Mocktail significa cocktail finto. In italiano suona come cocktail da moccioso. Analcolico, con poca verve e per questo meno sexy? Forse un tempo, oggi no. Fortunatamente le cose sono cambiate. Siamo lontani gli anni Duemila quando sui banchi sfilava ancora un mesto esercito di miscelati senza nome, senza patria, relegati agli angoli bui del menu. Erano i “cocktail alla frutta della casa”. Una banda poco allegra in cui spiccavano succhi di frutta, più o meno distinguibili, serviti con ciliegina color rosso marziano, in un bicchiere in cui svettava una testa di delfino ricavata dalla decapitazione di una banana. L’evoluzione dei costumi, gli astemi per scelta religiosa o di salute, i maniaci delle calorie e la stradale, che giustamente non perdona gli sgarri, hanno portato sempre più persone a scegliere analcolici o low alcohol drinks, cocktail a basso contenuto alcolico. Ma cosa si intende esattamente per cocktail low alcohol e analacolici?
Case history di successo
Sulla base del loro contenuto alcolico le bevande miscelate rientrano in tre grandi “famiglie”. Le Nad (non alcoholic drinks) hanno un contenuto alcolico uguale o inferiore all’1% in volume; le Mad (medium alcholic drinks, tra i 2 e i 21 gradi) e le Vad, very alcoholic drinks, sono sopra la linea dei 21 gradi. Usiamo espressioni inglesi non sono solo per forma, ma per ragioni di cronaca. È successo che a New York, all’incirca negli stessi luoghi nei quali Carrie e le altre ragazze di Sex and the City, negli anni Novanta, facevano baldoria con Cosmopolitan e martinis, ha aperto un anno fa un locale speciale. Speciale a cominciare dai suoi conduttori: Dave Arnold, innovatore che applica un approccio scientifico a ogni sua creazione; Don Lee, una delle menti più brillanti del settore e Greg Bohem, fondatore di Cocktail Kingdom, colosso nel settore delle attrezzature per bar e bartender. Il terzetto ha dato vita a al locale Existing Conditions, un progetto in cui si valorizzano in egual misura i cocktail alcolici e analcolici. Lavorano con prodotti freschi, utilizzano centrifughe, chiarificano con gusto, refrigerano con azoto liquido e fanno tutto il necessario per assicurarsi di dare la giusta dignità ai loro “pesi leggeri”.
Per lo stesso prezzo - 15-16 dollari – offrono drink alcolici e analcolici. Giusto per ribadire il concetto che non ci sono cocktail di serie A o serie B e che non è la quantità di alcol a fare la differenza in termini di qualità della mistura. Tanto più che l’analisi sensoriale parla chiaro. È infatti tra i 12 ed i 16 gradi alcolici che il nostro palato più facilmente riesce a distinguere ed apprezzare i sapori, ed è all’interno di questa forbice che ancora si ritrovano la maggior parte dei cocktail più bevuti. Questa offerta seria dell’Existing Conditions risponde a una domanda altrettanto rilevante. Quella di un pubblico che cerca alternative più sobrie rispetto al passato. È eloquente il boom dello Spritz in America. Si pensi che il Caffè Dante di New York, al 9° posto dei World’s 50 Best Bars, ha fatto del drink veneto uno dei suoi cavalli di battaglia. Questa semplice bevanda - medium alcoholic cocktail da undici gradi alcolici - nata tra Venezia, Padova e Treviso, è stata trasformata in un oggetto “cool”. Ha subito quello che nel mondo dell’immobiliare è chiamato processo di gentrificazione. Questo fenomeno ha alimentato il fronte sia degli estimatori sia dei detrattori. Normali incidenti di percorso quando qualcuno o qualcosa ha successo. I numeri in Italia, quando si tratta di Spritz, parlano chiarissimo. Una recente ricerca che Bargiornale ha commissionato a Centro Marketing, centro studi del Gruppo Tecniche Nuove, per fotografare i best seller dei bar italiani (3.000 gestori coinvolti, ottobre 2018) rivela che lo Spritz è al primo posto con il 63,8% delle preferenze. Tradotto: due italiani su tre ordinano uno Spritz. Tornando a New York è utile sapere che la domanda di bevande leggere è alimentata da gruppi e associazioni che promuovono uno stile di vita più sano come Sober Curious Movement, composto da chi non vuole etichette (dentro o fuori dall’alcol), ma desidera sentirsi semplicemente libero di scegliere.
Fondato da Ruby Warrington del Club Soda NYC propone un approccio più consapevole alla nostra vita (alcolica) di tutti i giorni. Per intercettare questo nuovo e ampio pubblico alla ricerca di mocktail di qualità ha aperto a Brooklyn il Getaway Alcohol-Free Bar. A primo sguardo, un classico cocktail bar. Ma osservando il menu e gustando i suoi drink ci si accorge di essere capitati in un mondo - analcolico - a parte. Fatto di cocktail speziati, agrumati, con ingredienti tropicali cordiali analcolici e shrub fatti in casa (nella foto). Qui dicono a buzz without a buzz. Una bella sbronza, ma senza sbronzarsi.