Ricetta base presentata a Baritalia tappa presso Fiera Milano Host del 26 ottobre 2015
Oltre che il palato, doveva colpire e affascinare alche la vista il classico rivisitato dalla squadra di Turin Vermouth, il Cobbler. Termine che, più che una singola miscela, identifica ormai un’intera famiglia di cocktail, in quanto dalla formulazione iniziale, nata nell’Ottocento a base sherry (Sherry Cobbler), vennero immediatamente sviluppate varie versioni, utilizzando altri vini, come il Porto e il Madeira, e successivamente anche distillati, come il brandy o il whiskey.
Insieme all’utilizzo del vino, altra peculiarità di questo cocktail è la ricercatezza e la cura della decorazione, a base di frutta fresca di stagione, un vero lusso all’epoca, e l’impiego di ghiaccio triturato, altra novità, che i barman lavoravano a mano armati di scalpello a modo dei ciabattini (in inglese cobbler), usanza che pare all’origine del suo nome. Un prodotto extralusso, dunque, destinato al bel mondo, come testimonia il fatto che veniva servito con cannuccia e cucchiaino d’argento (per permettere di consumare la frutta senza toccarla con le mani) incorporati all’interno del bicchiere.
Le rivisitazioni proposte dalla squadra capitanata da Simone Caporale hanno reso omaggio al forte carattere di innovazione così connaturato a questo cocktail, sperimentandone nuove possibilità, sia recuperando l’utilizzo del vermouth come base, altra variante già praticata in passato, sia mostrando le potenzialità legate all’impiego della frutta, intera e in succo, in modo da allargare la gamma di sapori, aromi e colori offerte dal drink.
Così ad esempio, Luca Rossi, nel suo Vermouth Cobbler, ha bilanciato la secchezza del Drapò Dry con succo di mandarino, succo yuzu (un frutto originario dell’Estremo Oriente, ibrido tra mandarino e papeda, molto utilizzato nella cucina giapponese e coreana) e succo di cipresso, decorando il tutto con foglie di menta, spicchi di mandarino e uva.
Luana Bosello ha invece optato per uno sciroppo di vetiver, una pianta originaria dell’India e molto utilizzata in cosmetica per via del suo intenso aroma, per arricchire la base di vermouth bianco, vermouth dry e vodka del suo Cobbler minimalista e italianissimo, completando il tutto con limone di Amalfi. Infine, il Turin Cobbler di Vanessa Vialardi, dove all’ingrediente principale, il nuovo Vermouth Rosso Gran Riserva di Turin Vermouth, presentato in anteprima proprio a Baritalia, è stato accompagnato da un’altra novità della casa Torinese, il Bitter Tuvè, e da sciroppo ai fiori di sambuco, spremuta di mapo, e ginger beer.
La storia del Cobbler
Sherry, zucchero, molto ghiaccio (triturato) e una o due fette di arancia e limone. Il tutto decorato con frutta di stagione e, per finire, una cannuccia. Nasce nell’Ottocento negli Stati Uniti con una forte carica innovativa lo Sherry Cobbler, le cui prime testimonianze troviamo già nella Bartenders Guide di Jerry Thomas. E un altro pioniere della miscelazione, Harry Johnson, annota nel suo Bartenders Manual (1882) come a quell’epoca il drink fosse da tempo una hit presso i gentiluomini e le gentildonne non solo negli Usa, ma in tutto il mondo, tanto che durante l’Esposizione Universale di Parigi del 1867 presso l’American Bar furono consumate ben 500 bottiglie di sherry in un solo giorno per la preparazione del drink. La fortuna del cocktail si appannò durante il Proibizionismo, epoca durante la quale la predilezione dei consumatori si spostò verso bevande a maggior concentrazione alcolica (il rischio doveva valere la candela), per tornare in auge nel secondo dopoguerra. Fortuna che il Cobbler non ha mai riscontrato in Italia, dove è sempre rimasto un prodotto di nicchia.
La ricetta Cobbler secondo Turin Vermouth
Ingredienti
50 ml Drapò Rosso Turin Vermouth
30 ml Porto Twany 20 yo
30 spremuta arancia
10 cl sciroppo vaniglia
1 cl succo limone
Preparazione
Servire in tumbler.