Dennis Zoppi e Francesco Cione hanno portato in alto la bandiera italiana nelle gare mondiali. In un vivace faccia a faccia ci hanno svelato la loro formula per conquistare giudici e clienti
Come vincere l’ansia da palcoscenico. Quali suggerimenti passare a un giovane che si avvicina ai concorsi. Da dove si prende l’ispirazione per costruire un cocktail da gara. Con quale abito vestire un drink destinato alla passerella. Quanto è importante conoscere i punti deboli dei giudici. E ancora, è meglio ispirarsi a un classico o inventare un drink di sana pianta? Nel corso di un’intervista esclusiva i protagonisti della nostra copertina si sono confrontati su diversi temi caldi delle cocktail competition. Parliamo di due professionisti che si sono distinti in sfide di portata mondiale.
I pesi massimi del nostro ring rispondono al nome di Francesco Cione e Dennis Zoppi. Il primo, food & beverage supervisor del Carlton Hotel Baglioni di Milano, è uno dei personaggi più in vista nei concorsi. Il secondo, Zoppi, è titolare dello Smile Tree, un cocktail bar di Torino che ha avviato da tempo un interessante percorso di ricerca. Francesco Cione è stato eletto, a Berlino, nel luglio scorso, “The Mixing Star” Disaronno. Dennis Zoppi, dopo aver vinto la selezione europea di Londra, è giunto tra i migliori dieci al mondo nella finale del World Class, il concorso di Diageo che incorona il “Bartender of Year”. Uno ha l’aplomb e l’eleganza dei migliori barman Aibes, l’altro si distingue per la lucida follia.
Risuona il gong, parte dal suo angolo Zoppi. «Mi avevano sconsigliato di usare tecniche giapponesi davanti al giudice Hidetsugu Ueno. Dicevano che mi avrebbe penalizzato. Pare che, quando vede un occidentale che scimmiotta i loro metodi, si trasformi in Godzilla. Anche se non ho la residenza a Tokyo, ho scelto di prendere il “tre pezzi” e di eseguire il loro hard shake. Non mi ha mangiato, anzi, e sono ancora qui a parlarne. Per andare dritti verso l’ostacolo è necessaria una buona preparazione. In pochi minuti devi dimostrare ai giudici di saper padroneggiare gli argomenti che tratti. Altrimenti lo scivolone è dietro l’angolo». Se c’è una differenza rispetto a competizioni del passato è che nelle sfide attuali si tende a promuovere, non tanto il cocktail, ma il lavoro del barman nella sua complessità e la sua attitudine a essere un bravo ospite e un affabile intrattenitore.
Com’è cambiato il metro di giudizio
Lo stesso modo di giudicare è cambiato. Le giurie cieche segnano il passo a favore di quelle face-to-face. Attualmente il giudice si siede al banco, come un normale cliente, e giudica il bartender nella sua complessità. Il motivo è evidente. Grazie ai concorsi le aziende tendono a comportarsi come talent scout. Puntano a scoprire barman, anche se acerbi, che in prospettiva saranno validi ambasciatori dei loro brand. La stragrande maggioranza dei concorsi non si limita quindi a premiare il mixologist, ma il partner ideale. Ogni sfida è una storia a sé, ma questo è l’orientamento generale. In questo quadro ogni pennellata deve essere data ad arte. In questo rinnovato contesto anche l’immagine assume un ruolo chiave. In quest’arte Francesco Cione è paragonabile a un sarto haute couture. «Sulla pedana di gara, come sul lavoro, il barman deve saper cucire abiti su misura. Sul banco di ogni giorno ci sono limiti evidenti, ma in una sfida devi sapere dare il massimo. La scelta del bicchiere e la guarnizione sono elementi centrali. Mai esagerare però: le decorazioni tipo festival, pompose e barocche, sono un vizio del passato. Oggi dare il massimo in una guarnizione, significa togliere più che mettere. È un ritorno all’essenzialità e a un’estetica coerente col prodotto. Negli stessi concorsi organizzati dell’Aibes il voto sulla miscela e sulla decorazione sono attribuiti su schede distinte». Una scelta lodevole.
Schemi da rompere
Cogliamo la palla al balzo per chiedere a Francesco Cione come mai negli ultimi anni, a parte rare eccezioni, le più celebri cocktail competition sono state vinte da bartender che non fanno riferimento all’International Bartenders Association. Il modello è forse in crisi? «Stiamo parlando di un sistema fermo al passato. Le esigenze del mercato e dei bartender sono cambiate e le maggiori case liquoristiche hanno spinto in altre direzioni. L’Iba, con la sua antica tradizione e la sua diffusione capillare nel mondo, ha tutte le carte in regole per uscire dal guado. L’importante è che si adegui al passo di un mercato che è mutato radicalmente». Se la vecchia scuola è ferma, il passato torna in pista. Vero è che da tre anni circa sono protagonisti i cocktail fossili, le rivisitazioni dei vintage e certi esotici che avrebbero messo d’accordo Donn Beach e Trader Vic. Un fatto la dice lunga: all’ultima edizione di World Class - 15.000 barman coinvolti in tutto il mondo - si è affermata trasversalmente una tendenza chiamata Rétro Chic. Così - com’è accaduto nella moda, design, arte, musica e show televisivi - anche il cocktail viene calamitato da un certo gusto per l’antico e il glamour. Un altro piatto forte è il food pairing. «In Brasile - sostiene Dennis Zoppi - mi sono confrontato con bartender che provenivano da cinquanta Paesi. Se c’è una tendenza che ha messo d’accordo tutti è l’abbinamento tra cibo e cocktail. La frutta, in particolare, sarà la grande alleata dei cocktail. Non all’interno delle miscele, ma come accompagnamento. I cocktail classici saranno accostati con piatti di frutta che ne sappiano esaltare gli aromi e le caratteristiche. C’è molta ricerca da fare in questo campo. Si tratta di un territorio ancora poco esplorato».
Una nuova stagione d’oro per la frutta
Francesco Cione, The Mixing Star, è di avviso leggermente diverso. «Sull’onda dal fenomeno dei drink leggeri e salutari, legati a temi come il benessere, funzionerà soprattutto il filone dei drink preparati con frutta fresca. Rispetto al passato abbiamo maggiore padronanza della materia prima, grande varietà a disposizione e la possibilità di lavorare ogni giorno con specialità fuori stagione. Io però ho scelto di puntare sulla frutta del momento. Ma vuoi mettere preparare un Bellini con la pesca giusta? Trovo che il modo più corretto di dare valore aggiunto al nostro lavoro sia di crescere il cliente in una cultura del cocktail consapevole. In altre parole bisogna essere in grado di orientare le sue scelte, senza essere passivi, ma propositivi». Ultimo gong: la sfida mondiale finisce pari ai punti.