Mix sotto i 21° alcolici è la nuova frontiera della miscelazione. Diego Ferrari de La Rotonda della Besana di Milano presenta soluzioni che stanno riscuotendo molto successo.
Cambiano i tempi e mutano anche i gusti del bere miscelato. Probabilmente se oggi assaporassimo uno dei cocktail del mitico Jerry Thomas in azione nella seconda metà dell’800, li troveremmo dolci e stucchevoli e saremmo sorpresi dalla loro intensità alcolica. L’evoluzione degli stili di consumo ha fatto sì che oggi l’industria abbia sviluppato un’attenzione speciale per prodotti a bassa gradazione, tendenza che si ritrova in diverse categorie di prodotti. Esempi? Tanti. Pensiamo solo al boom delle “radler” o ai rossi sotto i 10°. Ebbene questa onda ha investito anche la mixability e nessuno si scandalizza più a sentire parlare di “low alcohol” o, addirittura di zero alcol. Proprio su queste pagine Alex Kratena e Simone Caporale dell’Artesian di Londra, locale che quest’anno per la quarta volta consecutiva ha conquistato la vetta della classifica dei 50 migliori bar del pianeta, hanno chiarito che all’Artesian i drink con e senza alcol hanno lo stesso diritto di cittadinanza e figurano in carta senza nessuna distinzione di sorta (Bargiornale maggio 2015, p. 62-63).
Questa premessa è utile per inquadrare la proposta de La Rotonda Bistrot, locale ospitato all’interno del Muba, il Museo dei Bambini di Milano, al centro della Rotonda della Besana, architettura tardo-barocca e location tra le più suggestive della città. Qui è il regno di Diego Ferrari, noto professionista, che si è inventato una mixability con prodotti a una gradazione alcolica non superiore ai 21°. La ragione è presto detta: poiché il bistrot è all’interno di uno spazio frequentato da famiglie con bambini il Comune, proprietario dell’area, ha posto come condizione il divieto di somministrare superalcolici. Limite che Ferrari ha trasformato in un’opportunità. «Sono arrivato a La Rotonda nel giugno 2014 - spiega - e all’inizio devo dire che è stata dura. Ho dovuto fare molta ricerca. D’altronde non c’erano modelli a cui ispirarmi».
Detto e fatto. Ferrari ha così scoperto un vero e proprio mondo di prodotti non superiori ai 21°: amari, bitter, vermouth, birre ecc. «Mi sono subito messo a inventare mix ricchi di aromi che nulla hanno da invidiare per gusto e anche per percezione alcolica ai tradizionali. Il fatto di non poter utilizzare distillati come gin o rum alla fine mi ha avvantaggiato». Ferrari utilizza circa una novantina di prodotti (vini compresi come il Porto o lo Sherry) per mettere a una punto una carta che allinea una trentina di cocktail, tra classici rivisitati e nuove creazioni. La risposta del pubblico è stato positiva e sono sempre più numerosi i clienti che al posto del solito Spritz scelgono, ad esempio, un Besanino a base di Bitter Bordiga, Rabarbaro Zucca e Carpano Classico o un French Mule a base di St. Germain. «A guadagnarci - conclude il bar manager - è stato anche il locale che si è creato la reputazione di meeting point del bere di qualità». Attualmente Ferrari, insieme ai suoi assistenti, Cesar Araujo e Giorgia Mannarino, sta mettendo a punto una nuova carta con mix che vedono tra gli ingredienti anche delle birre.