Ancor oggi in alcuni locali l’abbinamento food con cocktail risulta essere troppo scontato (noccioline, olive) o semplicemente casuale, senza alcuna fantasia nella preparazione. Certo non si chiede a baristi e bartender di avere competenze gastronomiche speciali, ma almeno qualche idea e criterio da utilizzare, perché questa situazione non aiuta certo i consumi. Quasi tramontata l’apericena alla milanese con “ricco” buffet, si sta andando verso un aperitivo-rituale su misura (tailore made) in cui niente è affidato al caso, perché il bartender informa il cliente sia sul drink da scegliere (compresi ingredienti ed eventuali twist) sia su un apposito snack di accompagnamento, magari a base di alimenti del territorio e/o di stagione.
Percorso guida
Per questo risulta molto interessante la recente iniziativa di Campari Academy di stringere un accordo con la Scuola internazionale di cucina italiana Alma, fondata nel 2004 a Colorno (Parma) dal maestro Gualtiero Marchesi. Così è nato un apposito corso di food pairing (su iscrizione) che ha avuto il suo debutto sul Campari Academy Truck alla tappa di Firenze durante la Negroni Week, a cui è seguita quella di Roma.
A tenere il seminario sono stati il coordinatore di Campari Academy, il bartender Aldo Bruno Russo, e lo chef Andrea Ruisi di Alma, che hanno tracciato un percorso guida sui fondamenti scientifici e sui criteri di abbinamento cocktail-cibo, allo scopo di esaltare in particolare il rito dell’aperitivo italiano.
Analogia o contrasto
Partendo dalla classificazione dei sapori (dolce, salato, amaro, acido, umami/saporito), è stato evidenziato il ruolo della temperatura che influisce sul gusto: le sensazioni dolci e salate crescono con il caldo, quella acida rimane stabile, quelle amare e piccanti diminuiscono con il caldo. Da parte sua la percezione alcolica tende a crescere con l’aumento della temperatura, mentre lo zucchero aumenta la velocità di assorbimento dell’alcol. Per quanto riguarda gli abbinamenti, si può agire per analogia o per contrasto.
Per analogia: cibo dolce chiama drink dolce; un cibo strutturato vuole un drink simile; l’intensità aromatica del cibo pretende altrettanto dal drink.
Per contrasto (da cui nasce l’armonia): il gusto agrumato del limone riesce ad andare d’accordo con quello zuccherato; quello salato esalta sorprendentemente la dolcezza (come i formaggi stagionati con i drink dolci); la tannicità/astringenza viaggia a braccetto con sapidità/succulenza.
Altri elementi di cui tenere conto, e che influiscono nel bilanciamento dei sapori, sono il ghiaccio e il suo stato (crescente) di diluizione e le guarnizioni di prodotti freschi, spesso agrumate come fette di arancia, lime o limone. Da ricordare che gli stuzzichini acidi, fritti e croccanti stimolano sempre l’appetito.
Chiaramente ci sono vari livelli di foodpairing da proporre, da quello già pronto (olive, chips) a quello più strutturato che richiede qualche competenza nell’uso di attrezzature di cottura. Basta solo tener conto del food cost che il bartender vuol sostenere e del relativo prezzo che il cliente pagherà.