Ci siamo immaginati il (bel) bar del futuro. E l’abbiamo costruito attorno a dieci parole chiave. Da memorizzare per lavorarci sopra.
A partire dal termine premium con il quale non intendiamo un concetto legato alla fascia di prezzo, ma un modo per definire tutti i manufatti creati con attenzione e cura artigianali. Quei prodotti pensati per il benessere, nel senso più ampio del termine, nati per soddisfare un consumatore che, nell’era del “call by brand”, sceglie cosa bere (o mangiare) chiamandolo per nome e cognome. Non esiste più il generico Gin Tonic, ma il drink preparato con quel gin e con quella tonica.
All’alba del 2024, è facile prevedere anche un aumento di popolarità dei brand eco o, per meglio dire, etici. Referenze che hanno come comune denominatore valori come la responsabilità sociale, la sostenibilità, la condivisione unita alla convivialità.
L’altro aspetto su cui insistere, e che rappresenta sempre di più il reale motivo per cui un ospite è motivato a uscire, è la teatralità dell’esperienza. Perché se è vero che il banco è un palco e il barman l’attore, al bar tocca offrire uno spettacolo memorabile. Un’esperienza, anche qui premium, che può essere messa in campo solo da chi è in grado di generare un racconto credibile. Una narrazione che identifichi il bar e lo renda unico.
Il tutto corredato da un’immagine che seduca l’ospite ancora prima che varchi la nostra soglia.
Perché nell’era digital ogni locale ha due porte di ingresso: quella fisica e quella social. Due ingressi diversi, ma dall’importanza identica.