Prendete un locale storico che celebra un secolo di vita. Metteteci dentro le creazioni inedite di un manipolo di grandi bartender italiani e internazionali. Shakerate vigorosamente e versate con eleganza. Cosa otterrete? Il risultato finale si chiama “Camparino in Galleria meets mixology”, una drink list d’autore per il 100° anniversario del celebre locale nel cuore di Milano (è in piazza del Duomo) che Campari Academy ha raccolto in una preziosa pubblicazione. Ci sono, fianco a fianco, top mixologist di calibro internazionale (Salvatore Calabrese, Simone Caporale, Agostino Perrone, Luca Cinalli e Mauro Mahjoub), big di casa nostra (da Leonardo Leuci e Roberto Artusio a Flavio Angiolillo e Marco Russo, passando da Edoardo Nono e Francesco Cione) e i cosiddetti nuovi talenti della miscelazione made in Italy, bartender che in realtà hanno già ampiamente dato prova di grandi capacità. Tutti impegnati - erano nel complesso una ventina di professionisti - a creare il proprio drink, inedito, a base Campari. Tutti i cocktail sono stati presentati in una serie di serate di guest bartending organizzate dal locale milanese durante l’intera durata di Expo. L’eredità delle serate, sotto forma di ricette, sono 69 nuovi cocktail.
Analizzandoli uno a uno con attenzione, emergono alcune preziose indicazioni. La prima? Per diventare grandi, lo studio è importante tanto quanto l’estro.
Più twist che fantasia
Di tutti i cocktail presentati, ben 55 sono twist di ricette classiche, contro le “appena” 14 creazioni di fantasia, che non hanno riferimenti precisi a un classico del passato. Segno che conoscere la storia del bere miscelato, a partire dai grandi classici, è la base per sviluppare il proprio stile. E sono stati proprio i più semplici tra i grandi classici la principale fonte di ispirazione per la maggior parte dei bartender. La drink list del Camparino lo dimostra: i due “originali” più twistati sono stati il Negroni e l’Americano, seguiti - a distanza - da altri evergreen come il Boulevardier e il Campari shakerato. L’analisi degli ingredienti utilizzati fa emergere tre grandi famiglie di ingredienti sul podio dei più utilizzati e qualche interessante nuova tendenza.
Bitter, agrumi e spezie
Bitter, spezie e agrumi sono - in quest’ordine - gli ingredienti di gran lunga più utilizzati nei cocktail presentati dai guest bartender. L’elemento amaricante è presente in quasi un terzo delle ricette realizzate, a conferma di un “modo di bere” che non passa mai di moda.
Gli agrumi sono un altro ingrediente ricorrente: dai classici arancia e pompelmo, al meno usato chinotto. Ma non manca nemmeno lo yuzu, ingrediente tipico della cucina orientale. La stagione estiva, cuore di Expo, in questo caso ha giocato un ruolo importante: per molti bartender la sfida è stata presentare nuovi long drink rinfrescanti e molto beverini, adatti ai mesi più caldi e a una fruizione all’aperto.
Un altro degli ingredienti “da cucina” sempre più utilizzato nei cocktail sono le spezie, presenti in circa un quarto dei drink presentati. Una strada ultimamente molto percorsa dai bartender, che si stanno buttando verso la conoscenza delle piante aromatiche e dei profumi naturali. Tra le spezie, a far la parte del leone nelle nuove ricette è stato lo zenzero, che per la nota piccante e di carattere che conferisce alle bevande si ritrova in un numero crescente di drink.
Da segnalare altri due elementi ricorrenti, perché rappresentano altrettanti trend della miscelazione moderna, sono l’uso di ingredienti esotici e di tè o infusi, a riprova del fatto che gli orizzonti gastronomici dei bartender si stanno sempre più allargando, arricchendosi di nuovi ingredienti provenienti da altre latitudini e di tecniche mutuate da mestieri affini, dal barista allo chef.
Al di là delle ricette, cosa copiare dai grandi maestri? Soprattutto due cose: la competenza nel maneggiare i pilastri della miscelazione moderna e la capacità di dargli una nuova personalità originale con un’impronta personale grazie alla contaminazione di stili, di tecniche, di sapori, di ingredienti.