Lei italiana, lui canadese. Giulia pasticcera, Brent appassionato di caffè con alcune esperienze di barista e un lavoro presso una casa editrice. Nel 2016 decidono di lasciare Vancouver, in Canada, per stabilirsi a Milano e aprire un’attività: l'Orsonero.
«Dapprima volevamo avviare una pasticceria, ma poi ci siamo resi conto che in città mancava un coffee shop e, dunque, abbiamo scelto di aprire una caffetteria un po’ speciale - racconta Brent Jopson -. Attorno a noi ci sono molti bar, ma il concetto che noi offriamo è diverso: qui è protagonista lo specialty coffee, un prodotto che il cliente italiano non conosce e al quale spesso non è interessato perché nei confronti del caffè è molto tradizionalista: ha in mente un gusto e ricerca solo quello. Ovviamente, non sono venuto qui in Italia a affermare che il caffè italiano non è buono, anzi, lo apprezzo se è di qualità e preparato bene; la mia mission è far comprendere che c’è davvero molto altro. So che è un’impresa difficile, ma abbiamo molti clienti affezionati e soprattutto siamo un riferimento per tanti stranieri che vengono a Milano e cercano un locale che offre specialty coffee».
Situato a poche centinaia di metri da una delle principali vie dello shopping milanese, corso Buenos Aires, il locale, semplice ed essenziale, misura solo 20 metri quadri e si presenta lungo e stretto: su un lato si sviluppa il bancone in legno chiaro dove si trovano installate la macchina espresso Strada de La Marzocco, il macinacaffè Mithos di Victoria Arduino e alcune vetrinette campane contenenti dolci di fattura artigianale selezionati dall’esperta del settore, Giulia Gasperini. La cassa è sostituita da un tablet e alle spalle del bancone su due scaffalature si trovano gli strumenti per le estrazioni a filtro, i contenitori di 12 tipologie di tè e tisane e diverse confezioni dei caffè per l’asporto. Di fronte al banco, si trova la zona consumazione con 4 tavoli e 12 posti a sedere.
Comprendere gli aromi
La miscela Cignobianco di Gardelli Specialty Coffees è il caffè della casa: con una base di caffè brasiliano naturale si avvicina al gusto italiano che, tuttavia, deve essere educato. «Al cliente che lo gusta per la prima volta -aggiunge Brent - spieghiamo che il caffè è un frutto e che in quanto tale ha una sua acidità più o meno spiccata che emerge quando, come in questo caso, viene tostato leggermente più chiaro. Solo così si scoprono le caratteristiche delle diverse origini che una tostatura spinta non permette di cogliere, perché il tostato, come si sa, tende a prevalere sugli altri aromi. C’è chi non comprende, ma la maggior parte dei clienti ha imparato a gustare questo caffè e ha accettato la tazzina a 1 euro e 20 centesimi, anche se penso che il prezzo giusto sarebbe 1,50. Quando ci viene ordinato un espresso singolo, noi comunque facciamo un’estrazione doppia, come si fa in genere nei coffee shop: con un filtro da una tazza, difficilmente si ha un buon espresso. E nel filtro mettiamo 17-18 g di macinato, non i classici 14 di un comune bar: la differenza è importante». Al contrario, puntualizza il patron di Orsonero, il turista straniero trova il caffè della casa un po’ troppo “rotondo” e poco acido, pertanto chiede una delle due singole origini a disposizione, che cambiano ogni settimana sia per provenienza, sia per la micro roastery che le produce. La richiesta dei clienti stranieri, inoltre, si orienta per lo più su tazze con una doppia estrazione alle quali spesso viene aggiunto del latte, come avviene nel flat white e nel cortado, oppure sul caffè filtro, particolarmente richiesto nei fine settimana, quando se ne vendono circa 20-30 tazze.
Torrefattori in visione
All’Orsonero non vi sono divieti, ma piccoli accorgimenti studiati per soddisfare il cliente e che rispettano la qualità del prodotto. Così, un “lungo” viene realizzato aggiungendo dell’acqua al normale espresso, il cappuccino bollente e quello freddo vengono composti entrambi alla temperatura corretta (con emulsioni tra i 60 e i 65°C) e poi serviti in tazza riscaldata con acqua bollente o in tazza fredda. Non vi sono divieti riguardo eventuali aggiunte di cacao o di zucchero: se il cliente è “aperto”, col tempo imparerà a gustare le preparazioni nel mondo più corretto.
Non mancano iniziative particolari. Recentemente è stato realizzato un “Roaster Takeover”: per un breve periodo è stato ospitato un piccolo torrefattore che ha potuto interloquire con la clientela, spiegare il suo caffè, organizzare delle sedute di cupping: un’attività frequente nei locali canadesi che permette di conoscere realtà produttive insolite e nuovi caffè. Infine, lo scorso febbraio è stata la volta del primo “Coffee District Latte Art Throwdowns” italiano, una competizione a eliminazione diretta tra baristi, dove protagonisti assoluti sono stati la latte art, il divertimento e il piacere di stare insieme. Tutto con un unico obiettivo: innalzare la qualità del caffè al bar e promuovere anche in Italia la cultura degli specialty.