Al centro del mar di Norvegia, a due ore di navigazione dall’Islanda, si trova un arcipelago di 18 isole non così grandi per estensione e quasi tutte collegate attraverso tunnel sottomarini. Le Fær Øer – che solo di recenti sono diventate una delle mete del Nord Europa più ambite anche dal turista occasionale – sono un luogo remoto, con condizioni metereologiche non particolarmente sorridenti e una percentuale di pecore superiore agli abitanti. La popolazione risiede soprattutto nella capitale, Torshavn, luogo dove si hanno le partenze principali verso isole limitrofe e gli altre stati, il porto commerciale e turistico, il principale smercio di pesce fresco e tutte le municipalità di riferimento. Ogni isola è caratterizzata da paesini frammentati, agglomerati di case apparentemente dimenticati ma che in realtà godono tutti di un appezzamento di terra proprio.
Difficilmente gli abitanti si ritrovano la sera in luoghi comuni come bar o ristoranti perché se in linea generale non sono molti gli indirizzi destinati alla socialità, qui sembra in qualche modo mancare una vera e propria cultura della convivialità condivisa, dell’indirizzo più o meno mondano, della novità gastronomica. Lo stare insieme si vive ancora molto nelle case, facendo visita a familiari e amici, spesso portando in omaggio una bottiglia di acquavite o di birra locale.
Un mastro birraio italiano nell’estremo Nord
Lo sdoganamento del consumo di alcolici è arrivo alle Fær Øer solo negli anni Novanta e questo ha automaticamente portato un ritardo su tutto il comparto, compreso quella della produzione e della qualità connessa a essa. Alessandro Ersettigh sbarca sulle isole un paio di anni fa proprio grazie alla visione di cinque imprenditori locali che hanno deciso di farsi portatori di un cambiamento sociale ancora prima che economico. OY Brewery è infatti il primo vero e proprio progetto di birra artigianale faroese, con una sede che è allo stesso tempo luogo di produzione e birreria con cucina. Ersettigh è originario di Udine ma dopo aver lasciato l’Italia a diciotto anni diventa cittadino d’Europa girando Norvegia e Paesi Baschi, Inghilterra, Spagna studiando e formandosi come mastro birraio. «Attualmente abbiamo sette birre stabili tutto l’anno e stiamo per introdurne alcune nuove entro la fine del 2023. Lavoriamo tanto di produzioni stagionali, avendo un’estate breve ma in cui i consumi si impennano e in cui ci divertiamo a fare edizioni limitate, più sperimentali nonché collaborazioni con terzi».
Anche per questo prodotto, le difficoltà sul reperimento della materia prima non mancano: «Alle Fær Øer sicuramente l’acqua è incredibile e potete stare certi che qui sarà sempre buonissima. Per il resto, non esistono malterie quindi il nostro malto arriva principalmente dal Belgio. Al momento stiamo lavorando alla prima ricetta di birra faroese biologico – la prima anche per OY Brewery – con due tipologie di luppoli bio, uno polacco e uno francese» racconta Alessandro.
La birreria
La birreria si presenta come un grande garage su strada, con i tini di fermentazione a vista, tavoli e panche spartane e un bar con oltre venti spine dove servirsi. Lo shop è aperto al pubblico tutti i giorni non solo per gadget e merchandising, ma proprio per l’acquisto diretto di quasi tutte le birre a campionario in lattina. OY Brewery è aperto a pranzo alcuni giorni della settimana ma è soprattutto nel weekend e a partire dal tardo pomeriggio che si viene qui per una pinta e uno snack dalla cucina. La proposta food è incentrata su braci e carne, con uno smoker gigante a vista, friggitrice sempre in funzione e tutto ciò che serve per accompagnare una bevuta incalzante come la birra è solita chiamare.
«Abbiamo sette fermentatori da 6.000 litri, quattro da 4.000 litri e due sperimentali da 2.000 litri l’uno. Il birrificio ha una produzione massima di circa 900.000 litri all’anno e in estate arriviamo a quasi 75.000 litri al mese. Siamo cresciuti costantemente nel tempo e oggi con l’incremento del turismo siamo uno dei pochi luoghi di ritrovo della capitale che ancora ha prezzi accessibili e una proposta in qualche modo democratica». Ritrovarsi intorno a una birra artigianale e di qualità – qualcosa che a noi oggi sembra scontato e ordinario – inizia solo ora alle Fær Øer a essere usanza, pretesto e occasione per tessere nuove dinamiche di socialità. In fine dei conti a una buona Pils non sarebbe mai giusto rinunciare!