La galassia Perbellini riparte anche con un temporary

In tempi difficili bisogna imparare a reagire con prontezza mettendo in campo nuove strategie. E uno chef stellato come Giancarlo Perbellini, vero modello di imprenditore della ristorazione, non ha esitato a cambiare i programmi per la sua nuova trattoria contemporanea Venti&Trenta, che avrebbe dovuto inaugurare a Verona ai primi di marzo. «A Casa Perbellini con le disposizioni odierne possiamo disporre solo di una decina di coperti – dice Giancarlo – quindi il fine dining in questo momento è economicamente insostenibile, anche perché non sappiamo come funzionerà l’economia praticamente senza turisti e senza il solito “giro” di clienti indotto dagli eventi cittadini. Dunque, fino a settembre resteremo chiusi. La nuova trattoria era pronta per essere inaugurata, così abbiamo deciso di trasferirci lì trasformandola in un temporary, che prende il via da fine maggio e a fine agosto termina, per tornare ad essere il locale che avevamo progettato all’inizio, una trattoria con una proposta imperniata sulle ricette tradizionali italiane».

  • “Altro…”

    Così il 30 maggio ha aperto i battenti il Giancarlo Perbellini Pop Up, 28 coperti tra interno ed esterno, 5 persone al lavoro oltre allo chef, che sarà sempre presente, a cucinare piatti unici, ogni giorno diversi e che non verranno replicati. Il locale, aperto a pranzo e cena dal lunedì al sabato, proporrà una linea di drink realizzati con le migliori materie prime e tecniche, grazie alla partnership con Spaccio Spiriti Alimenti & Diversi-American Bar di Senigallia. A ciò si aggiunge anche una collaborazione con la maison de Champagne Ruinart. Aperto a pranzo e cena, Giancarlo Perbellini Pop Up propone tre menu: small (3 portate, 65 euro), medium (4 portate, 80 euro) e large (sei portate, 95 euro). Fra i vari piatti qui sarà possibile assaggiare la Milanese cotta e cruda, piatto brevettato dallo chef lo scorso gennaio e che doveva entrare nei suoi bistrot nel mese di aprile. «Le tre proposte si chiamano “Oggi”, perché cambiano giornalmente – dice Perbellini. Tutto quello che faremo inizierà e terminerà esattamente nei mesi di apertura di pop up: un’esclusiva senza repliche».

    Aperitivi e finger food d’autore

    Si parte alle 18 con l’aperitivo, poi chi vuole può prolungare la serata con la cena. A occuparsi della parte beverage c’è Barbara Manoni, maître di sala ora in veste di bartender: accanto alle rivisitazioni dei Martini Cocktail, Bloody Mary, Manhattan, Moscow Mule, per citarne solo alcuni, c’è l’opportunità di gustare 3 special snack in abbinamento al drink. Il Giancarlo Perbellini Pop Up è una novità che attira. Conclusione: le telefonate di prenotazione hanno cominciato ad arrivare appena si è sparsa la notizia. «Anche se la prenotazione non è obbligatoria – sottolinea lo chef – i posti non sono molti, ci auguriamo che la clientela si abitui a riservare il tavolo».

    Prossima l’apertura in Sicilia, a a Bovo Marina

    Anche altri locali targati Perbellini hanno ripreso l’attività o stanno per farlo: «A fine maggio praticamente abbiamo riaperto un locale al giorno, dal Capitan de la Cittadella alla Locanda 4 cuochi al Tapasotto, alla Locanda Perbellini Bistrot di Milano, dove possibile recuperando posti nel plateatico. Non solo. Da metà giugno dovrebbe anche aprire il nuovissimo ristorante di Perbellini a Bovo Marina (Ag), una struttura acquisita lo scorso anno e completamente ristrutturata. «Stiamo ultimando i lavori e montando la cucina – dice lo chef – avremo il ristorante direttamente sulla spiaggia e 12 di camere, con una bellissima pineta intorno». La “galassia” Xbe continua a crescere. M.B.

