America OK, in zona Repubblica a Milano. Uno dei locali più caldi del momento, Moebius, si rifà il trucco per una sera, con bandierine a stelle e strisce che garriscono dalla imponente bottigliera. E poi palline da baseball, piccoli sombrero e due bartender ospiti direttamente dagli Stati Uniti, per una guest night firmata Altamura Distilleries.
Kevin Diedrich dal Pacific Cocktail Haven di San Francisco e Jesus Verde dal Here nor There di Austin, fianco a fianco per portare mentalità e voglia d'America fino a Milano. Entrambi non nuovi a viaggi in Italia, che pure sono rari come per tutti i bartender che lavorano in Usa: «Il sistema salariale da noi è orario - racconta Diedrich -, per cui se non si è presenti, non si guadagna. Io sono proprietario del mio locale, quindi posso fare un salto ogni tanto. Inutile dirlo, le mance sono parte integrante dello stipendio, e l’unico modo per averle è essere presenti». Alla faccia degli startender europei.
Verde impersona alla grande la scena texana di oggi, che definisce «giovane, aperta, senza troppi fronzoli. Gli ospiti si stanno avvicinando alla miscelazione più complessa, ma lo spirito rimane quello di una convivialità semplice, una sorta di via di mezzo tra pub quotidiano e cocktail bar puro». I suoi drink raccontano di sapori al confine tra la sua terra e il limitrofo Messico, per cui spezie e profumi (It's giving wings, con Altamura vodka, tè yaupan, porcini, acqua di pomodoro, bolle) e l'immancabile tono terroso e vegetale di un buon tequila (sontuoso il A la Vista, con tequila, Cocchi Rosa, sorbetto al limone, pera, Italicus, Thomas Henry Soda).
Gli si contrappone Diedrich, dalla San Francisco che quindici anni fa, circa, apriva le porte di una cultura del bere tipica degli Stati Uniti, poi estesa al mondo tutto. Nel 2007 fu fondato Bourbon&Branch: speakeasy diventato a suo modo leggenda e pioniere di ospitalità ritrovata, sulla scia del pre-Proibizionismo che all’epoca, prima che altrove, veniva rispolverato. Magari Diedrich lo ricorda: «Abbastanza, ci ho lavorato per anni».
Erano altri tempi? «Quasi vent'anni sono tanti, e nel mezzo sono intervenute così tante cose. La pandemia, su tutte, ha cambiato dinamiche importanti, sia per consumi che per professionalità, diventa più difficile trovare personale disposto a dedicarsi al lavoro». "Pch", pí-sí-eic come lo pronuncia lui, raccoglie ingredienti dal Pacifico e contaminazioni asiatiche: il signature Gimlet è un'autentica bomba di polpa e acidità bilanciatissime, con Altamura Vodka chiarificata al latte e tè bianco, cordiale al calamansi e papaya.
Gli Usa sono stati storicamente la terra promessa, non soltanto per il bar: oggi è quel lato dell'oceano che guarda invece all'Italia, nei dettagli dell'ospitalità che dallo stivale è arrivata ovunque. Entrambi concordano, quando si chiede loro cosa manca di là, che abbiamo di qua: «La cultura dell'aperitivo è un concetto che stiamo implementando sempre di più, per ritmi e per proposta». E piace? «È praticamente ovunque...».