Arriviamo in via Feline, dopo aver percorso la salita che taglia Salerno, dal lungomare alle strade dei quartieri alti. All’interno del locale ci sono una poltrona sulla sinistra, qualche tavolino, tanti oggetti: bussole, televisori vintage, album fotografici di altre epoche. Sulla destra, spunta una postazione-bar mobile, in legno. La sensazione è di essere entrati nel salotto di un loft, più che in un bar. Ad accoglierci all’Hardcore Cocktail Club c’è Luca Casale che nel 2017 ha inaugurato questo locale curato in ogni minimo dettaglio. A cominciare dal menu che si presenta intuitivo, semplice, sintetico. All’interno include indicazioni con prezzo, tenore alcolico dei drink, tipologia e bicchiere di servizio. A fianco di ogni voce è indicata la descrizione della ricetta, sempre sintetica ed essenziale. Una particolare attenzione è destinata al colore. I drink sono suddivisi in base al Pantone, il sistema universale di classificazione dei colori. Ogni drink ha il suo codice colore di riferimento. Un’esigenza, strettamente pratica, così descritta da Casale: «Partiamo dal presupposto che un cliente debba essere sempre accontentato. Per gratificarlo è necessario assecondare i suoi gusti senza rendergli la strada troppo complicata. Noi abbiamo puntato sulla prima forma umana di associazione mentale: la memoria visiva. Legando un drink a un colore, favoriamo il ricordo del cocktail. È più facile ricordare il turchese, piuttosto che un nome come Alamagoozlum».
Idea efficace e semplice
Ma oltre al menu, al colore e al Pantone c’è un altro importante segno distintivo del locale: il fai da te. L’Hardcore Cocktail Club è diventato presto celebre per la possibilità offerta ai clienti di prepararsi i drink da soli. Un’idea semplice, quanto efficace. Nel menu sono presenti sette ricette con la dicitura “fai da te”. L’ospite ha l’opportunità di preparare il drink scelto in una station dedicata, completa di tutto, con l’aiuto di un membro dello staff. Una versione “assistita” di un party in casa, non priva di un pizzico di ilarità che nasce dall’impaccio e dall’imbarazzo di un’esperienza nuova. Qualcosa che supera il concetto di signature drink, portando il tutto in una dimensione più esperienziale, con tanto di bar tool da maneggiare, bicchieri da riempire e clientela lì pronta a osservare. Un modo per far capire cosa significa preparare un cocktail secco, un sour o le diverse sfumature che un Moscow Mule può assumere con qualche goccia di aromatic bitters in più. «La verità - aggiunge il padrone di casa - è che fare drink è divertente. Ho visto gente reduce da mille esperienze, dal bungee-jumping alle regate nell’Oceano Pacifico, ammettere con candore di non aver mai preparato un cocktail. È incredibile. Con Hardcore offro questa esperienza e resto sempre sorpreso nell’osservare il passaggio dalla sfiducia iniziale alla sorpresa finale. Dal primo impaccio allo scoprire quanto sia buono il proprio drink». Momenti unici che il locale da modo di condividere sui social. Si prenda il caso di #InstaPunch, il primo dei drink proposti dall’Hardcore Cocktail Club. Un classico Jamaican Punch, preparato con rum Appleton, oleo saccharum di lime, succo di lime e infuso ai frutti rossi, servito in un bicchiere da cucina di casa, presentato assieme a un bigliettino con un nome utente e password. Le due chiavi di accesso permettono di accedere a un profilo Instagram dedicato attraverso il quale condividere il proprio piccolo attimo di piacere. Un profilo Instagram del club che, per il tempo di un post, diventa proprio. Siamo in piena hospitality 2.0.
Mixology “casalinga”
Altra freccia all’arco dell’Hardcore Cocktail Club è la sua anima attenta alla valorizzazione del territorio e ai prodotti bio. Una delle tante traduzioni di questo concetto lo troviamo nella versione bio del Clover Club. Il drink è preparato con Bulldog Gin, succo di limone locale, sciroppo di lamponi e una “maionese” di lamponi che dona a questo drink classico una consistenza insolitamente piacevole e pastosa. Il drink è accompagnato da un biscotto ispirato alla ricetta dalla cheese cake. E non è tanto per una semplice questione di decorazione o di pairing, ma per regalare un omaggio agli ospiti. Un modo per farli sentire a casa. Un’atmosfera di “mixology casalinga” che si riflette anche in altre creazioni di Luca Casale come Il Contadino Messicano. Parliamo di un’interpretazione del Tommy’s Margarita, ispirata a un immaginario momento di relax, in compagnia di un contadino della Riviera Maya: Tequila Espolon Blanco, Mescal Nuestra Soledad, sciroppo d’agave e succo di lime, resi speziati da un cucchiaio di guacamole e due gocce di tabasco. Sapori forti, ben sostenuti dal finger food a base, ovviamente, di nachos e salsa guacamole.