Gli stili di consumo nel fuori casa, e quindi anche nel bar, sono in continuo mutamento. Ma i cambiamenti a cui tutti siamo stati costretti nell’ultimo periodo hanno accelerato ancora di più la loro trasformazione. In particolare in due direzioni, take away e delivery, che hanno consentito a molti esercizi di ripartire e, in qualche modo, di ravviare il business.
Una recentissima indagine condotta da Coqtail Milano (community dedicata alla mixology) e da Augusto Contract su 400 consumatori, una quarantina di imprenditori e opinion leader, evidenzia come, tra i cinque trend del fuori casa post-covid, nella ricerca di una nuova normalità i consumatori hanno in alta percentuale fatto ricorso al delivery. Se l’81% degli intervistati frequentava locali da una a tre volte a settimana prima della crisi, ora il 61% ricorre alle consegne a casa con la medesima frequenza. Inoltre, per i locali diventa sempre più importante creare corner, postazioni o sfruttare gli spazi per intercettare la clientela di passaggio con punti “pick-up”, dove si ordina per consumare poi altrove.
Non si tratta di situazioni occasionali. Il repentino cambiamento dei consumi ha in brevissimo tempo trasformato anche l’aspetto delle nostre città, consentendo a molti locali di espandersi all’esterno con i dehors e di diventare ancora più di prima elementi essenziali del paesaggio urbano.
Il delivery di prossimità
Altri dati indicano come delivery e take away, fino a ieri utilizzati soprattutto da grandi gruppi strutturati per questo tipo di servizio, abbiano iniziato a interessare anche locali di piccole dimensioni. Prima dell’emergenza, il delivery nelle grandi città era quasi totalmente appaltato a società come Deliveroo, JustEat, Glovo, UberEats e quasi completamente assente nelle città di provincia. Da quando è scattato il lockdown, però, il mercato è profondamente cambiato. L’osservatorio nazionale di JustEat ha rilevato, per esempio, come il 90% degli italiani abbia considerato essenziale il servizio durante l’epidemia di Covid-19. Deliveroo ha invece riscontrato che solo il 30-35% dei locali che già utilizzavano la sua piattaforma ha deciso di restare attivo ma anche che, nel frattempo, la richiesta di adesione al suo servizio è aumentata del 30% nel mese di marzo, sulla spinta di esercizi che non avevano mai pensato in precedenza di ricorrere alle consegne.
Uno studio pubblicato dall’inserto L’Economia de Il Corriere della Sera, ha evidenziato che sul totale degli ordini online per il delivery è diminuito del 40% il numero di quelli inoltrati sulle grandi piattaforme nazionali, mentre è cresciuto notevolmente il fenomeno delle cosiddette “consegne di vicinato”, effettuate cioè in autonomia dagli esercizi in un territorio ristretto. Un fenomeno che ha riguardato soprattutto i centri minori, allargando così notevolmente l’area di fruizione del delivery in Italia.
Dai panini ai cocktail
Ma quali sono i prodotti consegnati più di sovente? Non solo piatti caldi o pizze, ma anche il gelato, i cocktail, i panini gourmet e gli ingredienti oppure le materie prime per assemblare a casa le ricette, in un fenomeno che sempre più ha interessato anche le firme, i locali di qualità, gli chef stellati tanto quanto i maestri del panino, alle cui prelibatezze un certo pubblico non ha voluto rinunciare.
Qualche esempio? Sbunda, a Milano, in piazzale Baiamonti, è un format che ha puntato sul “panino calabrese”, a base di salumi, formaggi e sottoli tipici della regione, per alimentare anche il proprio servizio di take away e di delivery. Panini di Mare ha creato un franchising, con punti vendita in Puglia, a Milano e a Torino, che oltre al consumo sul posto prevede asporto e consegna a domicilio. Una soluzione ideata dalla catena è PDM on the road, un motocarro Ape attrezzato sia per le consegne, sia per trasformarsi in punto vendita itinerante, per partecipare a street food festival, ma anche per effettuare servizi ad hoc per feste private, matrimoni e convention quando, ovviamente, tutto ciò sarà nuovamente consentito.
In tutto ciò igiene e attrezzature svolgono un ruolo chiave. In generale, infatti, una richiesta che emerge in modo sempre più chiaro dal pubblico è la garanzia di sicurezza del prodotto anche dal punto di vista igienico. Questa si riflette, a sua volta, su tutta l’organizzazione dell’attività, dalla confezione del prodotto alla consegna. Che si tratti di panini, insalate, drink o pietanze, al di là della bontà del prodotto, diventa ancor più fondamentale il packaging. Alcuni produttori hanno ideato involucri sigillabili, studiati in modo da dare al consumatore l’assoluta garanzia che l’alimento non sia stato in alcun modo toccato da nessuno dopo il confezionamento. Lo stesso vale, nelle postazioni takeaway, per gli erogatori di tovaglioli concepiti in modo da assicurare che l’ospite che ne preleva uno tocchi soltanto quello e non anche quello successivo.
Non vengono meno, comunque, trend già consolidati prima del coronavirus, e in particolare la preferenza del pubblico per packaging ecosostenibili e riciclabili, di cui esiste una ricca proposta sul mercato (nella foto Tapperì di BoxJoy).
La necessità di consegnare prodotti confezionati suggerisce anche l’acquisto di una sigillatrice o di una macchina per il sottovuoto; se poi il prodotto deve mantenere la temperatura, diventa fondamentale dotarsi di strumenti idonei - come le sacche termiche - o di mezzi attrezzati, preferibilmente elettrici, sempre ammessi nelle aree a traffico limitato delle città, dove invece veicoli a benzina o diesel spesso non possono circolare.
Nel numero di Bargiornale di novembre 2020 un'ampia rassegna di soluzioni per il delivery