Consigli, suggerimenti e trucchi del mestiere per chi vuole ottenere il massimo dalle gare di cocktail. Le istruzioni per l’uso di un quartetto speciale che di competizioni ne ha viste, vissute e vinte in ogni angolo del mondo
De Coubertin, ideatore delle Olimpiadi moderne, teorizzava: «L’importante è partecipare». I quattro fuoriclasse di bartender.it, protagonisti come consulenti, organizzatori o giudici di molti dei concorsi di cocktail più ambiti, propongono uno “twist on classic”: «è importante partecipare»; è il consiglio che, ognuno con la propria ricetta, i quattro danno a chi vuole migliorarsi nella professione di bartender.
Occasioni di crescita
«I concorsi - spiega Dario Comini - servono per incontrare gli altri colleghi, avere scambi di idee, vedere come lavorano. Per me sono una grande fonte di ispirazione. Anche gli errori possono esserlo. Per questo è importante partecipare, al limite anche come spettatori».
Luca Pirola sposta più l’accento sull’aspetto della competizione: «Le gare offrono la possibilità di misurarsi con se stessi, di spostare in avanti il proprio limite. Bisogna prepararsi, provare, osare. Con l’obiettivo di ottenere il massimo. Non solo come risultato, ma soprattutto come esperienza. Guai però a maledire tutti se non si vince. Vuol dire non aver capito niente delle gare».
Agostino Perrone aggiunge l’aspetto dell’arricchimento personale: «Partecipare dà stimoli, costringe a studiare, aiuta a sviluppare la motivazione, permette di fare team building e offre nuove storie da raccontare ai clienti».
Dom Costa sottolinea gli sviluppi professionali che possono nascere dalla partecipazione alle gare: «Mettersi in luce nei concorsi permette di guadagnare notorietà. E spalanca le porte a nuove opportunità professionali. Ma partecipare è soprattutto un modo veloce e gratuito di imparare molto e velocemente».
Prepararsi con cura
A quali fonti ispirarsi? E come prepararsi? Anche su questi punti, i nostri “moschettieri dello shaker” sono prodighi di consigli: «I filmati di YouTube da tutto il mondo - dice Comini - offrono spunti incredibili». «Frequentare altre competizioni, visitare altri bar - aggiunge Dom Costa, che invita a sviluppare la pratica del “guest bartending -: ospitare altri bartender nel proprio locale è un’occasione di grande scambio professionale. E permette di offrire qualcosa di nuovo ai clienti». Luca Pirola invita a «scegliere la competizione più adatta alle proprie caratteristiche» e, soprattutto, a studiare scrupolosamente il regolamento: «Anche le regole scritte in piccolo. Non va trascurato nessun dettaglio. Perché spesso si vince per mezzo punto, magari perso su un aspetto poco considerato o dimenticato».
Poi c’è la preparazione: «Drink semplici, presentazioni articolate» è la formula di Dom Costa, che sottolinea di lavorare sulle componenti aggiuntive: cibi, fiori, gadget. «Attenzione a curare anche il body language - dice Perrone -: la presentazione va provata e riprovata davanti allo specchio».
«Evitate di copiare dai bartender affermati - esorta Comini -: bisogno crearsi un proprio stile, espressione della propria personalità, non essere il clone di qualcun’altro».
Una volta in gara, l’aspetto più importante da curare è catturare l’attenzione della giuria: «In quel momento sono i vostri migliori clienti» spiega Pirola, che invita a coinvolgere anche gli altri concorrenti: «Chi si rende simpatico ai colleghi finisce per ottenere il loro tifo».
A me gli occhi
Ago Perrone suggerisce di avere con la giuria lo stesso approccio che si deve avere con un cliente: «Le regole sono esattamente le stesse: vendergli il vostro cocktail, coinvolgerli nell’ambiente, farli andare via contenti, farli parlare di voi e farli tornare con nuovi clienti». Su qual è l’errore più grande, sono tutti d’accordo: pollice verso per chi se la prende con i giudici perché non ha vinto. Non siete convinti? Alzi la mano chi considerava simpatico quello che, da piccolo, durante la partita si arrabbiava e andava via con il pallone.