Flavio Angiolillo racconta la corsa a ostacoli dei piccoli bar

In Ripa di Porta Ticinese, a Milano, Flavio Angiolillo e Marco Russo hanno aperto il Backdoor 43 un cocktail take away & whisky bar in appena 4 metri quadrati. Un’idea semplicemente rivoluzionaria. Sono passati cinque anni da quel giorno e così tante cose sono cambiate per il bar più piccolo del mondo. A cominciare dallo scorso aprile quando, terminato il lockdown, è arrivato il momento di ripartire con i cocktail d’asporto. Stava filando tutto liscio quando…

  • “Altro…”

    A fine maggio è stato introdotto il divieto per bar e negozietti di prossimità di vendere bevande alcoliche e superalcoliche dopo le 19. E questa è solo una delle tante storie strane di un periodo strano. In questa video-intervista Flavio Angiolillo ci racconta dei suoi Mag Café, 1930 e Backdoor 43, locali diversi, ma tutti caratterizzati dalle piccole metrature come la maggior parte dei locali italiani. Locali bomboniera, di solito affollati da sciami di clienti, oggi trasformati in qualcos’altro. Il tutto in attesa, o meglio nella speranza, che arrivino tempi migliori. Flavio ci racconta com’è cambiato il suo lavoro, gli ostacoli da affrontare, le giornate sempre più lunghe, il nuovo rapporto con i clienti, la difficoltà di gestire situazioni totalmente inusuali, la speranza di un confronto costruttivo tra operatori del settore e istituzioni. Angiolillo è una voce di quella nightlife che sta imparando sulla propria pelle, giorno dopo giorno, a gestire questa nuova normalità. Una sfida ad ostacoli, comprensiva di caccia alle streghe, per tutti quei pubblici esercizi che non hanno rinunciato a tenere alta la barra. Un’ultima curiosità. Dopo decine di interviste “domestiche” nel periodo del lockdown, questa è la prima video-intervista che realizziamo all’interno di un locale. Anche se realizzato a distanza è sempre un’emozione sentire i suoni, o meglio la musica, che produce un locale in attività. S.N.

Croissant salati in co-branding, la ricetta anticrisi di Casa Manfredi

Giorgia Proia, pasticcera di Casa Manfredi, è insieme a Daniele Antonelli, l’artefice del progetto dei cornetti salati in co-branding

La ricetta per sopravvivere in tempi di crisi? Per Daniele Antonelli è investire su marketing e comunicazione. Ed ecco che il patron di Casa Manfredi, salotto di viale Aventino a Roma che spazia dalla pasticceria ai gelati, dalla caffetteria agli aperitivi, sta oggi convogliando i suoi sforzi sul branding, partendo innanzittutto dal co-branding.

Croissant by Anthony Genovese

Croissant
al petto d’anatra,
papaya,
cipolla rossa
e cetrioli

Croissant by Sarah Cicolini

Croissant
alle uova strapazzate
e agretti

  • “Altro…”

