Fedeli a quanto avevano dichiarato durante il lockdown, alla riapertura dei bar i clienti si sono concessi le due cose che avevano dichiarato mancare loro di più: il caffè e l'aperitivo.
La colazione e l'aperitivo - secondo le rilevazioni di The Npd Group relative alle prime due settimane di riapertura - sono state quelle che hanno dato i migliori risultati.
Certo, siamo ancora su numeri bassi: «Per il fuori casa la seconda settimana dopo la riapertura - afferma Matteo Figura, responsabile della divisione Food Service di The Npd Group Italia - ha chiuso con un fatturato pari alla metà di quello fatto a inizio anno. Di certo il bar, grazie in primo luogo all'aperitivo, è stato più veloce a ripartire rispetto al ristorante. Dopo un lungo digiuno, ha prevalso la voglia di concedersi quel che era più mancato. Ma ci vorrà ancora del tempo prima che queste occasioni tornino ad essere delle abitudini».
Secondo Figura, come già avvenuto in Cina: «Il mercato ripartirà dalle occasioni più funzionali legate al ritorno alla vita normale come per esempio colazioni, pranzi durante le ore di lavoro o spuntini durante la giornata».
Manca la pausa pranzo
L'occasione che finora è rimasta al palo è la pausa pranzo: «Un fenomeno per certi versi inatteso - spiega Carlo Meo, ceo di Marketing&Trade -, ma comprensibile alla luce del fatto che molti uffici, specie nelle grandi città, sono ancora chiusi, e anche il traffico turistico è ridotto al minimo».
Quali strategie adottare? «Di certo chi apre adesso ha meno concorrenza: è il momento giusto per catturare i clienti, almeno quelli che ci sono. Occorre semplificare i menu ed essere un po' aggressivi sui prezzi».
Sull'aperitivo, il rischio è «un generale scadimento della qualità - spiega Meo -. L'aperitivo sembra quasi essere diventato un rito di massa, soprattutto tra i ragazzi, meno sensibili al tema della sicurezza. Ma sta mancando la mixology di qualità, che è stata la protagonista della trasformazione del mondo serale».
Nuovi riti e nuovi clienti
Un elemento di riflessione è come il cambiamento delle abitudini, specie nelle grandi città, stia modificando il tipo di clientela a cui i bar possono rivolgersi: «In settimana - afferma Meo - con molti lavoratori ancora a casa, può essere interessante orientarsi sulla clientela di quartiere, che magari lavora da casa e ha voglia di farsi una pausa. Soprattutto se possiamo offrire uno spazio all'aperto, visto che la grande voglia di stare all'aperto delle persone».
E i locali del centro o delle aree turistiche? «Vero che il turismo manca, ma non trascurerei, nel fine settimana, quel turismo di prossimità fatto dalle persone che magari lavoravano in centro e abitavano fuori e adesso approfittano del weekend per tornare a vivere la città da un nuovo punto di vista. O da chi nel fine settimana prende la macchina e va a visitarsi la città con la scusa che adesso è più godibile rispetto al normale».