Il pensiero creativo può essere un ottimo alleato del business. Ma per svilupparlo occorre sapere che si tratta di una disciplina, da sviluppare con costanza e allenamento. Cambiare le proprie modalità di ascolto può essere un ottimo punto di partenza
Sfatiamo al volo due luoghi comuni del tutto sbagliati sulla creatività. Il primo è che la creatività non c’entri niente con il business: come mai allora le più avanzate aziende del pianeta fanno fior di investimenti per cercare di sviluppare la creatività delle proprie risorse umane? La seconda è che la creatività è un dono, e quindi o uno ce l’ha oppure non c’è niente da fare. Renata Borgato, che da anni si occupa di questi temi, riporta una frase tormentone tra gli addetti ai lavori: «La creatività è 10% ispirazione e 90% sudorazione». Traduzione: diventare creativi veramente è un lavoro. Che richiede molta disciplina ma ripaga con la capacità di trovare più facilmente soluzioni ai problemi o strade per migliorare la propria attività. Il punto di partenza, per chi vuole provarci, è mettersi in gioco. A partire dal modo in cui si comunica con i propri clienti e i propri collaboratori.
Una faccenda seria
La creatività ha molti nemici: la paura, la fretta, la coazione a ripetere, i limiti autoimposti, la persistenza, le proprie convinzioni (tanto per citarne alcuni). Così, spesso, si finisce per farsi delle domande solo quando ci si trova di fronte a problemi seri. Salvo scoprire - spesso - che non abbiamo l’allenamento per trovare le risposte. «Le soluzioni - spiega Borgato - in genere comprendono un elemento di discontinuità, oltre che di novità, rispetto a quanto si è fatto fino a quel momento. Le tecniche creative aiutano a trovare le soluzioni». Per questo allenarsi a cambiare serve: non solo torna utile nel momento del bisogno, ma, se diventa un’abitudine, previene l’insorgere di molti problemi o permette di affrontarli prima che diventino insormontabili.
Stabilito che sviluppare il pensiero creativo è utile, sorge spontanea una domanda: da dove si comincia?
L’ascolto attivo
«Ascoltando - afferma Borgato -. Ma attenzione: parlo di ascolto attivo, che è una cosa ben diversa dal mettersi a chiacchierare o dal fare conversazione. Presuppone un reale interesse nello stare a sentire quello che le persone dicono. Quando c’è questo atteggiamento, gli altri se ne accorgono». E diventano dei formidabili alleati: «Avete provato a chiedere ai vostri clienti - continua Borgato - cosa potreste migliorare del vostro locale o cosa vorrebbero trovare?» Il rischio, per chi lo fa con sincerità e attenzione, è di scoprire nei propri clienti degli eccellenti consulenti, felici di “lavorare per voi” (e per giunta gratis). «Un altro esercizio interessante - continua Borgato - è partire dalla descrizione, anche fotografica, del proprio locale, per poi provare a descrivere come si vorrebbe che fosse. Un passo ulteriore è chiedere ai clienti come invece loro lo vedono, o cosa vedono entrando nel locale. Perché, come spesso accade, chi è immerso da troppo tempo nella stessa realtà finisce per non vedere più le cose, nemmeno le più evidenti». Se a questo punto vi siete convinti dell’utilità di sviluppare la creatività per il vostro lavoro, non vi resta che aprire il libro di Borgato e cominciare a fare qualche giochino (ce n’è di divertenti). Senza dimenticare che diventare creativi è un compito divertente, ma che richiede un gran impegno.