Lucca, famosa per i suoi monumenti storici e per l’intatta cinta muraria cinquecentesca, è una di quelle realtà in cui il turismo è generalmente fatto di persone alla ricerca di bellezza ed autenticità, allontanandosi dalle grandi mete “mordi e fuggi” che la nostra Penisola offre. È qui che Marco Macelloni e Tommaso Blandi hanno intuito che il terreno era fertile per aprire in città il primo cocktail bar con la “C” maiuscola. Alla fine del 2014, quando in Italia si comincia a parlare seriamente di di speakeasy, apre i battenti il Franklin 33. Il cui nome e concept sono ispirati ad un momento ben preciso della storia americana quando, nel 1933, il presidente Franklin Delano Roosvelt decide di mettere fine al Proibizionismo, L’ambiente è sì quello di un locale degli anni Trenta, ma si è deciso di essere flessibili e di non complicarsi troppo la vita con le varie regole che dovrebbero contraddistinguere i bar in cui “si parla a bassa voce” soprattutto in una realtà, come quella lucchese, digiuna di miscelazione e di cocktail bar d’alto profilo. In altre parole, sarebbe stato troppo rischioso abolire la vodka, e fare solo drink vintage o d’altri tempi. Di regole ve ne sono solamente tre: Niente Red Bull, vietato parlare di politica, calcio o religione e alla clientela è proibito uscire dal locale con il bicchiere di vetro in mano.
Specializzazione oraria
Franklin 33 è aperto in due fasce orarie: la prima , dalle 7.00 alle 13.00, è di competenza di Tommaso Blandi e offre un servizio di caffetteria e prima colazione che non era stato previsto nel progetto iniziale, ma che è stato introdotto in seguito all’apertura di un liceo dall’altro lato della strada. Per offrire un servizio di qualità e per distinguersi dalla concorrenza dei bar diurni, la miscela utilizzata è stata creata appositamente in via e locale, Macelloni ha optato per una carta dei drink che contempla 15 classici, 10 signature cocktail e 5 drink fatti da colleghi (al momento di scrivere l’articolo, ci sono in carte creazioni di Walter Gosso, Luca Picchi, Jacopo Misiano, Carola Abrate e Leire Lupierrez, ndr). La carta cambia tre volte l’anno con i cocktail creati utilizzando quanto più possibile frutta ed ingredienti di stagione. I drink sono volutamente semplici e spesso i signature cocktail proposti da Macelloni sono piccole variazioni di grandi classici. Il focus è, infatti, quello di offrire drink che siano “comprensibili” a tutti e di educare il palato dei propri clienti soprattutto di quelli meno colti in materia di miscelazione.
Bottigliere da 650 item
La parola d’ordine è, infatti, “less is more”: parte dalla consapevolezza che tutti i classici sono composti da un massimo di 4 ingredienti, e che aggiungere complessità non solo complica il lavoro ed il servizio, ma rischia di portare a risultati non sempre soddisfacenti. Pochi ingredienti non significa poca scelta. Anzi. La bottigliera del Franklin 33 conta ben 650 referenze con una concentrazione particolarmente alta (oltre 100 etichette) di scotch whisky, distillato sul quale il locale punta molto con tasting bimestrali di nuovi prodotti principalmente provenienti da piccoli imbottigliatori indipendenti.
Nel tempo gli affezionati ai malti scozzesi sono diventati sempre più assetati di conoscenza e da qui l’idea di fondare un piccolo “Club del whisky”: una decina di persone in totale, ognuna delle quali ha l’obbligo di portare e mettere a disposizione una bottiglia che rientri all’interno di una determinata fascia di prezzo, alla quale ogni consociato può attingervi ogni mercoledì dalla mezzanotte all’una. Un appuntamento di una sola ora divenuto gettonatissimo. Una piccola ulteriore chicca del Franklin 33 è il “Museo dello shaker”, 90 pezzi d’epoca che Macelloni è andato a ricercare personalmente nei mercatini di antiquariato e brocantage sparsi in tutta Italia.