Si sono candidati in centinaia. E per scegliere tra loro i 24 finalisti abbiamo passato la palla ai “senatori”, ovvero a tutti coloro che hanno fatto parte della nostra squadra a partire dal 2012. Poi si è passati al voto on line. Hanno votato oltre 2.000 professionisti appartenenti bar industry. Da regolamento, il voto dei senatori ha pesato il 60%, quello degli altri operatori il 40%. E ora finalmente abbiamo i nomi dei 12 bartender che ci accompagneranno nel Drink Team, la nostra speciale rubrica di degustazione e miscelazione.
Drink Team 2019. Questa è una grande squadra
Ecco i 12 bartender votati
Clicca sui personaggi e scopri la loro storia
Carola Abrate
Carola Abrate
Da 5 anni, dopo alcune significative esperienze,
lavora come bar manager a La Drogheria,
storico locale di piazza Vittorio a Torino.
Ha collaborato (e collabora)
con alcune delle realtà
più note del settore.
Augusto Amaral
Augusto Amaral
Goiânia in Brasile è la sua città d’origine.
Nato nel ’93 lavora in Italia da 12 anni,
ma non ha mai dimenticato
la sua città e le sue radici.
Esperto di cachaça è il barman
de La Cocktelliera a Napoli.
Ilaria Bello
Ilaria Bello
Bartender al Talea di Torvaianica,
si è formata in scuola Aibes.
I drink “pop” sono il suo forte.
Ama i classici, Tiki compresi,
che sa rileggere
in chiave moderna e contemporanea.
Lucian Bucur
Lucian Bucur
Nasce a Bucarest nel 1987
ed è laureato in Scienze Politiche.
Professionalmente si è formato
alla Drink Factory.
Attualmente è capo barman del Bob di Milano.
Si definisce “un punkettone”.
Andrea Carlucci e Diego Melorio
Andrea Carlucci
e Diego Melorio
I due brillanti barman si uniscono professionalmente nel 2013
con l’apertura del Quantobasta QB di Lecce.
La loro avventura imprenditoriale
prosegue con l’apertura del Cubi e, a breve,
con un nuovo locale.
Luca Casale
Luca Casale
Dopo aver aperto la prima scuola
di bartending di Salerno (Flair Studio),
nel 2017 ha inaugurato
l’Hardcore Cocktail Club,
un locale dove, tra l’altro,
si insegna ai clienti l’arte
di fare buoni cocktail.
Fabio “Benjamin” Cavagna
Fabio “Benjamin” Cavagna
È il direttore del 1930,
secret bar di Milano.
Bresciano, 28 anni, studi in Filosofia,
ha abbracciato uno stile di miscelazione
che si fonda sul “principio della narrazione
e della sperimentazione”.
Salvatore Longo
Salvatore Longo
“Salvo” lavora da 10 anni nel settore.
Inizia come lavabicchieri
per pagarsi gli studi universitari
e poi scopre che è vero amore per il bartending.
Dalle indubbie doti non solo tecniche,
ma comunicative, guida Bohème,
cocktail bar di Catania.
Luca Manni
Luca Manni
Fiorentino Doc
ha iniziato questo lavoro 14 anni fa.
Segue il progetto
La Ménagère “concept-restaurant”,
dove si occupa dei due bar della struttura,
e la nuova apertura FOOO
(Florence Out of Ordinary).
Lucio D’Orsi
Lucio D’Orsi
Classe 1979,
come barman vanta esperienze
nazionali e internazionali.
Attualmente è il general manager
del Majestic Palace Hotel di Sorrento
e del suo iconico bar
“Dry Martini by Javier de las Muelas”.
Gabriele Tammaro
Gabriele Tammaro
Laureato in Scienze Politiche,
dal 2017 è barman all’Octavius Bar
at The Stage Milano di Piazza Gae Aulenti.
Nel 2018 è stato il finalista italiano
al Mondiale IBA.
Nonostante tutto, mantiene sempre
i piedi ben saldi a terra.
Massimo Stronati
Massimo Stronati
Figlio d’arte, al banco da oltre vent’anni
è curioso, appassionato e, sono parole sue, “probabilmente nerd”. È certamente uno dei più noti barman italiani
e ha fatto esperienze sia in Europa sia in Russia. Ora si trova in California.
È il bar manager di Vina Enoteca a Palo Alto.
