Per un Comune, regolamentare gli orari di attività dei pubblici esercizi è divenuto più difficile. Il potere di limitare gli orari è stato ridimensionato dall’art. 31 del D.L. 201/2011, convertito nella L. 214/2011 (c.d. decreto “salva Italia”), che ha stabilito che le attività “di somministrazione di alimenti e bevande sono svolte senza i seguenti limiti e prescrizioni …(quali) il rispetto degli orari di apertura e di chiusura, l’obbligo della chiusura domenicale e festiva, nonché quello della mezza giornata di chiusura infrasettimanale”.
In aggiunta, l’art. 3 del D.L. n. 138/2011, convertito nella legge n. 148/2011, ha disposto: “l’iniziativa e l’attività economica privata sono libere ed è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge”. Tale articolo rappresenta l’affermazione di un principio generale di libertà imprenditoriale che può essere limitata soltanto in caso di accertata lesione di interessi pubblici tassativamente individuati, come per esempio la sicurezza, l’ordine pubblico, l’utilità sociale, la salute ecc.
Il Sindaco, in virtù del potere attribuitogli ai sensi dell’art. 50 comma 7, del D.Lgs. 267/2000, può quindi imporre restrizioni sugli orari di apertura solo se dimostra che l’amministrazione comunale sta agendo in funzione della tutela dell’interesse pubblico prevalente.
Ma quando un bar è esercitato all’interno di un condominio, le limitazioni cui il bar potrebbe incorrere in virtù del regolamento condominiale vengono ancor prima delle ordinanze comunali. È la conseguenza civilistica dell’appartenenza a un condominio, all’interno del quale sono valevoli precise regole stabilite dal codice civile: il condominio, infatti, è una forma di contratto e il regolamento condominiale è un atto esplicativo dei diritti e dei doveri il cui rispetto è stabilito per tutti i condomini.
Di conseguenza, un’attività di somministrazione aperta all’interno di un condominio ha l’obbligo di attenersi alle disposizioni che l’assemblea dei condomini ha deliberato e inserito nel regolamento condominiale circa gli orari di svolgimento delle attività lavorative nel condominio. Eventuali diversi orari o modalità di esercizio stabiliti dal Comune con propria ordinanza vengono in secondo piano rispetto alla volontà dei condomini.
L’amministratore condominiale ha il diritto (e il dovere) di agire davanti al giudice per far valere il rispetto delle norme contenute nel regolamento di condominio, tra cui gli orari di attività.
La libertà dell’assemblea di stabilire regole non è tuttavia illimitata: spesso per esempio la presenza di bar in un condominio può provocare emissioni rumorose o di altro tipo. E se l’assemblea le giudicasse intollerabili, potrebbe deliberare e inserire nel regolamento il divieto di esercitare tale attività nel condominio? Non proprio: è infatti illegittimo vietare la destinazione d’uso a locale pubblico per tutelare la quiete di un edificio quando le emissioni sonore risultano tollerabili.
La questione rumori
L’art. 844 del codice civile impone di verificare attraverso misurazioni e rilevazioni il rispetto dei limiti di legge prima di affermare che le emissioni (sonore, di fumi ecc.) sono intollerabili. La Corte di Cassazione ha stabilito (sentenza 8 ottobre 2013, n. 22892) che il diritto di proprietà non può essere limitato in via preventiva; ma l’esercizio di tale diritto può incontrare un limite nell’”obbligo di protezione” dei diritti degli altri. Non si può quindi vietare preventivamente l’apertura di un bar all’interno di un condominio, anche se potenzialmente lesivo della tranquillità dei condomini, ma va accertato con rilevazioni oggettive che le eventuali emissioni prodotte dal bar superino i limiti di legge e arrechino un effettivo danno ai condomini. Per le emissioni sonore prodotte da “attività produttive, commerciali e professionali”, la norma di riferimento è il D.P.C.M. 14 novembre 1997, che all’art. 4 stabilisce i limiti del rumore immesso nelle abitazioni come differenza massima tra il rumore disturbante (ambientale) e quello senza disturbo (residuo) fissando tale limite in +5 decibel di giorno (dalle 6 alle 22) e +3 decibel di notte. Il mancato rispetto degli obblighi contenuti nel regolamento condominiale, oltre a una responsabilità civile per l’esercente, provoca l’applicazione delle sanzioni pecuniarie stabilite nello stesso: l’amministratore è incaricato della loro applicazione e riscossione.
In breve
1. Quando un bar è esercitato all’interno di un condominio, le limitazioni cui potrebbe incorrere da regolamento condominiale vengono ancor prima delle ordinanze comunali. È la conseguenza civilistica dell’appartenenza a un condominio, all’interno del quale sono valevoli le regole interne in quanto il condominio è una forma
di contratto.
2. L’amministratore del condominio, che rappresenta legalmente il condominio stesso, ha tutto il diritto e anzi il dovere di agire davanti all’autorità giudiziaria per poter far valere il rispetto delle regole deliberate e contenute nel regolamento di condominio, tra cui gli orari di funzionamento di una qualunque attività presente nel condominio stesso.
E in caso di contestazioni?
- Fare una previsione d’impatto acustico per verificare il rispetto dei limiti sonori prodotti dall’attività consentiti dalla legge.
- Verificare l’eventuale limite di orario stabilito dall’assemblea dei condomini rispettandolo ed eventualmente chiedendo una modifica.
- Evitare di effettuare attività di trattenimento musicale all’esterno del locale, seppur su area pubblica regolarmente concessionata.
- Non occupare spazi del condominio senza espressa autorizzazione dell’assemblea.
- Intervenire, anche chiamando la forza pubblica se necessario, qualora la propria clientela stia provocando un disturbo ai condomini con emissioni sonore o di altro tipo.