L’indirizzo è noto ma, una volta arrivati, non si scorge nessuna insegna. Solo, facendoci caso, si riesce a intravedere una lettera H maiuscola con un serpente attorcigliato dipinta sul muro di un vecchio e tutelato palazzo d’epoca. Benvenuti all’Himkok, secret bar sui generis, recentemente balzato nella top 20 dei The World’s 50 Best Bars (19° posto). La posizione più alta mai raggiunta da un locale non solo norvegese, ma dell’intera Scandinavia, con ciliegina sulla torta il riconoscimento, sempre nel 2018, del Ketel One Sustainability Award.
Non ci sono password per entrare all’Himkok ma l’ambiente, in una serata infrasettimanale, è silenzioso come uno speakeasy e gli ospiti mantengono un volume di conversazione rispettoso dei vicini. Del resto siamo in Norvegia e l’aplomb nordico non prevede molti schiamazzi. Lo staff tuttavia, guidato dal bar manager Odd Strandbaken e dall’head bartender Maros Dzurus, è cordiale e ben disposto alla conversazione. Si scopre così che l’Himkok è una sorta di gioco di scatole cinesi. La prima “scatola” consiste in un raffinato “mainbar “ collocato a piano terra, ma che è pure una microdistilleria. Al piano superiore si trova invece il “taptailbar” ovvero il bar che si apre nelle serate di massimo affollamento, dove i cocktail selezionati sono proposti alla spina e dove non esiste servizio al tavolo. In quelle serate però si servono qualcosa come 1.700 drink.
Ancora più su infine, al terzo piano, si trova invece l’Apartment, uno spazio riservato a prenotazioni, degustazioni guidate e ospitate di guest barman. Ma non basta. Con la bella stagione si apre, nel cortile, il cidergarden interamente dedicato al mondo del sidro. Himkok non solo ne importa diversi e da differenti regioni del mondo, ma se ne fa produrre alcuni in esclusiva. E, infine, in un altro cortile, anche questo operativo solo da maggio a settembre, ecco il Munnskjenk ovvero uno spazio dedicato agli street food del mondo (ogni anno il menu cambia) dotato di piccolo angolo bar e palco dove le band locali si possono esibire dal vivo. Insomma, decisamente un locale a dir poco camaleontico e dalle molte anime.
Quasi nessun brand
Quello, poi, di voler in qualche modo sovrintendere anche ai processi produttivi, come nel caso dei sidri in esclusiva, è un aspetto che chiarisce la presenza della microdistilleria interna e la pressoché totale quanto voluta assenza di brand commerciali nella bottigliera. Vodka, gin e aquavit, il tradizionale distillato di cereali che si produce in Scandinavia fin dal XV secolo, contribuiscono alla realizzazione di circa l’80% dei cocktail serviti nel locale.
Una sorta di kilometro zero alcolico al quale si aggiunge una forte ricerca d’impiego di ingredienti locali. Due aspetti che, insieme, tratteggiano l’elemento davvero distintivo dell’Himkok. Ampio spazio dunque a piante aromatiche, fiori, bacche e alghe delle terre del Nord che donano un tocco originale ai drink e rendono l’esperienza al bancone del mainbar qualcosa di più di un viaggio sensoriale perché lo staff è pronto a spiegare provenienza e caratteristiche dell’ingrediente locale usato. Inaugurato il 13 aprile del 2015, il locale è diventato presto un punto di riferimento in città e la recente consacrazione nei The World’s 50 Best Bars ha fatto il resto, attirandouna clientela internazionale. Ha la capacità di far convivere anime e pubblico diversi all’interno di uno spazio comune e comunque di uno stile comune di accoglienza: il servizio sartoriale del mainbar, quello rapido e informale del taptailbar, l’atmosfera conviviale della sidreria estiva e la possibilità di riservare per un gruppo di amici l’esclusività dell’apartment.
Un mix di ambienti e atmosfere diverse che sta in piedi sicuramente per la professionalità del team, ma pure per la consapevolezza e il rispetto che sembrano essere nel dna dei norvegesi. O, magari più concretamente, da un unico ingresso da dove si è poi smistati nell’ambiente più adatto al tipo di serata che si vuole vivere.