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Sono Carola Abrate, Augusto Amaral, Ilaria Bello, Lucian Bucur, Andrea Carlucci e Diego Melorio, Luca Casale, Fabio “Benjamin” Cavagna, Salvatore Longo, Luca Manni, Lucio D’Orsi, Gabriele Tammaro, Massimo Stronati. Dal mese di maggio dovranno interpretare, secondo il loro stile e in assoluta libertà, alcuni dei drink più popolari del momento. In ordine di apparizione: Negroni, Daiquiri, Gin Tonic, Moscow Mule, Spritz, Old Fashioned, Americano, Margarita e The King Dry Martini. E ora scoprite i 12 nuovi super protagonisti nelle nostre schede. S.N.
Da Alma a Colorno, a scuola di mixology e sommellerie
Si chiama Caffè Italia ed è un bar didattico. Merito di Alma, la Scuola Internazionale di Cucina Italiana che ha inaugurato nella sua sede di Colorno questo spazio innovativo, sia in termini di concept che di tecnologie. Dice Matteo Berti, coordinatore didattico di Alma: «È uno spazio concepito per coniugare l’accoglienza verso i visitatori con la dimensione formativa, che va a implementare e completare agli altri ambiti didattici della nostra scuola».Un Caffè, quindi, ma anche un’aula destinata a essere impiegata per i corsi di sala, pasticceria e bar (sommellerie e mixology) che Alma sviluppa in collaborazione con Illy e Campari (date e corsi sono ancora in via di definizione).
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Il concept è stato interamente progettato da Ifi: le linee del banco bar con finitura bianca decapè e cornici modanate sono classiche e rimandano allo stile della facciata esterna della Scuola, ma la tecnologia sposa i più moderni standard di riferimento del settore in termini di funzionalità e razionalità degli spazi. Va in questa direzione il banco di lavoro, che si presenta come un fronte unico di circa 8 metri, costituito da banchi modulari, indipendenti e montati su ruote, per poter essere movimentati durante le sessioni didattiche. La zona mescita è dotata di bancalina in vetro termosaldato trasparente, in un connubio di funzionalità estetica: permette di contenere a vista le stoviglie e contemporaneamente esporre i prodotti a temperatura ambiente. Il banco è attrezzato con due vetrine, una a refrigerazione ventilata (+4°/+8°C) per la conservazione e l’esposizione della pasticceria e snack, e una per il servizio caldo/freddo.
Il gelato completa l’offerta
I piani espositivi, amovibili e posizionabili in tre differenti posizioni, consentono di esporre e conservare adeguatamente i prodotti di altezza diversa, a tutela dell’igiene e della salute del consumatore. Completano il banco la tecnologia Panorama di Ifi per l’offerta di gelato artigianale (1 modulo per un totale di 6 carapine gelato) e la cassa, posizionata in modo da garantire un comodo servizio ai flussi principali del locale. In prossimità di quest’ultima zona, inserita nel fronte del banco ad altezza ergonomica, è presente una mensola per il servizio consumazione che incontra le esigenze di chi è diversamente abile. Insomma, un vero e proprio locale, dove teoria e pratica della professione si incontrano. S.B.
Suggestioni dal futuro al Lambrate District Design
Sotto le sfavillanti luci dei riflettori della Milano Design Week, brillano idee e spunti interessanti anche per il mondo dei locali. Noi di bargiornale abbiamo scelto la zona del Lambrate District Design per portare il nostro contributo. Che non sarà il solo, naturalmente. Appuntamento allora per tutti gli interessati al futuro del fuori casa a Lambrate dal 17 al 22 aprile per raccogliere nuove idee respirando la vibrante atmosfera del fuori salone (facendo anche un po’ festa). Ecco i luoghi e i contenuti che abbiamo selezionato per voi.
Bargiornale alla Design Week racconta il fuori casa
Bargiornale sarà protagonista al Fuorisalone durante la Design Week (Milano, 9 – 14 aprile) con una video installazione al Lambrate Design District dedicata a una selezione di progetti di recupero e/o di valorizzazione di complessi industriali dismessi e infrastrutture di carattere storico-culturale riconvertiti all’attività di pubblico esercizio. “I nuovi luoghi del fuori casa”, questo il titolo dell’iniziativa, presenta 17 modelli virtuosi distribuiti dal Nord al Sud della Penisola dove “il bar” o il “ristorante” si è riappropriato della propria funzione social(e) ed è diventato il tessuto connettivo e di interscambio di interi quartieri. La video installazione si troverà all’interno di The Bar – Il Caffè del Borgo (prototipo di networking intelligente progettato dall’architetto Simone Micheli) in via Conte Rosso al numero 27 nel cuore del Lambrate Design District che quest’anno promuoverà mostre e installazioni dedicate ai temi dell’industria, della creatività e della sostenibilità su oltre 13.000 mq di superficie espositiva.
