Grazie a un semplice apparecchio oggi i cuochi possono applicare questa tecnica di cottura agli alimenti in modo rapido
Usata da tempo immemorabile, l'affumicatura caratterizza il sapore dei cibi, oltre a prolungarne la conservazione (grazie allo sviluppo di formaldeide e acido acetico). Una tecnica che, a seconda della temperatura del fumo, è “a caldo” o “a freddo”. Nella prima, le temperature oscillano dai 50 ai 90°C, con parziale cottura degli alimenti; in quella a freddo il fumo è fra 20 e 45°C. La differenza è dovuta al fatto che nel primo caso il cibo è posto nella camera di combustione (poco resinoso, eventualmente con aggiunta di erbe provenzali, bucce di agrumi, ginepro ecc). Nell'affumicatura a freddo, invece, il fumo è prodotto in una camera separata e poi convogliato sull'alimento. La differenza non è irrilevante, proprio perché nella affumicatura a caldo il cibo “cuoce” (è la tecnica usata ad esempio per le aringhe o lo stinco di maiale). Quella a freddo, adatta a prodotti delicati come pesci, formaggi o verdure, è il modo migliore per dare una nota fumé ai cibi, lasciandoli crudi - o quasi.
L'attrezzatura giusta
Il bello è che oggi il cuoco, con un semplice attrezzino, può affumicare da sé i cibi, personalizzando l'aroma al variare del tipo di legno o dei tempi di esposizione. A idearlo, Fabio Tacchella, team manager della Nazionale Italiana cuochi, spinto dalle esigenze del suo stesso ristorante (Antica Pesa, Stallavena, Vr). «Un sistema - spiega - che consente infinite variazioni. Basta ad es. affumicare per 15' cozze crude, poi cuocerle in modo tradizionale e il gusto cambia. Bello anche realizzare affumicature istantanee e portare i cibi al tavolo in barattoli ermetici o sotto cloche piene di fumo». L'apparecchietto, battezzato Smoky, è composto da un piccolo bruciatore in cui si mettono legna e aromi che, bruciati, emettono fumo; una pompa lo “cattura” e raffredda, attraverso una serpentina. Il fumo esce da un tubo in plastica, che può essere infilato in una teglia gastronorm, in un barattolino con coperchio, sotto una cloche o nel forno. «Con questo sistema - precisa Tacchella - il cibo non si surriscalda, non perde liquidi e resiste nel barattolo una decina di minuti».