    Va in questa direzione il progetto della brunch box a base di croissant salati, caratterizzata da un elegante e immacolato packaging. Un’idea nata chiacchierando fra amici in tempo di lockdown: perché non fare una cosa insieme? Ed ecco che la prima box è stata concepita insieme a Sarah Cicolini di Santo Palato, trattoria pop in zona San Giovanni. «Ci siamo dati come limite 30 box ogni sabato, che contengono 4 croissant e 4 mignon e che hanno un prezzo fisso di 30 euro indipendentemente da chi sia il partner e dalle farciture che decide di proporre. Appena siamo usciti sui social con le box di Sarah, le abbiamo vendute tutte in meno di 24 ore». Ed è vicina al quorum anche la seconda edizione, in cui il bistellato Anthony Genovese propone in versione croissant la nuova linea di delivery pop ispirata alla cucina orientale che si chiama Turnè (anticipazione dell’omonimo locale che lo chef ha in programma di aprire). «L’organizzazione pratica dipende dalla disponibilità del partner. Nel caso di Sarah Cicolini è venuta lei in laboratorio, Anthony invece ci ha chiesto di portare i croissant la mattina da lui. Poi con i partner c’è la divisione equa delle consegne». Il progetto è condiviso e portato avanti, oltre che da Daniele Antonelli, da Giorgia Proia, pasticcera con formazione da architetto, che si occupa di concretizzare le idee dei partner e di creare gli squisiti e soffici cornetti salati dei box. Anticipazione della puntata successiva: Jacopo Mercuro, pizzaiolo di 180g a Centocelle, famoso per aver rivalutato la pizza bassa romana, che ha accettato la sfida di riproporre i suoi cavalli di battaglia in versione croissant. Si sa già che nel box Mercuro non potrà mancare il croissant alla pizza Margherita. A. T.

A Udine una piazza storica a misura di bar

Per andare incontro alla richiesta di spazi esterni dei pubblici esercizi, a Udine l’associazione commercianti cittadina, in collaborazione con lo Studio Dair, ha messo a punto due speciali progetti di rivisitazione della centrale piazza San Giacomo, armonizzando le strutture da installare. In tutta Italia le associazioni dei pubblici esercizi che fanno capo a Confcommercio (Fipe) e a Confesercenti, ma anche associazioni spontanee o comitati di gestori, stanno concordando e definendo con i relativi Comuni una serie di proposte volte a utilizzare spazi pubblici (con plateatico a canone zero) per ampliare la possibilità dei locali di ospitare dehors, tavolini, ombrelloni per aumentare la capacità di ospitare clienti seduti.

  • “Altro…”

    Tra le iniziative in campo, vogliamo segnalare quella della Confcommercio di Udine che, in collaborazione con lo Studio Studio Dair degli architetti Chiara Bettuzzi e Fabio Passon (tra l’altro consigliere Confcommercio Udine), ha proposto gratuitamente al Comune due appositi progetti all’insegna della green city, strutturati sull’utilizzazione di una piazza centralissima della città friulana. Piazza Matteotti, più conosciuta come San Giacomo dal nome della prospicente chiesa del 1378, presenta un lastricato in pietra di ben 2mila mq, contornata da storiche costruzioni con tanto di porticati. Non a caso vi sono ospitati una quindicina di ristoranti, osterie, wine bar e cocktail bar come Versus, Rebarbaro, Da San Giacomo, Grosmi Caffè, Alò Portello, Caffè Bistrot, Elite, Mezza Libbra, Segreto Italiano, Contro, Caffè Hausbrandt. Tra l’altro lo Studio Dair conosce da tempo le esigenze e le dinamiche dei pubblici esercizi, avendo disegnato format di successo come Square – Cosmopolitan Bar, catena di caffetterie moderne in franchising. La presentazione dei progetti è avvenuta a Palazzo D’Aronco (Municipio) alla presenza del presidente mandamentale di Confcommercio Udine, Giuseppe Pavan, degli assessori alle Attività Produttive Maurizio Franz, alla Sicurezza Alessandro Ciani e alla Cultura Fabrizio Cigolot e del responsabile della Polizia Locale Mario Cisilino.

    Le due proposte
    Nella prima soluzione vengono utilizzati grandi vasi bianchi in materiale riciclabile con piante da fiori ed erbe spontanee, con elementi verticali fioriti per suddividere i settori. Un ampio percorso rosso intorno alla cinquecentesca fontana è messo a contrasto con il tappeto verde erboso su cui insistono le varie zone con tavolini e sedie. Nella seconda soluzione lo spazio è invece scomposto i due settori: quello verso la Chiesa di San Giacomo è definito dal tappeto rosso posto sul sottostante lastricato, l’altro a manto erboso accoglie i vari gruppi di tavolini e sedie. In questo modo lo spazio centrale della piazza viene valorizzato come luogo di aggregazione e rappresentazione di eventuali eventi musicali o teatrali, mentre le ali laterali sono al servizio di bar e ristoranti. In attesa del via libera della Sopraintendenza, non sono mancate opinioni diverse di chi ritiene intoccabile l’attuale enorme lastricato (senza più la funzione di sede del mercato trasferito altrove).