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Nel scorsa edizione della Design Week, il Lambrate Design District si è riconfermato un luogo cult per gli amanti del design provenienti da tutto il mondo. Distretto ormai affermato all’interno della mappa urbana del Fuorisalone, è nel tempo è diventato una meta imperdibile per tutti gli appassionati e addetti al settore che partecipano all’evento milanese: nel 2018 ha calamitato oltre 85.000 visitatori. C.B.
Il lavoro di squadra, la quintessenza del bar
Cos’hanno in comune un eccellente drink e un ottimo bar team? Quella magia che fa sì che un pugno di elementi (siano essi ingredienti o bartender) mescolati insieme con sapienza creino un risultato indimenticabile, capace di restare impresso nella memoria del cliente.
Per aiutare i bartender a far emergere la quintessenza dell’ospitalità, Planet One ha chiesto ai finalisti della cocktail competition Quinta Essentiae un doppio salto nel vuoto: creare un drink e, soprattutto, un bar team in poche ore.
ACQUA
Champagne Cocktail N°ICE
Di Andrea PomoIngredienti
20 ml Gum Syrup,
25 ml succo di limone,
30 ml London Dry Gin,
4 drops Angostura,
top Champagne.Guarnizione
chunk aromatizzata
al bergamottoPreparazione
Shake & Strain.
Servire in coppa Champagne
TERRA
Earth’s Heart
Di Dario CusanIngredienti
45 ml Mixturae,
25 ml estratto alcolico di erbe
home made,
25 ml sciroppo di passion fruit,
½ passion fruit fresco,
melissa frescaPreparazione
build in julep mug.
Colmare con ghiaccio crushed
ARIA
God Save the Collins
Di Niccolò Giannelli
Ingredienti
50 ml Mixturae,
15 ml sciroppo alla salvia,
20 ml succo di limone,
top Gazzosa CorteseGuarnizione
Crustas di zucchero
e polvere di cavolo rosso,
peel di limone,
palloncino con olio essenziale di salviaPreparazione
build in bicchiere Collins
FUOCO
C’bell cafè
di Natale Palmieri
Ingredienti
45 ml rum abuelo anejo infuse
con arancia candita
caramellata e canella,
30 ml vermouth rosso,
40 ml caffè espresso,
20 ml purea di bananaGuarnizione
banana e ciliegiaPreparazione
shake&strain.
Versare in tumbler basso
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I 16 finalisti, a sorteggio, sono stati divisi in quattro squadre da quattro. E, all’interno di ogni squadra, i bartender dovevano spartirsi i compiti – scegliendo a quale dei quattro elementi base ispirare il proprio drink – e creare un cocktail inediti ispirati ad aria, acqua, terra e fuoco. La squadra di “Quelli funky” ha fatto strike: Andrea Pomo, Natale Palmieri, Dario Cusan e Niccolò Giannelli hanno vinto ognuno nella propria categoria. La vittoria come squadra è stata un’ovvia conseguenza. I motivi? Hanno interpretato, meglio di altri, quella che secondo Marco Ranocchia, fondatore di Planet One, deve essere l’attitudine di chi lavora dietro al bancone: «Lavorare seriamente, ma senza prendersi troppo sul serio». Scoprendo tutti, ognuno a suo modo, quanto lo scambio di informazioni, pareri e idee sia funzionale alla buona riuscita di un cocktail, ma anche del lavoro dietro al banco (dove per funzionale si intende la capacità di far star bene il cliente).
I quattro cocktail
Il cocktail come chiave magica che aiuta a staccare la spina, a prendersi una pausa: questa l’idea di partenza attorno a cui Quelli Funky hanno sviluppato i propri drink. Scegliendo di servirli in un ordine che favorisse la degustazione al meglio di ogni singolo cocktail da parte della giuria e andando personalmente a servirli e a raccontarli. Mosse molto azzeccate.
Le masterclass sull’utilizzo di erbe e spezie in miscelazione, che saranno il cuore di Antichi Orti di Assisi, il locale-centro di formazione-buen ritiro-ristorante-centro studi creato da Planet One prendendo come fulcro lo studio delle erbe officinali, hanno germogliato.
