Il vino francese corre nel mondo e in Italia. Risultati non casuali: un comitato ne tutela il nome dagli abusi, compreso l’utilizzo del termine champagnerie, e le Maison sono dinamiche
Quasi 339 milioni di bottiglie vendute nel 2007, con un potenziale produttivo della vendemmia dello stesso anno pari a 388 milioni. 1,163 miliardi di bottiglie che risposano nei caveau in attesa di diventare perfette. 4,5 miliardi di euro di giro d’affari dei quali 2,3 arrivati grazie all’export. Cifre impressionanti che fanno riferimento a quello che potrebbe sembrare un mercato maturo. Tuttavia quello dello Champagne, perché è di questo che stiamo parlando, è sì maturo, ma tutt’altro che statico. Un po’ per le continue iniziative (di marketing o merceologiche) che le maison francesi continuano a proporre, un po’ per l’opera di revisione dell’area produttiva che da qui al 2025 porterà a dei piccoli cambiamenti. Attenzione stiamo parlando di revisione non di allargamento come molti giornali hanno scritto (anche se poi il numero di ettari probabilmente aumenterà). «Perché è vero - spiega Domenico Avolio direttore del centro informazioni Champagne - che l’Inao (l’istituto nazionale francese delle denominazioni di origine) ha approvato il progetto che prevede l’inclusione di alcuni comuni nella zona di produzione, ma è anche vero che altri cru potrebbero vedere escluse particelle finora incluse nella Aoc. In realtà questa è un’operazione che risale addirittura al 1927». Insomma non è vera l’equazione che molti hanno voluto far intendere di: consumi in crescita, quindi più produzione e qualità lasciata al libero arbitrio del produttore. «Assolutamente - continua Avolio -. Anche perché i produttori che fanno oggi parte del Comité Interprofessionnel du Vin de Champagne (Civc) che riunisce tutte le Maison e i viticoltori della Champagne, non rischierebbero mai e poi mai di veder sminuita la qualità complessiva delle bollicine e quindi, indirettamente, anche di quelle che portano il loro nome».
Detto questo il successo dello Champagne è evidente nei numeri. Anche in Italia. Siamo il quarto Paese al mondo per volumi di importazioni, 10,338 milioni di bottiglie nel 2007 (la crescita rispetto l’anno precedente è del 10,94%), e terzo per valore, ovvero importiamo bottiglie di grande qualità. Il 6,1% del totale importato è addirittura rappresentato da Cuvée speciali ovvero il top di gamma delle varie maison, e un 7,2% sono Champagne millesimati, altra categoria “di lusso”. Molto amati dagli italiani sono poi i rosé: rappresentano il 5,8% (per oltre 603 mila bottiglie) del totale importato. Insomma non ci accontentiamo dello “champagnino”, ma puntiamo volentieri sul massimo, sulla chicca, sull’etichetta particolare che sa soddisfare ego e palato.
Sul fronte locali molti gestori italiani puntano o hanno puntato sulla formula della Champagnerie per caratterizzarsi sul mercato. Ma qui sorge un problema, e non è di poco conto. Ovvero il termine Champagne e tutte le sue declinazioni possibili (quindi anche Champagneria) sono tutelate dal Civc il quale “non gradisce” che locali “indipendenti” sfruttino tale termine per denominare un locale, anche qualora l’offerta dominante sia di calici colmi di bollicine francesi. Per essere chiari il rischio per chi decide di chiamarsi Champagneria è quello di vedersi recapitare una lettera dell’ufficio legale del Civc che lo invita a modificare la strada intrapresa.
Nel frattempo, per tenere alta la bandiera dello Champagne, le iniziative dalle aziende non conoscono sosta. Alcune le raccontiamo nel box qui a fianco. Ma altre vanno citate. Dalla splendida cantinetta firmata Porsche (una teca in acciaio realizzata a mano chiamati Vertical Limit) che contiene dodici magnum delle migliori annate tra il ‘55 e il ‘90 di Veuve Cliquot al primo Champagne tagliato su misura del cliente: 100 persone in tutto il mondo potranno farsi confezionare 12 bottiglie contenenti una speciale cuvée creata appositamente dal chef de cave Hervé Deschamps su una base di Belle Époque Blanc de Blanc Millésime 2000 Perrier Jouët. Oppure, Style in Milan, la guida che racconta i locali più esclusivi del capoluogo lombardo secondo la filosofia Dom Pérignon o la campagna promozionale che Carl Lagerfeld ha interpretato per la Maison.