    Città che vai ordinanza che trovi
    In molte città italiane il problema più urgente è quello di ricavare spazio in strade e vie strette, specie nei centri storici, riducendo la possibilità di assembramenti (spesso inevitabili) nelle zone di movida. A Napoli, per esempio, l’amministrazione del sindaco Luigi De Magistris ha introdotto nella sua ordinanza due limitazioni ulteriori per l’utilizzo dello spazio pubblico come la capacità operativa del locale (come il numero di bagni a disposizione, 1 per 30 posti, 6 per 150 posti) e la compatibilità con il vicinato, a fronte di una estensione della concessione del permesso gratuito di utilizzo temporaneo emergenza Covid fino al 31 ottobre. L’ordinanza prevede inoltre che tavolini e ombrelloni possono essere installati (come anche a Milano) in aree pedonali o Ztl (Zona Traffico Limitato). In più si potranno utilizzare anche i posti auto su strade dove vige il limite di 30 km/h e, per i locali senza spazi liberi prospicenti, sui marciapiedi opposti o in altra area entro 15 metri dal locale. Complete di planimetria di occupazione e relazione tecnica, le domande possono essere presentate da tutti gli operatori, senza differenza con coloro che siano già titolari di concessioni di suolo pubblico (per ampliamento), con effetto immediato dal 1 giugno.
    Un altro aspetto da chiarire è la responsabilità (oggettiva) che viene imputata al gestore del locale in caso di assembramento (manca ancora una definizione generale) davanti al proprio locale. A Padova per esempio la Polizia Locale ha rifilato una sanzione di 400 euro a cui è seguito un provvedimento di chiusura per 5 giorni (poteva arrivare fino a 30 giorni) al Bar 100% in piazza dei Signori. A Varese un comitato di esercenti del centro storico ha chiesto al Comune di poter organizzare un servizio di sicurezza privata in collegamento diretto con le forze dell’ordine (con elenco di nomi comunicato a Questura e Prefettura) al fine di scoraggiare e segnalare gli assembramenti, senza far ricadere la responsabilità sui singoli gestori. R.G.

Spazio total white per una pizzeria futuristica

La pandemia Covid-19 è (e sarà) causa di profonde trasformazioni nel modo in cui, oggi, il cibo si produce, si distribuisce, si consuma in casa e fuori. Le ricerche degli istituti demoscopici a questo proposito parlano chiaro: gli italiani saranno sempre più sensibili alla proposta di alimenti biologici, vegani, vegetariani e di altri cibi sani, sicuri, genuini e ad alta digeribilità. In tal caso, la Pizzeria 3 dddì di Firenze, inaugurata lo scorso anno, si ripresenta dopo il lockdown alla ribalta della ristorazione fiorentina con una proposta food  in linea con i trend post Covid: dagli ingredienti d’alta qualità per la pizza in pala e per la classica tonda alle pizze fatte lievitare 3 giorni per garantire un alimento leggero e facile da digerire. Altro punto di forza del locale sono gli interni bianco latte, di certo insoliti per un locale pizzeria, creati da Simone Micheli, architetto molto noto dagli addetti ai lavori per essersi specializzato nel settore dell’ospitalità con progetti che spaziano dall’hotellerie alla ristorazione. “Bianco perché principio, nuovo inizio, energia. Bianco perché è composito, ed al suo interno raccoglie tutti i colori dello spettro luminoso. Bianco perché, in un luogo arguto e sagace, il bianco funge da sfondo ed esalta l’intorno”, spiega in un comunicato lo studio di architettura di Simone Micheli. Non solo bianco, ovviamente: delle immagini in bianco e nero di volti riempiono letteralmente le pareti del locale con l’intento di esaltare la componente sociale dell’essere umano, il suo desiderio di condivisione ed empatia.

