Comodo da mangiare, buono, fatto con ingredienti della tradizione italiana. Questa la visione del buon panino di Gabriele Rubini, in arte Chef Rubio.
Lui è quello che assaggia tutto. Dalla bottarga agli anemoni di mare. Non fa una piega davanti alla carne di pecora essiccata o al casu marzu. Prepara la carbonara e i fegatelli. La coscia di pecora e altre mille tipicità italiane. Piace perché è semplice, perché approfondisce e perché è lo chef, bravo, bello e competente, che tutti vorrebbero incontrare quando vanno al ristorante o in un bar. Lui è Gabriele Rubini, in arte Chef Rubio.
Diventato noto al grande pubblico con Unti e Bisunti, serie Tv dedicata allo street food, in onda per la prima volta nel 2013, ha ispirato, con la storia del suo successo, il film “Unto e Bisunto, la vera storia di Chef Rubio”. Ha partecipato e condotto altre trasmissioni, web serie, video on line e molto altro. E poi ha un aspetto “segreto”. Un attenzione al sociale che lo fa apprezzare ancora di più al pubblico. Impegnato su più fronti nel promuovere la buona cucina come paradigma di convivialità, benessere, integrazione, nutrimento culturale e recupero sociale specie per le realtà più in difficoltà (carceri, disabilità, disturbi alimentari, sprechi alimentari…), Rubio dal 2014 si è messo a studiare la Lingua dei segni italiana presso l’Issr (Istituto Statale Sordi di Roma) e nel 2015 con la “Cacio e Pepe” ha prodotto la prima videoricetta raccontata proprio con la lingua dei segni dando il via alla webserie “Segni di Gusto”. Giusto un anno fa ha anche finanziato due borse di studio per il lancio della Prima Accademia di Street Food in Italia, a Parma, e in seguito al suo impegno sociale, nel maggio 2016 il Comitato Paralimpico Italiano lo ha nominato Chef Ufficiale di Casa Italia alle Paralimpiadi di Rio (svoltesi a settembre dello scorso anno). Insomma un personaggio a 360° che unisce simpatia a competenza. Lo abbiamo intervistato in occasione della sua partecipazione quale giurato alla finale del Concorso Artista del Panino dove ha giudicato il lavoro dei concorrenti (assieme allo chef pluristellato Enrico Bartolini e alla blogger Valentina Scarnecchia) facendo loro mille domande e stimolando una chiacchiera davvero costruttiva attorno al mondo dei panini.
Quali le tue impressioni sul concorso a cui sei stato chiamato a giudicare?
Un concorso molto professionale e interessante che ha messo in mostra numerosi ingredienti validi, una grande varietà di pane scelto dai concorrenti e chiavi di lettura, ovvero preparazioni, originali e diversi dal solito.
Quali sono, in generale, le caratteristiche giuste di un panino?
Il panino dev’essere prima di tutto un panino. Non deve diventare un contenitore di ingredienti gourmet che magari abbinati diventano un insieme incomprensibile al palato. Nel panino gli ingredienti si mischiano e devono dar vita a un’unione coerente e piacevole. Seguono regole diverse da quelle di un piatto presentato in un ristorante. Il panino non ha sempre bisogno di verticalità nella presentazione, di consistenze diverse tra gli ingredienti e di alcune caratteristiche proprie delle ricette dell’alta ristorazione. Ha invece bisogno di materie prime di qualità, di poter essere mangiato comodamente e semplicemente. E deve saper appagare il gusto.
Quali consigli dai in questo senso?
Oltre a quello di usare materie prime di qualità, quello di fare attenzione all’abbinamento tra contenuto e contenitore. Alcuni tipi di pane vanno bene con alcuni ingredienti e meno bene con altri. E poi consiglio di non cadere nell’uniformità e nell’utilizzo delle materie prime banali. Oggi per esempio c’è un sovrautilizzo del salmone. Perché non pensare di sostituire il salmone con un filetto di trota affumicata nostrana. Il risultato è simile e forse anche migliore e con l’utilizzo di un ingrediente tipico come la trota si può proporre un panino “tipico”. Infine dico di utilizzare prodotti italiani, magari quelli dei piccoli produttori che garantiscono sapori e piacevolezza incredibili. Abbiamo formaggi, salumi, verdure ed erbe unici al mondo. Vedere proliferare panini con salmone e avocado non è davvero il massimo.
Quanti ingredienti in un panino perfetto?
Anche uno solo se è l’ingrediente principale o un prodotto di un certo tipo. Certi salumi di cinghiale o cervo o di particolari tipi di maiale sanno caratterizzare da soli una ricetta. Inoltre sono prodotti che si possono raccontare e a molti clienti piace imparare. Ma in un buon panino possono essere usati anche tre o quattro ingredienti, dipende dal gusto finale che si vuole ottenere. In ogni caso è sempre meglio non esagerare. Il sapore complessivo della ricetta dev’essere “logico”: non cercare di stupire, quanto conquistare il palato con elementi di gusto e consistenze corrette e bilanciate. In ogni caso esagerare con gli ingredienti è un rischio. Alcuni lo fanno, ma il pericolo di sbagliar strada è davvero alto.
Assaggiare per imparare, così come fa Chef Rubio?
Credo che chiunque operi nel mondo della ristorazione debba prima assaggiare poi valutare un ingrediente e decidere come e se usarlo. Chi lavora nel nostro mondo e non assaggia forse ha davvero sbagliato lavoro. Chi lavora con gli alimenti non può non essere curioso del gusto, delle provenienze e delle tecniche utilizzate per dar vita a salumi, formaggi e via dicendo. E oggi le occasioni per assaggiare sono infinite. Fiere, eventi, manifestazioni, visite dirette ai produttori. Non c’è che l’imbarazzo della scelta.