Tra i volti più noti della miscelazione italiana e mondiale, Patrick Pistolesi è alla guida del Drink Kong di Roma, aperto nel 2018 e immediatamente balzato all'attenzione internazionale. Agli ultimi World's 50 Best Bars si è classificato alla 16esima posizione, ed è stato premiato ai Barawards 2021 come Bar Team dell'anno. Una vittoria di gruppo, che va a cementare l'importanza di una squadra solida per il successo di un'insegna. L'elemento essenziale è l'affiatamento: «Come a bordo di una nave, ognuno deve avere il suo ruolo e ogni momento deve essere rispettato, che sia di svago prima del servizio, di concentrazione durante le preparazioni, o nel pieno della tempesta, durante una sera particolarmente intensa. E poi è fondamentale una gerarchia: serve un capitano che guidi con la propria visione e esperienza, un senior bartender maturo che sappia gestire le energie e l'esuberanza del junior e del barback».
La centralità del lavoro di squadra, e in generale la professionalità al bar, sono temi sempre più discussi oggi: non era certo così qualche tempo fa. «Quando ho iniziato ovviamente non esisteva Internet, o comunque non era facile informarsi. Esistevano le regole della casa, ogni bar aveva le proprie. Adesso è possibile avere un quadro completo, con migliaia di fonti: quindi un giovane può rendersi conto che il bar può diventare una carriera, una professione. E in un momento così difficile dal punto di vista di risorse umane, è cruciale spronare i bartender e far loro capire che ci sono delle possibilità. Sia chiaro che i sacrifici non si discutono, non vanno perse di vista le tappe del viaggio, che includono ritmi di lavoro inusuali, poco riposo. Bisognerebbe riportare le nuove generazioni a innamorarsi di questo lavoro».
Buona parte delle difficoltà nel reperire personale qualificato e dedito, Pistolesi lo imputa alle magagne logistiche e burocratiche che per troppo tempo hanno colpito il settore. «Lavoro al bar da ventuno anni ormai, e ho testimoniato abitudini ben poco sane, dal punto di vista economico e gestionale, che i miei colleghi e io abbiamo pagato sulla nostra pelle. Pagamenti in nero, nessuna tutela per i lavoratori; un dramma. Quando ho aperto Drink Kong ho spinto subito per proporre contratti in regola e stabilità, perché il bartender sia riconosciuto fisicamente e fiscalmente. Si vedono cose positive, insieme ad altre pratiche già piuttosto comuni all'estero: supporto psicologico per i bartender, programmi di integrità fisica come la palestra, e soprattutto educazione e consapevolezza sul consumo di alcolici. Siamo a contatto con distillati e liquori ogni secondo, non è difficile cadere nell'eccesso». Inoltre, più spazio per altri sbocchi professionali: «La dimensione del bar si è diversificata: un bartender adesso ha più possibilità, che si tratti di lavorare al bancone o intraprendere una strada come consulente, in azienda o simili».
In patria o a livello internazionale, i premi per Patrick e il Drink Kong sono ormai in fila ordinata: «Ricevere un premio come i Barawards è un riconoscimento che sa di rivalsa, dopo anni di poca considerazione che il lavoro di bartender ha dovuto soffrire. Ma non deve essere un'arma a doppio taglio: troppi bartender vivono solo per quello, perdendo di vista quello che è l'essenza di un bar, l'ospitalità. Noi puntiamo prima di tutto alla solidità del locale e al benessere degli ospiti. Un premio non deve togliere il fuoco, la passione per il nostro lavoro».
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