  • “Altro…”

    Gioco di luci e superfici specchiate per espandere lo spazio

    In particolare, le fotografie dei volti, scattate da Daniele Fattorini sono racchiuse all’interno di candide e morbide cornici e tutto il locale è caratterizzato da un gioco di rimandi, riflessi e corrispondenze elaborato grazie alle superfici specchiate ed alla luce che penetra sapientemente, plasmando l’area del locale e creando volute illusioni che ampliano la mente ed allargano lo spazio. La pizzeria, che si estende su una superficie di 60 mq (40 mq la dimensione del laboratorio), è situata nel cuore storico di Firenze (in piazza Lorenzo Ghiberti non lontano dalla Basilica di Santa Croce) e si candida come il primo centro nevralgico di un nuovo concept dedicato al “good and healthy food” destinato a prendere forma nelle più importanti città del mondo. La prossima apertura è già prevista in Albania, a Tirana. C.B (foto servizio di Jurgen Eheim)

Carne, il ristorante apre (in anteprima) su Zoom

Era tutto pronto per inizio di marzo, lista di 450 clienti pronti a partecipare alla serata inaugurale inclusa. Ovviamente, il lockdown ha cancellato tutto. Ora è tempo di ripartire. Ma, almeno a Milano, di eventi con tante persone non se ne parla ancora (per un po’…). E così Andrea Pirotti, Denise Di Meola e Domenico Cannillo, i tre soci che hanno creato Carne (diversamente macellai) – questo il nome completo del ristorante, parentesi incluse -, si sono inventati l’inaugurazione virtuale qualche giorno prima dell’apertura reale.

  • “Altro…”

    Appuntamento su Zoom, con 500 clienti. Tanti, per un ristorante milanese da 30 coperti. Raccolti attraverso post sponsorizzati su Facebook e Instagram e iscrizioni sul sito del ristorante (che significa: un data base di partenza niente male). Per una cerimonia con tanto di presentatore (Gibba di Radio 105), di dj set virtuale (con Pietro Civera e Dj Mayo) e di brindisi reale: «Abbiamo fatto recapitare a tutti i partecipanti – racconta Andrea Pirotti, già ideatore del format Bove’s -, nei giorni precedenti all’inaugurazione, una birra creata apposta per l’occasione, “Diversamente Pils”, che ci siamo fatti fare dal birrificio artigianale Canediguerra, da cui poi ci serviremo per il ristorante». Inaugurazione a parte, l’originalità di Carne (diversamente macellai) è quella di essere un “one thing restaurant”, ovvero un ristorante con un menu – si può dire – ridotto all’osso: un unico piatto, pressoché introvabile nei comuni ristoranti.
    Protagonista indiscusso sarà infatti il lombatello, taglio di carne povero ma pregiato, acquistato da fornitori superselezionati (il consorzio piemontese La Granda) e preparato con lavorazioni da alta cucina. Il risultato si chiama “Love loin”, che è il nome del piatto protagonista del menu (sarà affiancato, a rotazione, da due special): ricetta segreta, preparazione dietro le quinte accurata – il lombatello viene marinato utilizzando il fieno dei pascoli di montagna -, finitura e servizio veloci.
    Sostenibilità, alta qualità, prezzi accessibili: che sia la quadratura del cerchio? A.M.

