Lavoratori stagionali: cambiano le regole d’ingaggio

Courtesy LuckyLife 11/Pixabay
Turni unici, giorno libero, alloggi decenti, formazione: le nuove richieste dei lavoratori stagionali emerse dall'indagine di Lavoroturismo.it

Locali a caccia disperata di personale, candidati meno "pronti a tutto" di prima: il mondo dell'ospitalità rischia il cortocircuito? Al di là delle opinioni personali (ogni imprenditore ha le proprie, giustamente), ci sono dati di realtà che è opportuno considerare, indipendentemente dal fatto che si considerino giuste o sbagliate. Per quale motivo?

Facciamo un esempio, un dialogo (neanche tanto) immaginario tra un gestore (G) e un osservatore esterno (O).

G: "Ho sempre fatto lavorare con turni spezzati, non vedo il motivo per cui cambiare".
O: "È un ottimo modo, se funziona. Ma oggi si trova sempre meno gente disposta a fare turni spezzati".
G: "È perché la gente non ha più voglia di lavorare".
O: "Può darsi, ma è vero che hanno esigenze diverse. Si possono giudicare eccessive, sbagliate, assurde ecc. Ma chi le soddisfa, ha più probabilità di altri di scegliere le persone. Gli altri, si devono accontentare. Se e finché trovano".

L'identikit del lavoratore stagionale

Fantascienza? LavoroTurismo.it (totalmente estraneo al dialogo immaginato sopra, frutto solo della fantasia dell'autore dell'articolo) ha provato, a fine stagione estiva 2021, a tracciare l'identikit del lavoratore stagionale. Qui sotto trovate i risultati del sondaggio "Estate 2021. Come è andata?" (per visualizzare il grafico completo occorre cliccare sopra l'immagine).

«Abbiamo ritenuto utile raccontarli adesso - spiega Oscar Galeazzi, fondatore di Lavoroturismo.it, storica agenzia di ricerca e offerta di lavoro per il mondo dell'ospitalità - proprio mentre la ricerca di personale stagionale è in pieno svolgimento, per dare agli imprenditori qualche strumento di comprensione in più sull'evoluzione del mercato». L'estate 2021 è stata sicuramente anomala, tra l'incertezza del prima e i sussidi del lockdown: «Molti hanno finito per rinunciare alla stagione e rimanere nel proprio territorio: un po' perché sono stati chiamati molto sottodata e per meno mesi che in passato. Anche i sussidi ricevuti hanno avuto una loro influenza, in particolare per gli stranieri che sono rimasti nei loro Paesi».

Cresce il peso delle condizioni non economiche

«Il primo elemento che salta all'occhio è che la retribuzione non è più, come fino al recente passato, il fattore principale nella scelta; è sceso al terzo posto, superato da orari di lavoro e benessere sul posto di lavoro. Un cambiamento significativo, visto che gli stagionali - tradizionalmente - sono le persone più attente alla remunerazione, dato che vogliono massimizzare i guadagni che ottengono nei mesi in cui lavorano. Cosa è cambiato? Che i giovani danno più importanza alla coerenza del lavoro rispetto ai propri valori».

Galeazzi sottolinea due altri elementi: i turni e l'alloggio. «Sull'alloggio si è alzato il livello di aspettativa - spiega -. La maggior parte delle aziende non prestano sufficiente attenzione a questo aspetto, che invece sta diventando sempre più importante, anche nelle scelte se accettare o meno un posto di lavoro. Piazzarli nello scantinato umido o nel caldo della lavanderia non è (più) accettabile. Un'idea potrebbe essere seguire l'esempio della Germania, dove sono state create - tra gruppi di aziende - delle case del personale apposta per alloggiare i dipendenti».

Quanto agli orari, le persone chiedono turni unici e orari migliori: «Il giorno libero, un tempo considerato "optional" oggi è - giustamente - considerato irrinunciabile dalla maggioranza dei lavoratoti. E molti locali, a loro volta, scelgono di chiudere un giorno a settimana. Crescono anche i locali che organizzano il personale su due turni (8-16 e 16-24) o con un turno corto e un turno lungo, ad esempio 10-15 e 16-1 di notte, creando due squadre, in modo da permettere o ogni dipendente di fare un turno unico e non spezzato».

Relazioni positive e gap formativo

Galeazzi sottolinea come, in generale, prevalga un buon clima nella relazione imprenditore-dipendete: «I lavoratori hanno dato una valutazione complessivamente positiva dei loro dati di lavoro, e lo stesso gli imprenditori verso i propri dipendenti».

Il punto debole è la formazione: «Tre quarti dei dipendenti non ritiene di avere carenze da colmare. Ma la realtà è molto diversa, a partire dalla conoscenza delle lingue».

Ma vale la pena spendere per formare un dipendente che starà solo pochi mesi? «Un periodo, anche breve, di formazione iniziale è indispensabile per trasmettere ai dipendenti i propri valori e gli standard su cui vogliamo impostare il servizio al cliente. E occorre dare delle prospettive di crescita alle persone. Le catene lo fanno in modo sempre più importante. Il rischio è che si accaparrino i migliori talenti a spese degli indipendenti».

2 Commenti

  1. Esiste un mercato parallelo di medio piccole aziende in particolare di servizi che operano quasi esclusivamente con retribuzioni in nero confidando nei pochi controlli e dell’assenza delle OOSS,danneggiando il serio e credibile mercato del lavoro !!!

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