Così nel drink di Andrea Pomo, Champagne Cocktail N°Ice, dedicato all’acqua, l’elemento simbolo è diventato un chunk di ghiaccio al berbamotto. Niccolò Giannelli ha rappresentato l’aria facendo scoppiare prima della degustazione un palloncino che racchiudeva olio essenziale di salvia nel suo twist sul Collins ironicamente chiamato God sage the Collins (sage, in inglese, vuol dire salvia). La terra di Earth’s heart di Dario Cusan è stata rappresentata dall’amaro home made fatto con le erbe raccolte in loco: camomilla, genziana, rabarbaro e verbena. Il fuoco del C’bell cafè di Natale Palmieri è stato richiamando accostando al caffè tostato gli ingredienti di una terra infuocata come il Sud America.
Gli insegnamenti
«Il piacere di aiutarsi l’un l’altro» Dario Cusan
«Sentire il supporto degli altri membri del team durante il lavoro» Niccolò Giannelli
«Il confronto che ci ha portato a migliorare ogni singola ricetta» Natale Palmieri
«Imparare tutto da tutti. E riscoprire il lato divertente del lavoro» Andrea Pomo
Order of Merit, insigniti i nuovi “cavalieri dell’ospitalità”
Nella sontuosa cornice dell’Officina Profumo Farmaceutica di Santa Maria Novella a Firenze, antica farmacia dei frati domenicani del XVI secolo e oggi negozio-museo dove trovare esclusivi profumi, saponi, cere profumate, prodotti di erboristeria ecc., si è svolta la cerimonia di premiazioni dei nuovi Order of Merit 2019, onorificenza creata da Danilo Bellucci, comunicatore e inventore di cocktail competition storiche, per rendere omaggio ai barman che si sono distinti in Italia e all’estero per professionalità, eleganza, classe e stile.
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Un’iniziativa collegata a un altro progetto firmato sempre da Bellucci e cioè 110&Lode, cocktail competition riservata ai barman d’albergo di strutture luxury che proprio quattro anni fa faceva il proprio debutto negli ambienti dell’antica officina fiorentina. Tredici, quest’anno, gli Order of Merit con diversi nomi di spicco che hanno fatto (e stanno facendo) la storia del fuori casa tricolore (nella gallery le immagini di tutti i premiati). Ad esempio, Vincenzo Zagaria, colonna de Il Baretto, meeting point della “Milano bene” all’interno del Carlton Hotel Baglioni (le sue origini risalgono però al 1962 come american bar indipendente in via Sant’Andrea), che nel 2015 è diventato “Bottega Storica”, meritando anche il riconoscimento di benemerenza civica “Ambrogino d’Oro”. O Mario Da Como, barman fuoriclasse che nella sua lunghissima carriera ha calcato i bar degli alberghi più famosi al mondo: dall’Adlon di Berlino al Palace di St. Moritz.
Bar e locali icone dell’alta ospitalità
A proposito di barman di alberghi o di locali icona dell’ospitalità italiana, non si possono non citare, tra i premiati, anche Walter Bolzonella, da oltre 20 anni bar manager del Belmond Hotel Cipriani di Venezia (in uscita un suo libro con una prefazione firmata da George Clooney), Luca Di Francia, head barman di Orum, bar del Westin Excelsior di Roma, Giorgio Fadda, ex capo barman storico dell’Europa e Regina di Venezia (e oggi vice presidente mondiale di IBA), Luca Picchi, capo barman di Caffè Gilli di Firenze. Tra gli Order of Merit non potevano mancare anche i nomi di professionisti che stanno facendo bene all’estero, mantenendo fede a una tradizione di stile ed eleganza tutta italiana. Come Michele Venturini, bar manager del Cahoots a Londra, Leonardo Zanini, bar manager di Le Bar Vendome del Ritz di Parigi e Carmine Ferraro del The George Hotel di Amburgo. Tra i top 13 anche Alan Arrigo, barman di lungo corso e autore del fortunato libro Professione Barman, Carlo Carlino, direttore reparto F&B del Belmond Villa San Michele di Firenze e Carlo Julian Pascu, professionista spagnolo con diverse esperienze alle spalle e, oggi, brand developing executive di Global Brand Limited UK.