A Milano la pasticceria Gelsomina raddoppia

Ci sono imprenditori che non si lasciano scoraggiare da questo periodo di difficoltà. Anzi investono e si lanciano in nuove attività. Fra questi Ilaria Puddu e Stefano Saturnino, soci che negli ultimi anni hanno lanciato non pochi locali (Pizzium, Marghe, Giolina) tra cui la Pasticceria Gelsomina, inaugurata a fine 2018 e che in breve è diventata una delle pasticcerie più amate, frequentate e instagrammate sui social. La notizia? In giugno Gelsomina raddoppia, con un nuovo punto vendita in piazza Santa Maria del Suffragio, sempre a Milano.

  • “Altro…”

    Spiega Ilaria (nella foto): «Stefano e io abbiamo sempre avuto il pallino della pasticceria, inoltre avevamo a disposizione un grande laboratorio di pasticceria (rilevato a suo tempo per Panini Durini, di cui Saturnino è stato fondatore e titolare, fino alla vendita nel 2018, ndr), dunque abbiamo concretizzato l’idea di creare una pasticceria contemporanea, dove sentirsi come a casa. Tutto è stato curato con grande attenzione e Gelsomina, da subito, ha fatto il boom sui social e il locale è decollato. La nostra produzione dolce è di ispirazione siciliana, come la brioche col tuppo, la granita, il cannolo. Tra le varie proposte abbiamo pensato di inserire anche il maritozzo, che a Milano non faceva nessuno: in brevissimo tempo è diventato il nostro best seller; basti dire che, prima dell’emergenza sanitaria, la vendita si attestava attorno ai 350 pezzi nel weekend».

    Un format collaudato

    Covid o no, i due imprenditori non si fermano e anzi rilanciano: «Mesi fa avevamo già trovato un altro locale adatto per bissare il format di Gelsomina – dice Ilaria Puddu – e avevamo avviato i lavori, interrotti durante il lockdown. Ora però non ci fermiamo, anzi se tutto va come da programma saremo pronti per l’inaugurazione verso la seconda metà di giugno. La nuova Gelsomina (circa 145 mq) riprenderà il format già collaudato: avremo i nostri pavimenti di maiolica, i muri “scrostati” e anche qui salveremo alcuni dettagli del passato, per dare un senso di continuità con ciò che ci ha preceduto. Avremo un laboratorio e una cucina sul posto, anche se parte dalla produzione arriverà dal nostro laboratorio centrale, per essere poi cotta o rifinita nel nuovo pdv. Anche qui saremo aperti dalla mattina alle 7.30 e per certo fino all’ora dell’aperitivo, ma stiamo valutando l’opportunità di restare aperti anche per cena, su prenotazione. Considerando il distanziamento avremo circa 25 coperti a cui si aggiungeranno quelli del dehors. Per noi questa non è solo l’apertura di un nuovo punto vendita, ma anche un modo per lanciare un messaggio positivo a tutto il settore». M.B.

Lavoratori e imprenditori: stati d’animo a confronto

Tutti sulla stessa barca, con stati d’animo diversi da persona e persona ma abbastanza simili tra imprenditori e dipendenti: è la fotografia dei protagonisti del mondo dell’ospitalità che emerge dalla ricerca “La voce dei lavoratori e degli imprenditori ai tempi del coronavirus” realizzata da LavoroTurismo.it, società specializzata nella ricerca e offerta di lavoro nell’horeca, nel periodo del lockdown (dal 20 aprile al 10 maggio), raccogliendo le risposte di circa 1.500 lavoratori e oltre 400 tra imprenditori e manager.

  • “Altro…”

