Più bolle, meno alcol. Al bancone le richieste dei clienti sembrano essere, sempre più spesso, queste. E in questa direzione guardano i barman, come dimostrano alcune proposte uscite da Identità Cocktail, la sezione dedicata al mondo della mixology di Identità Golose (congresso di alta cucina che si è svolto a Milano a marzo). Giocando con le parole chiave dell'edizione 2024 della manifestazione: disobbedienza, innovazione, rivoluzione.
Secondo Simone Covan del Santa Cocktail Club di Firenze, un «ingrediente disobbediente» per sua natura è l'acqua frizzante. Nello specifico la Perrier, sponsor di Identità Cocktail insieme a Bibite Sanpellegrino. «È un'acqua gasata con forte e netta frizzantezza rispetto ad altre bevande gasate», spiega. «I low alcol vanno sempre più di moda e in questo senso Perrier ha ruolo fondamentale». Nei tre cocktail presentati da Covan al congresso è sempre presente, abbinata a una ricerca quasi spinta sugli ingredienti. Innovare quando la clientela di norma preferisce andare sul sicuro non è facile, riconosce il barman. «Ma un'arma che noi bartender abbiamo è il dialogo. Poter parlare con l'ospite e spiegare il procedimento e la lavorazione è essenziale».
Ricerca sugli ingredienti e zero waste
L'innovazione secondo il Santa, aperto da dopo la pandemia in piazza santa Maria Novella in un contesto d'albergo (e oggi anche a Roma, Venezia e nella fiorentina Villa Cora), passa per esempio per Revolution e il suo velluto all'olio extravergine di oliva (fatto con acqua, olio, gomma xantana e un additivo per arie e foam). «L'olio, come il vino, ha caratteristiche olfattive e aromatiche particolari», spiega Covan. «Il gas dell'acqua aiuta a portare al naso la sua parte aromatica». Su una base di vermouth e bitter ridistillati alla nepitella selvatica, Chartreuse Verte e oleo saccharum, si aggiungono quindi il top di Perrier e il velluto d'olio, ottenendo un'esplosione di aromi al naso, molto interessante.
Nel solco dei low alcol va il Pumpkin Spritz, che rilegge il classico Spritz con un vino di zucca. «Il vino di frutta all'estero è più diffuso che da noi», commenta Simone Covan. «Molti tipi di frutta sono adatti a prepararlo, usando zuccheri e lieviti o, come in questo caso, le Yeast Balls (palline di lievito utilizzate in Oriente per creare bevande fermentate di riso, ndr)». Una volta preparato il vino, per il drink bastano bitter, Perrier e una chips di zucca». E se la sperimentazione simil-contadina vi attrae, sappiate che il terzo cocktail presentato dal bar manager del Santa viene fatto affinare in un barattolo foderato di cera d'api. Bee Cocktail è un twist su un cocktail champagne, dove le bollicine vengono in realtà sostituite da un top di Perrier. A comporre il drink ci sono rye whiskey, cognac, bitter mix e uno sciroppo di champagne, perfettamente anti-spreco perché permette di recuperare i fondi di champagne esausti invece di buttarli.
Una ricercata semplicità
Anche alla Terrazza Les Étoiles di Roma, a 300 metri da San Pietro, Riccardo Marinelli (beverage consultant) e Valerio Visentin (head bartender) abbracciano il principio del no-waste nel Garibaldi 2.0, in cui i fondi delle bottigliette di Aranciata Sanpellegrino (chi ha un bar sa quanti avanzi delle bottigliette vadano sprecati) e la riduzione di bitter vengono messi in un sifone Isi Twist'n Sparkle e gasati al momento. Non ci sono avanzi, lo stoccaggio è controllato e servono pochi secondi per preparare un drink in cui «la texture cambia da quasi cremosa a carica di bollicina», spiega Marinelli. Un drink che nella terrazza su tre livelli, all'altezza del Cupolone, si paga 18 euro.
«Disobbedire è andare controtendenza. Ora si vuole stupire il cliente per forza, mentre a mio avviso la semplicità è l'unica cosa che davvero paga», spiega il consulente. «Inoltre si tende a usare ingredienti troppo particolari senza tenere a mente il food cost e la sostenibilità economica del progetto». Non sorprende quindi che gli altri due cocktail proposti a Milano per Identità Cocktail richiamino il classicissimo punch al mandarino (nome completo del cocktail: Punch al Mandarino? Anche no!) e l'Americano. Nel primo caso quello che Marinelli definisce un ready-to-drink ante litteram, sempre presente nel frigorifero delle case degli italiani, ritrova vita grazie a rum giamaicano e agricole, oleo saccharum e succo di limone e mandarino, cannella, pimento e, a dare la bolla, Cocktail Sanpellegrino.
L'Italo Americano invece è semplice da realizzare e «da digerire, sia come percezione per il bilanciamento tra amaro e dolce sia per la soda che facilita la bevuta», spiega Riccardo Marinelli. È fatto con vermouth rosso, bitter home made che varia con le stagioni (floreale d'estate e più terroso e balsamico d'inverno) e Chinò Sanpellegrino che dà la nota di arancia amara e la frizzantezza. «Sul nostro rooftop i cocktail più venduti sono Negroni, Spritz e French 75. E gli ultimi due sono scelti proprio per le bolle».