In Ripa di Porta Ticinese, a Milano, Flavio Angiolillo e Marco Russo hanno aperto un cocktail take away & whisky bar in appena 4 mq. Un’idea semplicemente rivoluzionaria.
Volevo denunciarlo. Non sapevo chi fosse, ma trovarmi in macchina un classico della letteratura in giallo come “Giovedì mi ucciderai” mi aveva fatto una certa impressione. All’interno del volume c’era un segnalibro con stampata una scritta piuttosto equivoca (Backdoor 43), a fianco un buco della serratura e un numero di telefono. Era fine aprile, una giornata milanese appiccosa come una maglietta di un’adolescente dopo un concerto dei One Direction. Chiamai. Dall’altra parte del filo rispose un anonimo. Mi disse solo: ci vediamo il 22 maggio per l’inaugurazione. E attaccò. Dopo un breve giro di telefonate, che neanche il Tenente Colombo, scoprii di non essere stato l’unico intercettatto da questo attacco in giallo. Sembrava che a Milano piovessero thriller col segnalibro. Chi l’aveva trovato sul metro, chi dal gelataio, chi in locali per perdigiorno e chi in “night” per perdinotte. Dopo qualche tempo, complice una soffiata raccolta al Mag Café sul Naviglio Grande, busso all’indirizzo giusto. Almeno così sembra. Sulla parte superiore di uno sportello, nato per il servizio di take away dei cocktail, è affissa una lista esauriente di avvertimenti da Al Capone. Su per giù dicono di non provare ad aprire la porta, di tagliare la corda dopo il servizio del drink e di non fare domande superflue. «Avete prenotato? Sì chiaro, il mio nome è Sheridan, come il Tenente, non come il liquore». Un braccio si allunga e porge la chiave di questo locale segreto che sembra un’innocente bomboniera e invece è un whisky bar di appena 4 metri quadrati, 11 se si considerano le toilette arredate con gusto, ma per il momento escluse dal servizio di somministrazione. Al banco c’è monsieur Flavio Angiolillo che si alterna con un altro piccolo-grande talento della miscelazione: Andrea Dracos. Le luci sono regolabili a discrezione degli ospiti, la musica idem, mentre i cocktail sono quelli elencati in carta. Ce ne sono cinque, che cambiano ogni mese, e sono scritti su un foglio che sul retro mostra una parte della mappa della Scozia. È l’alternativa moderna alle carte fedeltà: tra circa un anno, dodici tessere da collezionare e altrettante bevute, la mappa della Scozia, con le sue distillerie, sarà completata.
Lavorare il whisky
Una delle sfide più difficili per un bartender è saper manipolare il whisky, uno spirito che nella grande maggiornanza dei casi, viene distillato per un consumo liscio o on the rocks. Al Backdoor 43 la sfida del drink è stata vinta miscelando con criterio gli studi sui prodotti home made con le etichette più azzeccate. Sono i casi di drink come Backdoor N° 1 (Nikka Coffey Malt, caramello salato alla resina, Rabarbaro Zucca, Angostura bitters, noce moscata) o Backdoor N° 4 (Wild Turkey 101, China, Aperol al cioccolato, assenzio e bitter). I drink sono proposti a un prezzo medio di 11 euro. Se ne possono ordinare fino ad esaurimento scorte. «L’ospite ha due ore a disposizione. In questo tempo cerchiamo di dargli la massima attenzione a metterlo a proprio agio. Lo spazio è stretto, ma confortevole. C’è chi ama fare due chiacchiere con noi e chi preferisce dedicarsi al suo drink o al compagno/a di turno. Sono passati solo pochi giorni dall’apertura, ma già abbiamo visto un’interessante varietà di persone. Mi passi la bottiglia di Glenkichie alle tue spalle?». È Flavio che parla. Con lui e il socio Marco Russo, dopo due anni di Drink Team di Bargiornale, si è creata una certa confidenza. Mi alzo dallo sgabello con la stessa naturalezza di un elefante in un negozio di cristalli e penso a un verso di Ivan, il poeta metropolitano dei Navigli: “è sull’orlo del precipizio che l’equilibrio è massimo”. Sfido la gravità, afferro il whisky per il collo, lo porgo al bartender e con la coda dell’occhio noto una porta alle mie spalle.
Un bagno abitabile
Lo stupore, aprendola, è quello di un acrobata che sa di avercela fatta. C’è una toilette più grande del bar stesso. Sul piano, vicino al lavabo, troviamo profumi e balocchi, pennelli e schiuma da barba, specchi barocchi e due bottiglie di whisky che non si sa mai.
Lo sportello drinkomat
Nel frattempo un gruppetto di avventori ha bussato allo sportello del nostro “drinkomat”. Il bartender chiede permesso, indossa la maschera di V per Vendetta, apre lo sportello con la scritta “un istante di attesa stiamo servendo all’interno” e prende le ordinazioni per il take-away. La casa, anzi la casetta, propone per l’asporto classici e rivisitazioni sul tema (vedi il riquadro sopra). Varianti del Moscow Mule, Gin and Tonic e Dark and Stormy a un prezzo di 6 euro. Niente quindi di banale o mutuato dal mondo degli alcopop. Ogni miscelato ha un suon bicchiere personalizzato con ricetta del drink in bella mostra. Il semplice cartoncino diventa così un souvenir da portare a casa, mostrare agli amici e agli altri viandanti. In pratica un escamotage per trasformare i bevitori da asporto in uomini sandwich, veicoli promozionali in ginger beer e ossa.
Le bottiglie lilliput
Tutto, all’interno del locale, è stato studiato per ottimizzare gli spazi. Dimenticate quindi la bottigliera tradizionale. Al posto delle bottiglie, whisky esclusi, troviamo provette di tutti colori con all’interno gli ingredienti da miscelazione e il cartellino con il nome. Ci sono ganci con appese mug metalliche, un piccolo banco con tutto il necessario, ripiani con balloon e sulla piccola botte tre coppette da cocktail. Per una questione di ordine, di tempi e di spazi si fa alla giapponese. Ovvero dopo ogni servizio si lavano immediatamente bicchieri e attrezzature (no, la lavastoviglie non serve). «Al di là dei cocktail cerchiamo anche di fornire consigli e suggerimenti sui nostri whisky. Per il momento ne mettiamo a disposizione una sessantina, ma il numero è destinato a crescere in fretta».
Me ne andavo a zonzo da sola per Milano sotto l’acqua e vi scopro! Ho detto “ci vediamo presto “e non “sará per dire”. Vediamo se ti ricorderai la mia faccia. curiosissima. Ciao e braviii