    Simili i timori, diverse le preoccupazioni. Con una metà che ha concentrato i propri timori sulla perdita del lavoro (i dipendenti) o dell’azienda (gli imprenditori) e un 30% circa, simile tra lavoratori e imprenditori, preoccupati soprattutto della malattia (per sé o per i propri familiari/amici). Sul fronte preoccupazioni, decisamente più teso il fronte degli imprenditori, con il 74% di molto preoccupati a fronte di un 50% dei dipendenti, presumibilmente per il diverso peso della posta in gioco e per la maggior indeterminatezza degli aiuti. Molto diffusa anche la preoccupazione per la situazione economica, propria o dell’azienda: qui, a fronte di un 45% di dipendenti che dichiara di poter resistere anche senza entrate, c’è un 40% di imprenditori che senza aiuti rischia di chiudere (e un ulteriore 15% che sta valutando la chiusura o l’ha già decisa).
    «Una situazione molto difficile – afferma Oscar Galeazzi, fondatore di LavoroTurismo.it e promotore della ricerca, cui Bargiornale ha contribuito come partner – aggravata dal fatto che il tessuto imprenditoriale di piccole e medie dimensioni, nei momenti di forte crisi come questa, rivela tutta la sua debolezza». Infatti, continua Galeazzi «le imprese che chiuderanno per gran parte lo faranno per una loro debolezza strutturale, già presente prima della crisi».
    Gli imprenditori sono molto critici verso le azioni intraprese dal governo: «Gli aspetti più critici evidenziati – afferma Galeazzi – sono stati gli aiuti economici non arrivati e comunque considerati ampiamente insoddisfacenti, le proposte di finanziamenti a debito, la mancanza di coordinamento e di indicazioni chiare da parte dei responsabili».

    Formazione e aggiornamento

    Mentre, tra i dipendenti, solo una percentuale minoritaria ha utilizzato il lockdown in modo professionalmente produttivo («Gran parte delle persone hanno reagito con un atteggiamento passivo, rinunciatario e di attesa»), nel complesso la maggioranza degli imprenditori «ha investito parte del proprio tempo dedicandolo alla formazione e all’aggiornamento».
    Numerose – rivela la ricerca – le azioni pratiche di contatto con la clientela e i progetti di ristrutturazione o ripensamento delle proposte di servizi, così come sono stati molti i pensieri riservati ai dipendenti e a come cautelare il loro posto di lavoro.«C’è la sensazione che questa crisi – afferma Galeazzi – abbia costretto gli imprenditori a rivalutare il proprio business, a ripensare alle proprie proposte di servizi e ad agire per cercare di trovare non semplici soluzioni. Si prevede una crescita professionale dell’imprenditore e una maggiore predisposizione a una visione innovativa di medio termine».
    «Il coronavirus – conclude Oscar Galeazzi – ci lascerà in eredità, tra le cose positive, un approccio più tecnologico, un maggior ricorso a modalità di interazione a distanza e una maggiore attenzione alle opportunità che la tecnologia e il web ci mettono a disposizione». A.M.

Muma, primo gin pugliese con acqua di mare purificata

Muma è un gin italiano, più precisamente pugliese, caratterizzato da una piccola quantità di acqua di mare purificata impiegata nella fase di diluizione. Nel bouquet di Muma emerge un mix di profumi che rimandano al Mediterraneo. Camomilla che dona dolcezza; la nota floreale del giaggiolo; il carattere del ginepro italiano; il limone e l’arancia che conferiscono note agrumate. Lo stile è quello classico di un distilled gin. Il tenore alcolico di 41,8% vol. Andiamo a conoscerlo meglio…

0
500
ml

Il Formato

0
6

Le botaniche

0
41.8
°

Il tenore alcolico

  • “Altro…”

    Al naso si distinguono per prime le note note di agrumi, seguite dalle note legnose e balsamiche di cannella e ginepro. Si percepisce una leggera sapidità al naso che smorza la parte balsamica, rendendola meno aggressiva e più profonda. Al palato si percepisce subito la parte agrumata. Poi arriva la parte balsamica del ginepro e infine note mediterranee di fiori. La leggera sapidità del gin allunga ed esalta l’esperienza degustativa. In bocca è morbido con una consistenza avvolgente e delicata.