Via all’edizione 2020
Infine, una citazione ad hoc per l’unica donna “cavaliere” di questa edizione, Giorgia Crea. Già protagonista in locali top della Capitale, dallo Stravinsky Bar del De Russie al Co.So. (con esperienze anche a Londra al Bassoon Bar), è oggi global ambassador per Bonollo. «L’Order of Merit – ha dichiarato Bellucci – è un’iniziativa che è nata in sordina, ma che in breve tempo ha acquisito prestigio e riconoscimenti, grazie anche al contributo delle aziende partner che fanno parte del comitato d’onore del premio. Per l’anno prossimo, abbiamo già un numero cospicuo di candidature a testimonianza del grande interesse che c’è tra gli addetti ai lavori intorno a un’iniziativa che vuole valorizzare il lavoro di professionisti che troppo spesso vengono dimenticati o trascurati dai media ufficiali». C.B.
Boul & co, la risposta italiana al poke
Guardare a Oriente, ma sposare i gusti nostrani. È il quid che caratterizza Boul & co (volutamente scritto all’italiana), nuovo locale milanese aperto dalla mattina alle 9 alla sera alle 22, a due passi da piazza Gae Aulenti. Boul nasce per iniziativa di cinque soci (tutti under 40), che si sono incontrati per la prima volta a Hong Kong, durante un Master in Business Administration. Ognuno di loro ha intrapreso una differente carriera, ma poi insieme decidono di essere imprenditori di sé stessi attraverso l’ideazione di un format gastronomico che celebri l’italianità, ma con uno sguardo verso Oriente.
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«Boul riprende il concetto del poke asiatico, ma con grande uso di ingredienti italiani – dice Alan Sartori, uno dei soci -. È la tipica ciotola che noi abbiamo fatto realizzare in esemplari unici da Este Ceramiche Porcellane, ciascuna delle quali riporta sul fondo una “frase della fortuna”. Le nostre boul sono a base di riso, pesce (per lo più al vapore, crudo, marinato o cotto a bassa temperatura) e verdure, che vengono assemblati al momento, per garantire il massimo della freschezza».
Bao, zuppe e centrifughe
Una ventina i coperti, suddivisi fra tavolini in stile bistrot, tavolo social e con la bella stagione anche una quindicina di sedute nel dehors. Il menu si articola in quattro sezioni: Boul (11 varianti), Soup (tre zuppe, di cui una vegetariana), Fish Salad e Veggie Salad. Qualche esempio? C’è la Uai Not, composta da astice al vapore, insalata russa, rucola, pomodorini gialli, scaglie di mandorle, peperoncino fresco e zeste di limone candito (a 16,50 euro) oppure la Let’s Amalfi (tartare di salmone, rucola, uova di quaglia marinate, briciole di pomodori secchi, olive taggiasche, zeste di limone candito di Amalfi e panna acida (a 11,50 euro). Non manca una lista di Sweet Boul & Dessert, per colazione o per chiudere un pasto: ad esempio Mango lo vedo (yogurt magro, mango, miele di acacia, nocciole intere del Piemonte) o Vanilla sky (panna cotta alla vaniglia, yuzu, scaglie di mandorle (a 4,50 euro). Per la pausa veloce, inoltre, il menu offre tre appetitosi Bao, tipici panini cinesi cotti al vapore, i soli a non essere serviti in “boul”, con ripieno di pesce o in versione vegetariana.
Ad accompagnare le boul, una selezione di centrifughe homemade e tè e bevande ready to drink. Il cliente può scegliere tra un ventaglio di soft drink, birre artigianali del Birrificio Milano o una selezione di vini in formato mezza bottiglia. Quanto al caffè, qui viene proposto il “drip coffee”, il caffè lungo, realizzato con caffè monorigine da Etiopia o Brasile. I progetti dei cinque soci sono ambiziosi. «Partiamo da qui – dice Sartori – ma abbiamo in programma altre due a aperture, sempre a Milano, entro il 2019». M.B.
Un bàcaro veneziano in pieno centro a Milano
Per bere un’ombra de vin e gustare qualche cicchetto, i milanesi non devono più andare a Venezia. Basta arrivare a Porta Venezia, il quartiere dei ristoranti multietnici del capoluogo lombardo che negli ultimi mesi assiste a un fiorire di nuovi locali. Tra questi, dallo scorso febbraio, c’è Tàscaro, ideato da Sandra Tasca, veneta doc, che qui ha voluto proporre l’offerta tipica dei bàcari veneziani in chiave contemporanea. Il punto di partenza sono le ricette della nonna veneziana, come quelle a base di fegato e baccalà, rivisitate dallo chef Teseo Fenini nella cucina a vista.
