Dei circa 4.500 grossisti food & beverage censiti da TradeLab e Iri, 1.800 sono gli specializzati beverage ovvero quelli che concentrano oltre il 50% del giro d’affari annuo sulla vendita di bevande: questa la fotografia del mercato 2017 ricavata dalla seconda parte della ricerca Italgrob presentata alla recente convention romana.
Nel settore molto frammentato degli operatori della distribuzione, i grossisti specializzati nel beverage hanno dato vita nell’ultimo decennio a una serie progressiva di concentrazioni o aderendo ai 15 consorzi esistenti (quasi tutti aderenti a Italgrob) o entrando in società partecipate da aziende birrarie come Heineken/Partesa e Carlsberg per un totale di 1.055 aziende. I grossisti indipendenti beverage sono rimasti solo in 750.
Favorito dal bel tempo e dalla crescente raccolta digitale degli ordini, il fatturato annuo beverage 2017 è stato pari a 3,2 miliardi di euro, a fronte di quasi 3 miliardi di litri venduti, con una variazione sul 2016 di +3,2% in valore e +1,8% in volume.
Tra i protagonisti del positivo andamento primeggiano (in volumi) la birra (+2,3%), l’acqua minerale (2,7%) e il vino (1,5%). In termini di fatturato la birra è la categoria merceologica più importante per il giro d’affari dei grossisti di bevande con un valore delle vendite di circa 1,2 miliardi di euro (quota media del 40% con punte del 50%), mentre in volume pesa il 17,9%. Le migliori performance sono da ascriversi alle birre speciali (+9%) e premium (+3,1%) che insieme valgono oltre il 70% in termini dei fatturati. Mentre al Nord prevale la richiesta di birra in fusto (67,5% dei volumi), al Centro Sud sono più richieste le birre in bottiglia (57,8%). Da parte sua, l’acqua minerale distribuita dai grossisti ha sempre un’incidenza elevatissima in volumi (65%) con punte molto alte (fino all’80%) nel Sud. Anche per l’acqua minerale si assiste a una crescita dei prodotti di territorio per limitare al massimo i costi della logistica e dei trasporti dalle sorgenti al punto vendita.
Zucchero sotto accusa
Bevande gassate e succhi di frutta invece segnano un trend negativo, rispettivamente -3,2% e -3,5% in volumi, influenzato sicuramente dalla tendenza salutistica, con una riduzione delle vendite di prodotti ad alte percentuali zuccherine. Motivazioni analoghe contribuiscono a limitare il consumo totale di aperitivi alcolici (-3,5% in volume), in paricolare quelli monodose (-6,9% in volume). In controtendenza invece i white spirit come rum e gin (+7,1%) ed amari (+2,9%), complessivamente il 50% delle vendite di superalcolici che offrono sempre una buona marginalità.
Gli assortimenti merceologici, infine, sono sempre vastissimi ma più gestibili con la gestione elettronica: solo per il vino ci sono oltre 32mila etichette.