Bar, caffetteria, ristorante, libreria, birreria, bottega per buongustai. Le anime del Settembrini di Roma, il locale dalle mille porte
Sobri o meno, alla prima visita al Settembrini di Roma può capitare di sbagliare porta. Si entra per andare a cena e ci si ritrova con un libro in mano. Si va per una porchetta laziale e una birra artigianale e s’inciampa nel bar, dove c’è un signore tutto elegante alle prese con una sega e un monolite di ghiaccio largo 50 centimetri, alto 30 e profondo 10. Si passa per sorseggiare un Mai Tai e ci s’imbatte in una “officina” per buongustai. Questo perché il Settembrini ha colonizzato un’intera area di Prati, zona tra le più eleganti della città. È la “versione bar” dell’hotel diffuso, quello che
occupa un intero paese abbandonato e lo riporta a nuova vita. Il Settembrini è un poliedro dalle mille facce: caffetteria, cocktail bar, pasticceria, ristorante, cantina, birreria, libreria, laboratorio culinario, bottega gastronomica. L’elenco prevede una sfilza di “eccetera”, ma per non annoiarvi ci fermiamo qua. Alla seconda visita al Settembrini lo scenario si fa più chiaro. Anche perché in questo caso a farci da guida è Matteo “Zed” Zamberlan, l’esperto capo barman del Settembrini Café. Accanto a lui c’è Cristina Folgore, macchina da cocktail del Drink Team di Bargiornale, nei miti panni di un’esile e raffinata bartender dagli occhi cerulei. La carta è confezionata comme il faut e porta il segno grafico di Alexandra Dufey, la stessa illustratrice che ha decorato con le sue opere gli interni del locale.
Classici rivisitati
Sfogliando la drink list, ed è una bella sorpresa, troviamo miscele come l’American Sage Smash e il Chica Caliente, entrambe ideate da “Zed” nella stagione 2014 del Drink Team di Bargiornale. A queste specialità si accompagnano interessanti rivisitazioni di classici, Negroni in primis. Sono i casi del Japaroni (sochu infuso all’erba cedrina, Vermouth Cocchi, liquore di prugna umeboshi, Aperol e Bitter Campari) e del Washed Negroni (gin, Biancosarti, Americano Cocchi, St-Germain, Orange & Grapefruit bitters, scorze di agrumi julienne). Ma in tutto questo percorso tra liquori, spezie, fiori e aromi vari, lo sguardo resta fisso sull’uomo e la sua sega. Zamberlan lo nota e osserva: «Non è solo una questione di spettacolo. Tagliare il ghiaccio con la kori o mita, la gigantesca sega da ghiaccio giapponese, è esotico e teatrale, ma soprattutto risponde a una logica funzionale. Dalla lezione appresa dal maestro Hidetsugu Ueno all’High Five di Tokyo, ho capito quanto sia pratico lavorare con grossi blocchi di ghiaccio piuttosto che con i classici cubetti». I conti sono presto fatti. «Un mezzo blocco basta per la serata. È perfetto, trasparente come l’acqua e soprattutto economico. Io lo faccio nel locale, ma in rete si può acquistare a un prezzo relativamente basso (circa 35 euro). Il blocco di ghiaccio è diviso in tre parti. Con la prima parte si fanno i cubi più grandi, con la seconda quelli più piccoli e con la terza parte le palle di ghiaccio. I cubi, una volta tagliati, sono pronti per essere lavorati con un altro coltello più piccolo. Le superfici sono rese perfettamente quadrate. Le imperfezioni smussate. Le palle invece le prepariamo con l’ice fork, ma le rifiniamo col coltello rendendole sferiche e lisce».
Chiusa la fresca parentesi del cocktail bar, ci addentriamo nelle altre “sale” del mondo Settembrini. A partire dalla “Libreria” di Piazza Martiri di Belfiore, diretta con passione da Massimiliano Moschetta con sguardo attento alle piccole case editrici indipendenti, ai grandi classici e alle novità meno battute.
Libri e cibi, ma anche birre
In mezzo agli scaffali, una cucina dai tocchi moderatamente fusion in cui spezie asiatiche possono fondersi con i profumi della costiera di Amalfi e di Sorrento. Gli ospiti possono divertirsi a “costruire” il piatto scegliendo direttamente dalla vetrina con vista cucina: riso venere oppure cous cous da combinare con pesce, pollo grigliato, polpette di manzo e verdure. Preparazioni tutte espresse (wok, vapore e lente cotture) e vini alla mescita, con una lista che cambia ogni giorno; musica selezionata e il wi-fi gratuito a completare il tutto. Due passi fuori dalla libreria e c’è la porta della “Birreria”, che accoglie una selezione di birre italiane con particolare attenzione a etichette laziali come Turan, Opperbacco, Almond 22, Bi-du. Alla sua guida c’è Riccardo Vargetto, appassionato e grande conoscitore di birra. Tra le etichette conosciute, una novità assoluta: la birra “ Settembrini” realizzata da Turan, piccolo birrificio di Bagnaia, frazione di Viterbo. Una birra ispirata alle kolsch tedesche, ma reinterpretata con luppoli americani. Concludiamo il percorso là dove tutto è iniziato: al ristorante. Qui il pubblico è circondato dai libri, dalle fotografie in bianco e nero e dalle opere dell’artista reatina Laura Federici. I vini sono raccontati da Luca Boccoli e dalla divertente “lavagna del bere”, che occupa un’intera parete del locale. La proposta enologica è ben espressa da una selezione attenta alle etichette dei viticoltori d’Oltralpe e ai vini genuini. In cucina lo chef Emiliano Valenti propone piatti dai sapori schietti e decisi. La mano del cuoco del Settembrini fonde tradizione, modernità e autenticità. Il risultato è una cucina mediterranea, senza troppi fronzoli, tutta costruita su materie prime stagionali. Quindi usciamo a riveder le stelle, ovviamente sbagliando porta.