Fiducia, rispetto, dono: sono le parole chiave su cui costruire il futuro dell’azienda, che sia un piccolo bar o una grande attività fa poca differenza. Fiducia e rispetto come basi della relazione tra il titolare (l’imprenditore) e i propri dipendenti, dono come atteggiamento nei confronti dei clienti (attenzione: non c’entra niente con il regalare qualcosa).
A suggerirle è Marisa Ferrara, consulente e formatrice esperta nella gestione delle relazioni interpersonali sul lavoro e convinta assertrice dell’importanza dell’usare le parole giuste nella comunicazione professionale.
«La fiducia è la base di tutto - spiega -. Ed è ancora più importante costruirla oggi, in tempi difficili, quando potrebbero prevalere i dubbi, le incertezze, addirittura lo sconforto. Perché nessun imprenditore è in grado di portare avanti la propria attività da solo. Ha bisogno dei collaboratori. Più sono coinvolti, meglio lavorano. Più c’è fiducia, più cresce l’impegno e la collaborazione».
Facile a dirsi... «Va costruita mattoncino su mattoncino, con comportamenti coerenti e con una modalità di comunicazione conseguente. Una delle abitudini più diffuse è il puntare il dito, per incolpare o sgridare qualcuno, perché non ha fatto bene, ha sbagliato. Oppure si accusa la persona: “sei un incompetente”, “sei un incapace” e via peggiorando. Più si procede su questa strada, più il dipendente tenderà a ridurre l’impegno, il coinvolgimento, le prestazioni, la motivazione. E magari arriva a sviluppare astio, o rancore, che finisce inevitabilmente per “inquinare l’atmosfera” sul luogo di lavoro, nel bar, ed essere percepito anche dai clienti. Se uno comunica sempre nello stesso modo, otterrà sempre gli stessi risultati. E gli stessi comportamenti. Che non potranno che, nel tempo, peggiorare. È davvero quello che si desidera per la propria azienda?» (Leggi anche: "Parliamo del nemico?").
Le regole per una comunicazione efficace
Quali, allora, i suggerimenti per chi vuole adottare una comunicazione capace di costruire fiducia e collaborazione? «Parlare in prima persona - “io credo, io penso, io sento” -, ascoltare, cercare di capire il come e il cosa e non il perché, far riflettere sulle conseguenze delle proprie azioni, sollecitando una soluzione condivisa: “Cosa ne pensi se facciamo così? Secondo te potrebbe piacere ai clienti questa soluzione? Passare dal dare un giudizio a esprimere un opinione: “io penso che quello che hai fatto andrebbe migliorato, perché...”. Se si costruisce una soluzione insieme, piano piano si crea fiducia. Il collaboratore si sentirà più responsabilizzato e protagonista. Non è un processo immediato, richiede un tempo e un percorso: ma il risultato è avere dipendenti più coinvolti, più partecipi, più interessati al buon andamento dell’azienda».
La fiducia può, auspicabilmente, diventare ammirazione: «Se un dipendente ammira il datore di lavoro, cercherà il più possibile di assomigliargli, di fare come lui. Garantirà il suo impegno per raggiungere gli obiettivi comuni e migliorare il modo di lavorare. I dipendenti finiscono per essere lo specchio delle azioni, delle priorità e dei valori dell’imprenditore».
L'importanza del rispetto reciproco
Alla base della fiducia, Ferrara mette il rispetto. Reciproco: l’imprenditore verso i dipendenti e, di conseguenza, i dipendenti verso l’imprenditore. «Rispetto per quello che mi dici. Rispetto per il lavoro che facciamo. Rispetto per la struttura che dobbiamo portare avanti». Fiducia e rispetto crescono e si rafforzano di pari passo: «Non può esserci una senza l’altro». Una squadra fondata su fiducia e rispetto avrà posto le basi giuste per fare ospitalità d’eccellenza.
La potenza del dono (e della sorpresa)
E qui arriviamo alla terza parola chiave: il dono. Di cosa parliamo? Non certo di regalare consumazioni, buoni o quant’altro. Il tema qui è l’attitudine verso il cliente: «Nei lunghi periodi in cui i bar sono stati chiusi - afferma Ferrara - moltissimi clienti hanno fatto sentire il loro supporto: venendo lo stesso a consumare, anche d’asporto, o semplicemente comunicandoci quando eravamo importanti per loro. Ora che si riprende a lavorare, è il momento di ricambiare le attenzioni ricevute. La chiave è puntare a sorprendere i nostri clienti con un dono incondizionato. Non per forza qualcosa che abbia un valore economico: potrebbe essere un disegno sul cappuccino, il pensiero o la battuta del giorno scritti su un biglietto da portarsi a casa, una caramella per il figlio. Qualsiasi cosa che possa fare uscire il cliente dal locale con un sorriso. O comunque più contento di quando è entrato».
Riuscire a sorprendere il cliente donandogli un momento speciale è uno dei modi più potenti per fidelizzarlo: «E di questi tempi, in cui sono tutti bombardati da notizie negative e da preoccupazioni, può fare davvero la differenza. Crea con i clienti una relazione durevole, molto più di qualsiasi sconto».
Obiezione: “Sono solo belle parole: qui dobbiamo lavorare, non abbiamo tempo per le smancerie”.
Riposta: «Oggi i clienti sono cambiati, sono più esigenti e meno fedeli. Ciò che fa davvero la differenza è la qualità dell’esperienza che vivono».