Carlo Cracco. Inaugurato Cracco in Galleria a Milano, non solo ristorante gourmet ma anche café-bistrot, pasticceria, salone privato e cantina. Si tratta del “primo” vero ristorante dello chef e della moglie Rosa (Fanti), come ammesso dallo stesso Cracco durante la conferenza stampa. A dispetto dei chiacchiericci di cui, a torto o a ragione, è da tempo vittima l’ex giudice di Masterchef. E nonostante l’iter complesso dell’operazione: sono trascorsi tre anni da quando Cracco si è aggiudicato il bando di gara per gli spazi ex Mercedes con un’offerta di 1.090.000 euro di canone annuo. La nuova insegna occuperà una superficie complessiva di 1.118 metri quadri su 5 livelli e strizzerà l’occhio agli altri illustri inquilini della Galleria Vittorio Emanuele II: Marchesi 1824, Spazio Milano di Niko Romito, Felix Lo Basso, Camparino.
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Un contesto unico
Non stupisce, dunque, che l’attesa per l’imminente opening fosse quella di una prima teatrale. Ma tutto si è svolto secondo copione, con un Cracco visibilmente emozionato e soddisfatto, di fronte a un parterre delle grandi occasioni e ai vecchi e nuovi amici: Fabio Fazio, nelle vesti di maestro di cerimonie, e Lapo Elkann, compagno d’avventura di Cracco e dell’architetto Michele De Lucchi in Garage Italia, hub creativo negli spazi dell’ex stazione Agip dell’architetto Mauro Bacciocchi in piazzale Accursio. Entusiasta anche il sindaco di Milano, Beppe Sala, nelle vesti di padrone di casa, per un progetto che restituisce alla Galleria, da sempre barometro della città, il ruolo di “Salotto di Milano”.
Ciò che sorprende varcando la soglia del nuovo locale è la sensazione di entrare in luogo che è sempre esistito: elegante e raffinato, ma per nulla “polveroso”. Uno scenario che porta la firma inconfondibile dello Studio Peregalli: Laura Sartori Rimini e Roberto Peregalli hanno saputo “inventare” un luogo inedito eppure immediatamente familiare, perché espressione di una legacy architettonica che spazia dalla seconda metà dell’800 a Gio Ponti. Punto di partenza, il necessario gioco di corrispondenze con la Galleria e il suo vocabolario architettonico: lesene, trabeazioni, bassorilievi, grottesche, mosaici.
Gli spazi
Al piano terra, al Café, fanno bella mostra di sé il grande bancone-bar della fine dell’800 ritrovato a Parigi e le pareti in stucco, dipinte a mano con un motivo che ricorda i disegni Fortuny. La proposta gastronomica è più semplice rispetto al Ristorante, con piatti meno elaborati, per pranzi e cene veloci e informali. Una novità importante è lo spazio dedicato alla pasticceria e alle creazioni in cioccolato del pastry chef Marco Pedron. Al secondo piano una sala d’accoglienza rivestita con una boiserie grigio-azzurra e una carta da parati dipinta a mano a grandi corolle floreali fa da introduzione al ristorante, articolato in tre sale e due privé.
Se ogni piano ha la sua cucina, è qui che si trova la più importante, con piastrelle su disegno di Gio Ponti, giallo zafferano, bianco e nero. E sempre ispirati a Gio Ponti sono i servizi di piatti di Richard Ginori, ideati dagli architetti e realizzati appositamente per Cracco. La cucina sarà all’insegna della continuità con quella del ristorante in Victor Hugo, ma come ci ha assicurato lo stesso chef, non mancheranno nuovi sapori. Menu dedicato al dopo teatro invece per lo scenografico Fumoir: bancone in mogano e zinco, bottiglieria con specchio ed elementi nichelati di gusto Art Deco.
Il terzo piano, cui si accede privatamente dal cortile affacciato su via Pellico, è riservato alle occasioni speciali: uno scenario teatrale con le pareti coperte da una resina speciale a rilievo a doppio disegno, con un effetto di ghisa, l’affresco ottocentesco originale e il grande bancone del bar in marmo di Levanto degli anni ’20. Nel seminterrato la cantina, dalle pareti rosso lacca e la scaffalatura in legno d’abete, ospita oltre diecimila bottiglie, con un’importante selezione di vini soprattutto italiani e francesi, ed è dedicata, oltre che alla vendita, alle degustazioni.