Presentato al Centro culturale svizzero di Milano, l'Annual Report 2018 dell'associazione dei produttori Assobirra ha confermato la positiva stagione che sta vivendo la bevanda a base di malto d'orzo.
In attività dal 1907, Assobirra raggruppa tutti i principali protagonisti della scena imprenditoriale (malterie comprese), dalle società italiane (meno il gruppo Forst-Menabrea) alle filiali italiane delle multinazionali (nell'ordine Heineken, Asahi Europe-Birra Peroni, Carlsberg, Birra Castello-Pedavena, AB-Inbev, Hausbrandt Trieste-Theresianer) alle più vivaci birrerie artigianali (3% del settore), con realtà diverse che producono da 600 hl a 6 milioni di ettolitri l'anno. Un punto di riferimento per tutto il comparto che si attesta su oltre 140mila operatori di settore.
Ecco i principali dati 2018 forniti dal presidente Assobirra Michele Cason, dal vicepresidente Alfredo Pratolongo e dal direttore generale Andrea Bagnolini, intervistati da Alessandro Marenzi, brillante e preparato vicedirettore di SkyTg24.
Giro d'affari della birra in Italia: 3,4 miliardi di euro.
Produzione: 16,415 milioni di ettolitri (+4,7% sul 2017)
Consumi: 20,319 milioni di ettolitri (+3,2% sul 2017)
Consumo procapite: 33,6 litri all'anno (+3,2% sul 2017)
Import: 6,948 milioni di ettolitri (+1,2% sul 2017)
Export: 3,045 milioni di ettolitri (+6,6% sul 2017)
L'incremento riguarda allo stesso modo tutti i canali distributivi, da quello fuori casa (36% del mercato) a quello in casa (64%). In particolare il canale fuori casa (o horeca) vede le confezioni distribuirsi tra lattine (5%), fusti (12%) e bottiglie (83%).
Un aspetto che ancora pesa sulla diffusione (e sui margini) della birra in Italia è l'alto livello di tassazione (sconosciuto al settore vinicolo) con un peso complessivo (Iva + acciuse) che arriva a circa il 60%. Anche se recentemete limata dell'1%, la quota di accise (tassazione fissa, non variabile come l'Iva) incredibilmente pesa e penalizza le birre più economiche, prevalentemente consumate a pasto dalla maggior parte dei 35 milioni di bevitori italiani.
Sulla quota di valore della birra pesa anche la filiera agricola italiana che, a oggi, non produce oltre il 40% del malto di orzo, per il resto importato da altri Paesi europei (Germania e Francia in testa). Per non parlare del luppolo che storicamente proviene ancora da altri Paesi europei (Germania principalmente) e ultimamente anche dall'America per aromatizzare la tipologia Ipa (India Pale Ale) di crescente successo.
Tre sono i macrotrend che sono alla base di questo successo: produzioni legate al territorio, carattere salutistico di una bevande generalmente a basso grado alcolico, grande varietà di tipologie, spesso originali e innovative (oltre 7mila etichette). il tutto in un contesto di moderazione del consumo di bevande alcoliche (tranne poche isole) e di diffusi crescenti consumi femminili (oltre il 70%) che non hanno eguali in Europa.