Champagne Socialist è la definizione inglese che indica chi ha il cuore a sinistra, ma stili di vita e di consumo sofisticati (e, in genere, costosi). Noi, oggi, diremmo radical chic, i francesi parlano, invece, di sinistra al caviale. La definizione è piaciuta a Davide Martelli e Alessandro Longhin, che hanno deciso di usarla in modo ironico per l’insegna del locale che hanno aperto a luglio 2017 a Milano, nella zona di Porta Venezia (quella che è diventata una sorta di Notting Hill in salsa tricolore). Il locale, racconta Alessandro Longhin, è un “covo” dedicato ai vini naturali. «Serviamo solo vini genuini, con una forte personalità. Non vini fatti dagli enologi, ma espressione del territorio e della personalità di ciascun produttore - afferma -. Lavoriamo solo con piccole realtà artigianali che rifuggono dalla chimica e utilizzano lieviti autoctoni e metodologie di una volta, ma con tutte le conoscenze di oggi».
Carta dei vini affidata al racconto
D’altronde, i vini naturali vanno di moda. Champagne Socialist, però, ha anche l’ambizione di proporre un modo diverso di berli. «A Milano - commenta Longhin - ci sono posti molto belli e ben forniti che propongono questi vini, ma l’esperienza di consumo è ancora molto vicina a quella che si vive in una classica enoteca, formale e ingessata. Secondo noi, il mondo del vino naturale deve essere raccontato in modo diverso. Abbiamo voluto destrutturare l’esperienza». Come? In parte ispirandosi a certi negozi di dischi di Berlino, dove il cliente entra, gira tra gli scaffali, parla con il personale, chiede informazioni, scopre sonorità nuove: un luogo dove si parla di musica ascoltandola. Il ruolo del personale di sala, a Champagne Socialist, è analogo. Le bottiglie sono allineate sugli scaffali che tappezzano la sala e un numero scritto sul vetro indica il prezzo per il consumo in loco. Se si compra la bottiglia per l’asporto, il prezzo scende di cinque euro. Non ci sono né sommelier, né carta dei vini. «I nostri wine specialist sono la nostra carta dei vini», dice Longhin. I ragazzi in sala, tutti esperti di vini naturali, propongono, raccontano, spiegano senza salire in cattedra. Il loro compito è instaurare un dialogo con il cliente, per identificare la bottiglia giusta per i loro gusti o per fargli scoprire qualcosa che possa interessarlo o stupirlo. Champagne Socialist, sottolinea Longhin, non è un tempio in cui il vino viene idolatrato. Il rapporto tra l’esperto e il cliente è rilassato, il linguaggio semplice.
«Il vino è raccontato in modo diverso, ma non superficiale. Il personale è in grado di capire le esigenze di chi ha davanti e di parlare la sua stessa lingua». Un ambiente inclusivo che vuole accogliere tutti: dal pubblico più preparato, pronto ad apprezzare anche i vini più estremi, a chi magari è solo curioso e vuole avvicinarsi al mondo dei vini naturali, a chi vuole divertirsi e bere vini buoni e comprensibili. Con prezzi per tutte le tasche. I vini al bicchiere, una dozzina in tutto, costano da 4.50 a 9 euro al calice. Le etichette sono oltre 500, tutte di vini rigorosamente naturali, italiani ed europei, con prezzi che oscillano da 13 a 400 euro la bottiglia.
Come nelle vecchie osterie
Il design del locale si ispira alle osterie popolari di un tempo, con muri scrostati, tavoli di legno e sedie impagliate, menu scritto sulla lavagna, luci fioche. Due le salette. Nella prima, il bancone con qualche sgabello, nella seconda pochi tavoli. L’atmosfera è intima, informale.
Come nelle vecchie osterie, l’offerta food in accompagnamento al vino è limitata, ma, in puro spirito radical chic, è anche molto ricercata. La parte del leone è rappresentata dalle scatolette di conserve artigianali importate da Spagna e Portogallo: tonno sott’olio, acciughe del Cantabrico, sardine, polpo “relleno”, calamari, cozze in escabeche e così via, con prezzi che vanno da 5 a 16,50 euro a seconda del prodotto. In menu ci sono anche un paio di taglieri di salumi e formaggi a latte crudo (12 euro), crostone di pane e lardo (4 euro), caprino fresco con olio e pomodori secchi (4 euro). Anche in questo caso, i prezzi partono da soglie “popolari”, almeno per la piazza di Milano. Lato beverage, le proposte alternative al vino sono pochissime: qualche vermouth naturale e il gin della Casa servito liscio (proviene dalla microdistilleria dal locale “fratello” The Botanical Club). Nessun cocktail. Aggiungiamo, per concludere, che a Champagne Socialist si possono incontrare produttori vinicoli e viticoltori durante le serata di degustazione organizzate con regolarità il sabato. Appuntamenti da non perdere per coloro, consumatori e professionisti, che vogliono approfondire l’onda lunga dei vini naturali, che sembrerebbe andare oltre i confini delle mode. Un movimento che sta contaminando altre categorie: dai distillati, in particolare gin e vodka, alle birre con l’avvento delle specialità non filtrate.