Il giusto prezzo dell’espresso? Si riapre il dibattito

Espresso
Recenti episodi saliti agli onori della cronaca hanno aperto la strada a un confronto su ampia scala sul tema. Allontanarsi dalla logica dell’euro a tazzina è sempre più un’urgenza

Bargiornale ha più volte affrontato la tematica del prezzo dell’espresso al bar, per il quale una larga platea di esperti ha osservato come il rimanere ancorato a 0,80-0,90 ed anche 1 euro non sia più sostenibile per l’intero settore. A cominciare dai coltivatori, che soffrono per le bassissime quotazioni del caffè fino ad arrivare ai baristi che, con un cassetto medio di un locale italiano di 350 euro al giorno e un guadagno del 10%, difficilmente può stare in piedi.

Vogliamo un prezzo equo per l’espresso è stato il tema quantomai attuale organizzato dalla nostra rivista a Sigep 2020, coinvolgendo professionisti ed esponenti delle diverse associazioni del caffè (Aicaf, Iei e Sca Italy). Osservava allora Francesco Sanapo, il primo ad avere proposto nel 2014 nel suo locale Ditta Artigianale in via de Neri a Firenze, l’espresso a 1,50 euro: «Non è stato semplice. Mi sono trovato di fronte a situazioni difficili, in cui ho messo la faccia, spiegando il motivo del prezzo. Ditta Artigianale è formata da diversi baristi e torrefattori competenti, che hanno reso necessario un aumento del prezzo. È scandaloso pensare di pagare un euro la tazzina, persino a prescindere dalla qualità; ed è impossibile se si ha un barista che ha seguito un percorso formativo di livello». La mancata comprensione da parte di un cliente di questo valore aggiunto e l’assenza della specifica merceologia nel menu (tuttavia disponibile nella lista visibile con il Qr code), hanno portato alla denuncia del locale per un decaffeinato venduto a 2 euro e la consegna di una multa di 1000 euro da parte della Polizia municipale di Firenze. Per molti operatori del settore si è trattato di un salto nel passato (purtroppo ancora molto presente) con la logica dell’euro a tazzina.

A fronte di ciò, Sca Italy vuole aprire un tavolo di discussione con figure fondamentali del panorama del caffè italiano per portare il dibattito sul prezzo della tazzina di caffè a un livello più ampio. Lo scopo di questo progetto sarà valorizzare la qualità del caffè, l’investimento nelle attrezzature e la professionalità che oggi sono il credo di molti baristi italiani. Chi vuole partecipare raccontando la sua storia può scrivere a iinfo@scaitaly.coffee.

Hanno preso la parola sull’argomento anche due figure da sempre impegnate nella divulgazione della cultura del caffè quali Andrej Godina e Mauro Illiano, che osservano come si sia innescato un cortocircuito tra chi considera il caffè un prodotto “nazional-popolare” che non “può” staccarsi da soglie minime (0,80-1 euro) anche a costo di non vedere riconosciuto il giusto compenso a chi lo produce, lo lavora e lo trasforma nella bevanda che gli italiani amano: il primo e l’ultimo anello sono i più deboli della catena, spesso sottopagati e vincolati a una costante precarietà, per soddisfare la miopia di baristi che non sanno fare bene i conti e di consumatori che ignorano tutto ciò o, francamente, “se ne fregano”. «La risposta da dare a questo sistema è innanzitutto la differenziazione del prezzo della tazzina al pubblico, così come accade in un’enoteca con i differenti tipi di vino – afferma Andrej Godina -. Il caffè della casa deve avere un prezzo minimo di almeno 1,50-2 euro che dipende dalla qualità del prodotto e dalla qualità del servizio offerto. A seguire, una carta con  differenti tipi di caffè e diversi sistemi di estrazione (filtro, french press, cold brew, per citarne alcuni), ognuno con il proprio prezzo. Nessuno, credo, si scandalizza se un calice di vino di una particolare annata e di grande pregio costa 15 o 20 euro, la medesima cosa deve avvenire anche per caffè altrettanto pregiati». Al fine di dare più valore alla propria offerta, Mauro Illiano propone di puntare sulla carta dei caffè: «in veste di curatore della prima Guida dei Caffè e delle Torrefazioni d’Italia avverto forte la necessità di supportare e incentivare tutti i protagonisti interessati a stilare le Carte dei Caffè, che permettano finalmente di sdoganare la tazzina dalla sua costante di prezzo. Ad esempio, come si può pensare di porre sullo stesso piano economico un caffè coltivato in piantagioni intensive a cielo aperto e uno ottenuto da piantagioni site nei luoghi più angusti e impervi del pianeta? E caffè che hanno subito lavorazioni complesse? E paragonare il prezzo di tazzine composte da sola qualità Arabica con miscele a prevalenza Robusta, senza considerare l’enorme varietà qualitativa di entrambe le specie? Il discorso potrebbe continuare per ore, passando da considerazioni di tipo politico, burocratico, ambientale, industriale, questioni afferenti la diversa geografia dei Paesi produttori, il differente costo della manodopera, l’eterogeneità della legislazione vigente nel mondo, e tanto altro ancora. Ma è bene riportare l’attenzione sulla necessità di iniziare a identificare, dividere, classificare ed organizzare il caffè, anzi i caffè, realizzando delle vere e proprie carte, esattamente come avviene per il vino da diversi decenni. Solo così sarà possibile donare a ogni caffè la sua dignità e trasferire al consumatore il senso e la necessità di stabilire diversi prezzi per diversi caffè».

Il neuromarketing applicato al prezzo dell’espresso è un ulteriore interessante intervento sul tema realizzato lo scorso febbraio da Davide Cobelli, titolare di Garage Coffee Bros. e di Coffee Training Academy, che ha osservato: «Io nutro da sempre un’idea che spesso condivido con i professionisti che incontro: l’espresso è una bevanda che richiede un tempo relativamente breve di preparazione, ma soprattutto un brevissimo tempo di consumo in pochi sorsi. Questo è il suo grande problema in quanto il cliente finale, nella sua mente, da sempre attribuisce un “valore temporale” a ciò che acquista o consuma, parametrato al tempo del consumo. Questo valore attribuito è tanto inferiore quanto più è breve il tempo di consumo». Il neuromarketing offre alcuni interessanti spunti, che passano tra l’aumento della percezione di valore della bevanda, della professionalità al banco bar e della comunicazione, indispensabile per generare nei consumatori una coscienza al consumo consapevole. Dunque, al giusto prezzo.

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