Fiducia e qualità sono le caratteristiche assegnate dalla maggioranza degli italiani ai nostri alimenti, in base a un sondaggio Coldiretti-Swg
Quanto vale il made in Italy per i consumatori del Belpaese? Secondo la ricerca Coldiretti-Swg realizzata questo mese sul contributo dei prodotti nazionali alla ripresa economica, il settore alimentare è quello con i punteggi più elevati in termini di fiducia. Oltre il 90% del campione, infatti, ha dichiarato che acquisterebbe più volentieri alimenti italiani rispetto a quelli confezionati all'estero. Le percentuali sono ottime anche per l'abbigliamento, con il 66% degli intervistati che preferisce il vestiario made in Italy a quello straniero, l'arredamento (55%) e i prodotti di bellezza (49%).
La qualità non è acqua
Quello che colpisce di più, è che quasi un italiano su quattro assegna un valore, inteso come qualità, più che doppio ai prodotti alimentari del nostro Paese in confronto alle confezioni provenienti oltreconfine. Si scopre, così, che per il 65% del campione l'etichetta made in Italy vale almeno il 10% in più di tutti gli altri marchi. Fiducia e qualità, come riferisce una nota di Coldiretti, derivano da vari fattori, in particolare la garanzia di maggiori controlli sulle filiere nazionali (agricoltura e allevamento), bontà e freschezza. «Le produzioni italiane vantano il primato della sanità e della sicurezza alimentare, con un record del 99% di campioni regolari per frutta, verdura, vino e olio, con residui chimici sotto i limiti di legge», spiega Coldiretti. Che aggiunge: «L'agricoltura italiana vanta, inoltre, la leadership negli alimenti tipici con 210 prodotti a denominazione o indicazione di origine protetta, riconosciuti dall'Unione Europea, senza contare le 4.511 specialità tradizionali censite dalle regioni».
Più acquisti dai produttori e bando alle colture transgeniche
Diversi numeri confermano queste tendenze. Nel 2010, per esempio, gli acquisiti diretti dai produttori locali sono cresciuti del 55% rispetto al 2009 tra fattorie, cascine, consorzi agrari e cooperative, mercati dei contadini e altri luoghi, dove si trovano prodotti inesistenti sugli scaffali dei supermercati. Il giro d'affari ha interessato circa 60mila imprese agricole per un valore pari a tre miliardi di euro. Oltre il 70% degli intervistati, inoltre, si dichiara contrario all'impiego di piante geneticamente modificate in agricoltura. «Gli Ogm spingono verso un modello di sviluppo che è il grande alleato dell'omologazione e il grande nemico della tipicità e del made in Italy», afferma Coldiretti nel riassumere la sua indagine. Ricordando, poi, che solo sei Paesi europei ammettono le coltivazioni di piante geneticamente modificate, con una diminuzione di queste semine pari al 12% nel 2009. Secondo la ricerca Coldiretti-Swg, infine, il 32% del campione ha dichiarato di acquistare regolarmente prodotti di origine protetta, mentre il 15% utilizza anche prodotti biologici nella sua cucina.