Va definitivamente in soffitta il decreto Pisanu, che obbligava a registrare tutti i clienti cui si offriva la navigazione web
Per il decreto Pisanu è arrivata la fine definitiva. Il provvedimento, varato nel 2005, che prevedeva una serie di obblighi per offrire il sevizio di connessione nei locali pubblici è uscito definitivamente di scena. D’ora in poi non è più necessaria nessuna autorizzazione da parte della polizia per aprire un Internet point. Per quanto riguarda i bar, è confermata l’abolizione degli obblighi che prevedevano l’identificazione del cliente con la registrazione dei dati. Il decreto era stato introdotto in seguito all’11 settembre per finalità antiterroristiche. L’obiettivo era di identificare qualsiasi persona che si collegasse da qualsiasi luogo pubblico o privato. La norma, unica in tutta Europa, è stata utile in qualche caso legato alla pedofilia, ma molto meno nelle indagini sul terrorismo anche perché basta un minimo di conoscenza tecnica per navigare senza farsi riconoscere.
E l’adozione di pratiche burocratiche stringenti ha contribuito a limitare la diffusione del wi-fi, aumentando il ritardo che l’Italia ha sul fronte Internet rispetto agli altri Paesi europei. L’inutilità della norma era già stata riconosciuta dall’ex ministro dell’Interno, Roberto Maroni, che si era opposto al rinnovo prendendo atto dell’inefficacia ai fini della lotta al terrorismo. Anche il governo Monti si adeguato non prorogando il D.L. 216/2011, “Proroga di termini previsti da disposizioni legislative”.
Un provvedimento quasi obbligato, nel momento in cui l’esecutivo si è impegnato a perseguire gli obiettivi dell’agenda digitale e che trova conforto anche nelle opinioni dei principali operatori wireless che dovrebbero contribuire a coprire le zone dove non esiste la banda larga, grazie alle nuova tecnologia Lte le cui frequenze sono state assegnate di recente in un’asta a cui hanno partecipato tutti i big del settore.