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Molti piatti sono disponibili sia in piccole porzioni (cichéti) che per l’asporto. In menu ci sono anche i tàscari, presentati come una evoluzione del panciuto tramezzino veneziano: invece del classico pane a cassetta, qui il contenitore sono i panini prodotti per Tàscaro con farine vicentine bio dalla veneta Aurora Zancanaro del micro panificio milanese LePolveri. Tagliati a metà, i panini formano “tasche” a mezza luna che vengono poi farcite in maniera generosa con sughi e ricette del territorio veneto come moscardini in umido, fagioli in salsa alla veneta o baccalà alla vicentina. Lato beverage, al banco bar si possono ordinare Spritz in diverse varianti, compresa quella con il Select, tutti serviti con l’oliva (4.50 euro). Altro aperitivo della casa è il Leone, pre dinner tipico di Bassano del Grappa a base di distillato di ginepro, vino aromatizzato, aromi naturali, erbe aromatiche e zucchero.
C’è anche il vino sfuso
Come in un qualsiasi bàcaro, non manca il vino sfuso, mentre la bottigliera propone una selezione di etichette rigorosamente venete. Il tutto in un ambiente dal design contemporaneo, semplice ma curato nei minimi particolari, ricco di dettagli che richiamano in modo sottile la città lagunare, come le sculture di quattro cavalli che citano quelli di San Marco o le foto d’autore. Il locale è aperto per il pranzo e poi di nuovo dal tardo pomeriggio per l’aperitivo e la cena. F.F.
Exotica e cocktail tropical sul lungomare di Napoli
Come natura insegna, ogni ambiente si rigenera, dando vita a nuove forme e strutture. Di tanto in tanto, accade anche nel mondo dei bar. È il caso di SoBar, una vita passata tra le scalinate della Pozzuoli (Na) zona porto, che oggi si presenta in una veste rinnovata grazie all’iniziativa dei suoi nuovi inquilini: Maurizio La Spina (ex finalista internazionale Bacardi Legacy 2017), Fabrizio Tassia (già all’Happening), Michele Franciosi, Mario Orfeo e Gioele D’Angelo. Un cambiamento nel segno di un tema caro a La Spina: l’esotico e il tropicale.
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Ispirato dalle avventure e dall’immaginario tiki di Don The Beachcomber e Trader Vic, e da mille studi ed approfondimenti, il nuovo So Bar stuzzica l’immaginazione e la fantasia, declinando il tema in tre aree, tutte differenti tra loro. Per prima, troviamo la flora della Coconut Room, nelle sue tonalità verdi e vegetali, è la zona del locale adatta a incontri privati e riservati. Una sorta di giungla da salotto, interpretata con poltroncine raccolte e tavolini color bambù in un ambiente ovattato. In fondo, scopriamo la Parrot Room, caratterizzata da forti tinte rosso-porpora. Ricca di dettagli, si presenta addobbata di palloncini a forma di fenicottero. Ispirato al mondo animale, è il luogo della festa e dei dj set, che susseguiranno dall’imminente primavera, proseguendo per tutta l’estate. Per l’occasione, sarà aggiunta una sfera specchiata da discoteca in stile anni Settanta. A separarle, quasi a fare da compromesso tra le diverse aree, troviamo i due banconi che formano il Jungle Bar. La struttura generale è quella della vecchia gestione, rinnovata con inserti in tema tiki. Dalle immancabili abat-jour ai vecchi ricettari incorniciati di Donn Beach. Oggetti appartenenti alla collezione privata di La Spina, che campeggiano assieme ai libri antichi, alle tante tiki mug, alcune rarissime.
Due banconi in campo
Curiosa è la coesistenza di due banconi: uno fronte bottigliere, l’altro alle spalle. Una configurazione singolare, molto poco consueta nei cocktail bar europei, molto più familiare Oltreoceano. Una soluzione che si dimostra adeguata al fine di accogliere in casa la numerosa clientela americana della zona, di stanza nella vicina base Nato. Una filosofia volta alla funzionalità, applicata anche ai lavori di rinnovo: gran parte dei suppellettili, del materiale di scarto è stato ripensato ed adattato a una nuova funzione: dal vetro del vecchio bancone, diventato base per i tavolini della Coconut Room, alle tavolette, riutilizzate per realizzare i menu. L’offerta beverage di SoBar declina il tema tropical e tiki in tutte le sue sfumature ed espressioni, dal più classico dei Daiquiri al Mai Tai, fino al gusto secco e dolce di un El Presidente, non tralasciando must del genere come Zombie e Suffering Bastard. Il tutto in un range di prezzo compreso tra i 7 e i 15 euro. Grazie a un’offerta ricca di tante referenze di rum e mezcal, in gran parte rare e inconsuete, SoBar arricchisce la sua carta anche di tanti coladas, proposti spesso come aperitivo di benvenuto: un altro tema di genere declinato nel servizio. La proposta food, di stampo statunitense e dall’anima urban, punta sull’essenzialità: sandwich e cheesecake. G.C.
