Al banco dello Shaker Club di Aversa (Caserta), Francesco Conte miscela cocktail classici e drink contemporanei con ingredienti del territorio e home made in un'atmosfera da grande metropoli. Foto di Alessia Gugliotta.
Anche per i palati più esperti, è raro cogliere l’anima di un cocktail, di una creazione. Prerogativa solo di alcuni classici, l’anima di un prodotto miscelato nasce dalla particolare magia, da uno specifico momento che vive durante la sua prima realizzazione. Ma è molto complesso individuare questa caratteristica tra le offerte di un american bar, data la necessità di mediare con le richieste del cliente e quelle commerciali. In un mondo professionale sempre più dedito alla perfezione, all’iperspecializzazione e a una sorta di fredda ponderazione del risultato gustativo, lo Shaker Club di Francesco Conte rappresenta una piacevolissima eccezione.
Atmosfera accogliente
La convivialità di Aversa, che scorre tra i vicoli e le stradine di via Seggio, centro di una movida calorosa e spontanea, fa da cornice alle atmosfere di un bar che pare immerso in un’altra epoca, familare, accogliente e rassicurante. Come il bartending di Conte, essenziale e concreto, capace di esprimere autorevolezza e sicurezza con la serenità di un sorriso, una cortesia mai banale. Segni distintivi di una presenza dietro al bancone d’altri tempi e mai eccessiva, come il suo stile nel creare. La verve di Conte si esprime in piccole idee, ma geniali, spesso frutti di lampi illuminanti, e nella passione per gli homemade. «Un giorno ero impegnato con i lavori d’apertura del locale, mancavano pochi mesi - racconta Conte -. Durante una pausa, osservo la posta e mi colpisce l’immagine stilizzata di una donna sulla copertina di una rivista. Era Marilyn Monroe. Lo considero un segnale e inizio a preparare un’infusione di petali di rosa con gocce di Chanel N.5. Diverrà ingrediente di un mio drink, il Marilyn, variante del Vodkatini».
Bottigliere pregiato
La passione per il cinema, per la musica e per le arti figurative si manifestano nel locale, che ospita mostre fotografiche, concerti e jam session a tema con i drink proposti. Il suo bottigliere incarna classicità e tradizione, con più di duecento referenze tra cui bottiglie rare, leggende della miscelazione come il Plymouth Gin: sono i risultati di una continua e appassionata ricerca in vecchie cantine, bar ed enoteche.
La tradizione è rispettata anche nel primo dei drink proposti da Conte, il Brooklyn. Vecchia gloria della golden age, miscela rye, Vermouth rosso, Maraschino fatto in casa e gocce di Amer Picon. Come garnish una ciliegina al Maraschino. «Quando trovai il Picon, in un vecchio bar di un paese della campagna irpina - racconta Conte - non volevo crederci. Lo acquistai, tornai di corsa al locale e contattai un mio amico del Classic Cocktail Club. Potevamo gustarci il Brooklyn». Per il bartender aversano la miscelazione è qualcosa di viscerale, stigmatizzaibile nella definizione “bartending intimista”. Caratteristiche che si trovano nel Martini Vettorel, sua seconda scelta.
Note campane nel blend
Variante del Martini Cocktail, costruito con tecnica in&out (aromatizzando il ghiaccio nel mixing glass con il Vermouth, poi scolato), presenta un float di Wild Turkey in top. La dedica è ad Aldo Vettorel, suo mentore e compagno di studi del Classic Cocktail Club, recentemente scomparso. La presentazione è un ricordo: una coppa Martini servita con un campanellino, un vezzo del maestro usato per segnalare la chiusura. Proseguento la rassegna di drink, che somiglia a un album dei ricordi, è il turno dello Jommellino. Con l’intento di portare la cultura gastronomica campana nella miscelazione contemporanea, il blend è composto da vino Asprinio spumantizzato e frullato di mela annurca Dop, decorato con capocollo di maialino casertano e mozzarellina di bufala al centro. Idea di Conte e del presidente dell’Ascom locale, lo Jommellino è stato il drink ufficiale per le celebrazioni napoletane dei 150 anni dell’unità d’Italia. Storie e racconti volgono al termine, l’atmosfera dello Shaker Club lascia il posto a un brusìo. Rimangono gli occhi e il gusto per evocare un sogno, espresso in una ventina di sorsi. In questo luogo l’anima di un drink non sembra essere così remota.