    Territorio e radici

    I formati sono due: bottiglia da mezzo litro e mignon da 40 ml tagliata su misura per realizzare un Martini Cocktail o un Gin Tonic. L’etichetta di Muma riprende la forma di un ottagono. Un omaggio alla pianta ottagonale del magnifico Castel del Monte di Andria fatto costruire nel Medioevo da Federico II, imperatore del Sacro Romano Impero. Un tributo alle radici di un territorio che è stato fonte di ispirazione per i creatori di Muma Gin. Dietro il nome in etichetta si celano le iniziali di due produttori. La “Mu” sta per Muraglia Antico Frantoio, frantoio di Andria in attività da cinque generazioni e vincitore coi suoi olii extravergine di oliva di numerosi premi. “Ma” indica l’altra gamba del progetto. Parliamo del birrificio artigianale Matà, realtà nata nel 2015 grazie alla passione brassicola di 4 ragazzi pugliesi con background differenti, affascinati dal profumo del luppolo e del lievito delle birre artigianali. Muma Gin si può acquistare direttamente nell’e-shop del produttore.  S.N.

Dal Salento due amari carichi di medaglie

Il mondo degli amari italiani non smette di stupire e di sorprendere anche in questo periodo di apparente fermo. La conferma viene dal triplice premio, vinto all’ultima edizione dei prestigiosi World Liqueur Awards, dell’Amaro Salento. La versione Classico si è aggiudicata il premio di “Miglior Liquore alle Erbe d’Italia” (Best Italian Herbal) e il premio di “Miglior Liquore alle erbe del Mondo” (World’s Best Herbal). La versione Amarissimo è stata, invece, insignita della Medaglia d’Oro (Gold). Ovvia la soddisfazione del creatore di Amaro Salento, Realino Mazzotta che ha dichiarato: «Tre premi così importanti e autorevoli ci riempiono di immensa gioia e soddisfazione non solo perché i prodotti sono realizzati e imbottigliati artigianalmente da noi in Puglia (a Veglie, in provincia di Lecce) ma perché essi stessi sono espressione di tutte le ricchezze del nostro territorio».

0
45

Le botaniche presenti, tra erbe e radici

0
35
°

La gradazione alcolica della versione Classico

0
39
°

La gradazione alcolica della versione Amarissimo

  • “Altro…”

    Entrambi gli amari sono ricavati da 45 vegetali: erbe e radici, fiori, rizomi, semi, cortecce, scorze. Tra i vegetali si contano: china, genziana, arancio amaro e dolce, assenzio nelle varietà romano, pontico e gentile, cicoria selvatica, tarassaco, camomilla, colombo, quassio, aloe vera, calamo, ruta, sambuco, anici, finocchio, angelica, sandalo, fava tonka, cannella, chiodi di garofano, salvia sclarea, noce moscata, origano, timo, basilico, coriandolo, cardamomo e tante altre piante officinali e aromatiche. Per quanto riguarda il loro impiego, l’azienda salentina, che ha il suo quartier generale a Veglie (Le), consiglia di proporre l’Amaro Salento Classico (35° vol.) in purezza e, preferibilmente, freddissimo. Per l’Amaro Salento Amarissimo (39° vol.), invece, il consiglio è quello di offrirlo a temperatura ambiente, in ghiaccio o di utilizzarlo come ingrediente per la miscelazione. Completano la proposta dell’azienda salentina anche il Limoncello, liquore premium ricavato anch’esso da una ricetta locale con macerazione di limoni di prima scelta, e la linea dei gin artigianali Duna Gin (Dry, Premium e Cherry). Si tratta, anche in questo caso, di prodotti territoriali frutto di materie prime autoctone. Pochi, ad esempio, sanno che sulle dune sabbiose del Salento cresce il cosiddetto Ginepro coccolone, una sottospecie del Ginepro rosso (juniperus oxycedrus) che, utilizzato in determinate quantità e unite alle bacche del Ginepro Comune (juniperus communis), caratterizzano con la miscelazione di altre botaniche tipiche dei paesi del bacino del mediterraneo il gin salentino. C.B.

css.php