Da Miscellaneous la Sardegna si racconta miscelata
Sardegna, terra di mare e di monti, terra di grande storia: un mix agrodolce di culture antichissime e tradizioni mischiate a quelle dei tanti popoli che nei millenni l’hanno dominata e ne sono rimasti conquistati. Questo l’intento dietro a Miscellaneous, locale di 130 mq che a settembre ha aperto le sue porte a Iglesias con una drink list che racconta il territorio e l’idea di miscelazione di Simone Ena, titolare e bar manager del locale. Una mixability semplice, fatta di cocktail senza fronzoli per lasciare spazio all’esaltazione degli ingredienti stagionali e del territorio.
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Miscellaneous è aperto tutti i giorni dalle 19 alle 2, orario prolungato fino alle 3 il venerdì e il sabato, offrendo un servizio completo sia per l’aperitivo (fino alle 22), sia per l’after dinner. «L‘aperitivo – racconta Simone Ena- viene sempre accompagnato, in accordo con la filosofia del locale, con un piccolo tagliere di prodotti stagionali e del territorio dai salumi ai formaggi fino alle nostre olive sarde».La carta dei cocktail prevede più di 50 referenze tra signature, cocktail classici e drink stagionali che cambiano periodicamente e prezzi che oscillano tra i 6 e gli 8 euro. «Sappiamo di avere una cocktail list molto ampia, forse troppo – dice sempre Ena – ma essendo in una piccola realtà e non in una grande città, la cultura del bere miscelato non è ancora così diffusa e ci piace pensare che il nostro cliente possa così trovare in carta senz’altro qualcosa di suo gradimento, nonostante ciò, noi siamo sempre pronti dietro al bancone per spiegare e aiutare nella scelta».
Tutto parla di Sardegna
Come già detto, tutto nel locale parla di Sardegna tra innovazione e tradizione; ad esempio il Sardinian Martini, twist del famosissimo Breakfast Martini di Salvatore Calabrese, reinterpretato al Miscellaneous con brandy, mirto, succo di limone e marmellata di fichi neri di Sardegna, o ancora l’Hotel Supramonte, dedicato a Fabrizio De Andrè, che seppur non nativo dell’isola l’amò moltissimo e ci visse a lungo: cocktail con blended scotch whisky, Porto, sciroppo di zucchero, aria di gin e marmellata di castagne (tipiche delle zone montuose sarde). In ultimo molto interessante nell’evidenziare una ricerca dietro ad ogni singolo cocktail, il Madeleine, che porta con sè, come il famoso pasticcino proustiano, i ricordi di una Sardegna rurale «ho voluto realizzare un cocktail che richiamasse i miei ricordi d’infanzia e le colazioni a casa di mia nonna con il tè e il pane spalmato di marmellata -racconta Ena- così è nato questo drink dal nome letterario con Rum scuro, Peachtree infuso al tè nero, succo di limone e marmellata di pesche di Sardegna». M.M.
Cuochi, social media manager ed esperti di marketing cercasi
Non c’è crisi che tenga, il mercato del lavoro per le professioni dell’ospitalità e del turismo continua a “tirare”. Tanto che entro il 2023 gli imprenditori del settore avranno bisogno di assumere circa 250 mila nuovi addetti. E non solo camerieri, addetti alle pulizie e cuochi, ma anche esperti di marketing e social media manager. È quanto emerge da una indagine condotta dal Centro Studi Turistici di Firenze per EBNTUR, l’ente bilaterale del turismo fondato da Assocamping, Assohotel, Assoviaggi, Fiba, Fiepet insieme a Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl, Uiltucs-Uil.
