Nu sta per Nu Lounge di Bologna dove al banco c’è Dalla Pola, istrionico mixologist che ha deciso di puntare tutto, o quasi, sui cocktail tropicali e latinoamericani. Scelta premiata dal mercato
La parola chiave è: ricerca. Grazie a una continua attività di studio, il cocktail bar può definire meglio il suo taglio, può caratterizzarsi e posizionarsi con un’immagine più professionale e porsi così al riparo dalle mode fuggevoli e dalle ondivaghe frequentazioni delle compagnie metropolitane. E attirare, invece, i gourmet del cocktail come succede per i ristoranti. Per esempio, se il boom dello Spritz si è rivelato in questi anni un toccasana per molti esercizi, è anche vero che la rincorsa al fatturato “tutto e subito” può pericolosamente portare all’appiattimento e alla banalizzazione dell’offerta.
Meeting point bolognese
Il Nu Lounge di Bologna è, a tal proposito, un esempio interessante. Se già dall’apertura nel 2002 si è posto all’attenzione come il locale di maggior successo del capoluogo emiliano, il patron Daniele Dalla Pola è riuscito a far coesistere l’onda “fashion”, che poteva indurre nella tentazione di vivere sugli allori, a un percorso di ricerca. Ovvero a un’offerta cocktail di alta qualità capace di conquistare una clientela preparata: gli Exotic Cocktails, per la precisione, che - capitolo Spritz a parte - valgono oggi il 60% degli ordini. Ma come ha fatto? Fin dagli inizi del locale, condotto con l’ausilio dei soci Davide Cavallari e Maurizio Gerosa, Dalla Pola ha ben sfruttato il know how derivato da anni di permanenza negli Stati Uniti, in particolare a Miami, dove ha potuto assorbire le più diverse influenze culturali, imparando anche a osare. Nella visione di Dalla Pola, il mixologist non si ferma mai infatti nella ricerca di soluzioni nuove, il che non vuol dire per forza “famolo strano”, ma piuttosto sperimentare materiali e tecniche in modo quasi scientifico. E ora il Nu Lounge è sì un locale alla moda, in un suggestivo contesto storico nel cuore di Bologna, ma con un’anima tropical che forse ti aspetteresti in un chiosco sulla spiaggia.. e invece qui, sotto l’antico Portico della Morte (non inganni il nome), un tocco di esotismo ci sta proprio bene.
«È quella la mia scuola - spiega Dalla Pola - e sono da sempre appassionato di cocktail esotici. Sono stato fra i primi a Milano a proporre i mix frozen in locali tex mex e al Nu Lounge ho portato e approfondito la materia. Non è un caso che il mio primo acquisto, una volta sbarcato qui a Bologna, è stato un frullatore».
Specialità hawaiane e nuovi elisir
L’evoluzione però è stata graduale. «Sono partito - racconta Dalla Pola - proponendo cocktail famosi, come la Piña Colada, ma che in città non si potevano trovare fatti bene, secondo le regole. Cioè con rum, ananas fresco frullato e crema di cocco, e non come facevano e, purtroppo ancora fanno, utilizzando del liquore al cocco. Poi ho introdotto i Daiquiri tradizionali, anche questi preparati come si deve, oppure i Margarita con sciroppo di agave e succo di lime fresco (in carta oggi c’è una versione Margarita che prevede per la precisione Cointreau, tequila superpremium, succo di lime e sciroppo di agave, ndr)». Il Margarita di Dalla Pola costa 10 euro come la maggior parte delle referenze, sia al tavolo che al banco, compreso di chips e, durante l’happy hour, del ricco buffet dove riso basmati con pollo al curry fa la parte del leone.
Il patron controlla in prima persona le preparazioni, le infusioni, le polpe di frutta, gli sciroppi, la scelta del bicchiere, per arrivare alla creazione finale eseguita poi dal capo barman Matteo Palladino.
Dalla Pola è un pioniere anche nel campo dei “bitters”, cioè gli “amari” a base di infusioni di frutti, erbe e spezie, che danno vita alla sezione Extreme Mixology (da 12 a 15 euro). I preparati, chiamati elixir e numerati, fanno bella mostra di sè in una apposita bachechina posta sul bancone .
Secondo Daniele sono speciali per dare equilibrio gustativo finale anche ai cocktail “normali”.
Tempio dei Tiki cocktail
Un altro cavallo di battaglia è la serie dei mix Tiki, serviti, a seconda dell’estro del momento, in contenitori non convenzionali, come barattoli e coppe in ceramica o vetro, insieme alle “chicchine” dolci (frutta disidratata, la stessa che guarnisce direttamente alcuni drink). Una menzione speciale merita anche la carta, che è tutta da leggere. Non mancano intatti i “tips”, cioè le dritte e le notizie di ordine storico e non solo, che raccontano ad esempio come sono nati i cocktail più leggendari, ma soprattutto intriga la divisione in capitoli (ad esempio, la pagina dei Mojito contiene una dozzina di ricette). Questo, con le specifiche degli ingredienti per ogni mix, permette a tutti di farsi una piccola cultura. Di volta in volta alcune pagine sono riprodotte su delle lavagne. «Fossimo in America - conclude Dalla Pola - la gente ordinerebbe solo quello che c’è scritto al muro, da noi un po’ meno!» Ma forse è meglio così.