Chi negli ultimi mesi - per l’esattezza da aprile in avanti - ha ricevuto da Sky il nuovo decoder, (forse) si è accorto di una cosa. Non ci ha trovato dentro nessun pezzo di plastica usa e getta. “E che sarà mai” uno potrebbe pensare. Davvero una piccola cosa, costata un grande impegno. Ma con un risultato impressionante: in un anno si sono prodotte 175 tonnellate di plastica monouso in meno, l’equivalente di 19 camion dei rifiuti pieni. Ancora dell’idea di “E che sarà mai”? Allora sentite questa: 500mila bottigliette e un milione di bicchierini in plastica usa e getta in meno in un anno. Fa ancora più impressione, no?
Sono alcune delle conseguenze prodotte dalla scelta di Sky di diventare un’azienda plastic free, ovvero di eliminare del tutto la plastica monouso negli uffici, nei prodotti ecc. L’iniziativa si chiama “Sky Ocean rescue - Un mare da salvare” ed è nata a inizio 2017 per iniziativa del ceo di gruppo Jeremy Darroch come reazione alla notizia che, se non cambiano i modelli di comportamento, entro il 2050 nei mari del pianeta il peso della plastica supererà quello dei pesci. “Le sfide che la società si trova ad affrontare oggi sono vaste e complesse - ha dichiarato Darroch -. Ed è per questo che le aziende leader devono promuovere e mettere in atto il cambiamento”.
Già, ci si chiede, ma ci vogliono tre anni per eliminare la plastica monouso? Provate a pensare di doverlo fare voi: mica facile, figuriamoci in un’azienda. Ci sono i sacchetti, le fascette fermacavi e il polistirolo nelle confezioni dei decoder, le bottigliette alle macchinette, i bicchieri e le palette alle macchine del caffè, le buste della tintoria dei vestiti di scena, i contenitori per il cibo dei concorrenti di MasterChef... Un elenco davvero impressionante.
Al fare si affianca il comunicare. L’obiettivo è ispirare, cioè coinvolgere più persone possibile in scelte virtuose come l’eliminazione o la riduzione della plastica monouso: «Il solo Sky Tg24 - racconta Serena Chiama, responsabile della comunicazione interna e della “Bigger Picture” - in due anni e mezzo ha prodotto oltre 400 contenuti sul tema della salvaguardia dei mari. Ma la realtà è che tutta l’azienda è impegnata in questo lavoro di sensibilizzazione e di semina culturale, che finisce per produrre sempre nuovi contenuti dedicati, come è accaduto per la semifinale di X-Factor dello scorso anno, e nuove iniziative, come la livrea studiata per lo Sky Racing Team VR46 a Misano».
Il terzo pilastro di questo impegno poggia su un gruzzolo di 28 milioni di euro: è la dotazione iniziale del fondo di investimento Sky Ocean Ventures, istituito per finanziare progetti e start-up che studino, sviluppino e lancino soluzioni innovative per ridurre l’uso della plastica. Il primo dei sei progetti ad oggi finanziati - visibili sul sito del fondo - è in dirittura d’arrivo: il lancio sul mercato è previsto entro fine anno. Si tratta dell’acqua Choose Water, una minerale delle Scottish Highlands confezionata in una bottiglia completamente biodegradabile (in meno di un anno) da una start up che ha stabilito di devolvere tutti i profitti all’ong Water for Africa, impegnata in progetti per portare l’acqua potabile alle popolazioni africane.
Nella veste di responsabile della comunicazione interna e della strategia di responsible business, Serena Chiama ci aiuta a capire come declinare questa sensibilità anche al bar.
In che modo una piccola azienda come un bar può trarre ispirazione dall’esperienza di Sky e fare la propria parte nel ridurre la plastica monouso?
La prima considerazione da fare è che tutte le ricerche mostrano come i giovani stiano sempre più orientandosi verso le aziende che si impegnano a ridurre o eliminare l’uso della plastica. E che questa tendenza è in crescita. Quindi chi deciderà per primo di sposare questa scelta avrà un vantaggio sugli altri.
Naturalmente, le grandi aziende come Sky hanno la forza per spingere i fornitori ad adottare soluzioni innovative, come abbiamo fatto noi ad esempio chiedendo di sostituire i bicchierini del caffè in plastica con quelli in carta o le bottigliette d’acqua con boccioni e borracce. Una sfida che i nostri fornitori hanno raccolto non senza fatica, anche se con il senno di poi questo sforzo si è trasformato in un vantaggio, perché li ha spinti a fare per primi qualcosa che oggi sempre più aziende richiedono.
Oggi sono sempre di più le aziende che puntano sul tema plastic free.
Sì, e la tendenza e i numeri sono destinati a crescere. Questo si trasformerà in un vantaggio per quei locali che magari rinunceranno per primi alla plastica, per esempio nei servizi di catering, e che potranno proporsi come fornitori locali. Noi, da parte nostra, siamo ben lieti di raccontare ad altre aziende come abbiamo fatto, per aiutarle a fare lo steso percorso facendo tesoro dei nostri errori e di quello che abbiamo imparato.
Tornando al bar. Un freno è: le alternative sono costose.
Oggi è ancora così, ma è solo una questione di tempo. Ma ognuno può essere un agente capace di accelerare il cambiamento, non importa quanto piccolo sia.
È sempre una questione di domanda e offerta. E spesso è una nuova domanda a creare l’offerta. Così, come succede che al terzo o al decimo cliente che fa notare che non gradisce la cannuccia di plastica un barista comincia a farsi delle domande, allo stesso modo può cominciare a sua volta a fare domande o a chiedere alternative ai propri fornitori. Al terzo gestore che chiede, anche il fornitore si farà delle domande e si attiverà per cercare soluzioni. Sta succedendo nella grande distribuzione, dove si assiste al graduale ritorno del vuoto a rendere in vetro. Succederà anche nel mondo dei locali.