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Attualmente il turismo dà lavoro, direttamente e indirettamente, al 14,7% della forza lavoro italiano, ma l’incidenza salirà al 16,5% già nel 2028: un dato superiore a quello di Slovenia, Francia e Spagna, ma inferiore all’apporto occupazionale fornito dal turismo in Grecia – dove vale il 24,8% dell’occupazione – in Croazia (23,5%) e in Portogallo (20,4%). A prevedere di assumere sono soprattutto gli stabilimenti balneari, tra cui il 38,9% segnala la volontà di prendere uno o più nuovi dipendenti. Un dato su cui influisce la normalizzazione del settore in seguito all’intervento sulla Bolkestein. Al secondo posto gli alberghi (30,3%), seguiti dalle altre strutture ricettive (28,6%) e dalla ristorazione (28,4%). Il reclutamento avviene soprattutto attraverso contatti diretti e/o il passaparola: canale battuto nel 51% dei casi. Al secondo posto – anche se a grande distanza – gli annunci di lavoro su quotidiani, periodici e riviste di settore (9%) e, al terzo, i Centri per l’Impiego (8,7%), tallonati dai canali social (8,4%).
Il “collo di bottiglia” della mancanza di formazione
Ad essere ricercato è soprattutto personale con esperienza specifica per la mansione proposta, richiesta dal 37% delle imprese che assumono. Segue, nelle preferenze delle aziende, il personale con esperienza generica nel settore (segnalata dal 32%), ma c’è anche un 28% che è disponibile ad assumere persone senza esperienze lavorative pregresse, da formare sul posto di lavoro. Una disponibilità che nasce dalle difficoltà a trovare e ad assumere personale preparato: il 26,2% nelle imprese lamenta infatti l’inadeguata qualificazione delle risorse umane. Un “collo di bottiglia”, spiegano i ricercatori del Centro Studi Turistici, che rende difficile il reperimento di diverse figure professionali chiave per il settore, tra cui cuochi, addetti di sala, camerieri, addetti ai piani, account executive e specializzati in marketing. C.B.
Un vermouth mediterraneo con il mirto protagonista
Macchia è un vermouth fortemente ispirato alla Sardegna, alla sua natura e ai profumi della macchia mediterranea. Ideato da Emilio Rocchino, bartender di lungo corso di origine salernitana ma sardo d’adozione, non si tratta dell’ennesimo vermouth che sfrutta l’onda lunga del rinascimento della categoria. È, davvero, qualcosa di originale. Prodotto dalle Distillerie Quaglia e distribuito da OnestiGroup, nasce, come spiega lo stesso Rocchino, dall’unione di tre fattori: la tradizione, rappresentata dalle origini piemontesi del vino aromatizzato, l’evoluzione, con l’introduzione della variante del mirto, tipico arbusto della Sardegna anticamente impiegato proprio per dolcificare i vini e, infine, la storicità che per oltre un secolo ha legato il Regno di Sardegna al Piemonte.
La gradazione alcolica del Vermouth Rosso al Mirto e del Maestrale
La gradazione alcolica del Vermouth Dry Marino
Anno di nascita del vermouth di Torino
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Tre le specialità della linea di vermouth Macchia: rosso, bianco e dry. Il Vermouth Rosso al Mirto nasce dall’unione tra selezionati vini bianchi aromatici, erbe fragranti, foglie e bacche di mirto e zucchero cristallino. I vini utilizzati sono il Moscato di Sardegna e vini aromatici piemontesi e le botaniche presenti sono: assenzio, mirto, genziana, rabarbaro, china, menta, vaniglia, macis, cardamomo, scorze di limone e arancio amaro. Il Vermouth Bianco Maestrale è, invece, frutto di un sapiente mix tra vini bianchi italiani, vini sardi, erbe, spezie ed agrumi isolani. Al palato risulta molto fresco e rifinito dalla persistenza spiccatamente agrumata della pompía, un agrume autoctono. I vini utilizzati sono il Vermentino di Gallura e vini bianchi aromatici piemontesi. Completa la linea il Vermuth Dry Marino che s’ispira allo stile dei vermouth francesi e utilizza un vino nobile molto antico: il Vernaccia di Oristano “flor”. Le botaniche utilizzate per il dry sono: assenzio, foglie di mirto, elicriso, liquirizia, limone, pompìa, camomilla e fiori di sambuco. Sempre sotto il brand Macchia ricadono altre due referenze che posso essere il complemento ideale ai vermouth mediterranei: il Bitter Rosso Tradizionale, anch’esso a base di erbe, spezie e radici del territorio sardo, e il Gin Macchia Selvaggio che nasce dalla distillazione di bacche di ginepro isolano: comune e Coccolone. Per la cronaca, nel portafoglio di OnestiGroup brillano i brand di altri due vermouth “fuori dagli schemi”: i Vermouth di Tomaso Agnini e i Vermouth del Professore. C.B.