ALlla sesta edizione del Coffee Show Latte Art a Siracusa c'eravamno anche noi e ne abbiamo viste di tutte le... figure: foglie, cigni, rane eccetera. Creazioni di un’avanguardia di baristi che stanno “ridisegnando” un nuovo corso.
Latte art è una disciplina in continua evoluzione e lo sa bene chi la pratica ogni giorno nel proprio locale e soprattutto nelle competizioni organizzate in tutto il mondo dalle Specialty Coffee Association di Europa e America. La conferma si è avuta nel corso della sesta edizione del Coffee Show Latte Art, realizzata a Siracusa dall’associazione culturale “Mangiare bene e non solo” (8 e 9 ottobre 2016), che ha avuto Bargiornale quale media partner. Le competizioni che si sono svolte sul palco del “Punto G”, nel cuore storico della città, hanno messo in risalto le nuove tendenze di questa disciplina, dove la scuola orientale - prima di tutto quella della Corea del Sud - la fa da padrona assoluta per pulizia e assoluta precisione dei decori. La figura di base più utilizzata oggi è la foglia (chiamata anche rosetta), la più complessa da realizzare per ottenere il giusto contrasto e le diverse sfumature nel disegno: richiede una montatura del latte appena accennata, una lattiera con un beccuccio molto sottile e una mano di una sensibilità e precisione assoluta. Non è esagerato comparare le versate a dei veri colpi di pennello. Per non parlare dela composizione di più elementi (che rispetto alla figura di base hanno una forma più stretta e lunga): un’arte che richiede lunghi allenamenti per essere adeguatamente padroneggiata.
Allenamento e lavoro
Lo sa bene Giuseppe Fiorini, campione italiano di Latte Art 2016 e titolare del locale Insolito Café di Siracusa. «Si tratta di un decoro complesso che se ben fatto dà una grandissima soddisfazione. Il “Cupido”, il disegno con cui ho vinto la gara nazionale conteneva ben quattro “foglie”. In vista della competizione nazionale - spiega a Bargiornale - mi alleno almeno due - tre ore ogni giorno, ma ne vale la pena: la vittoria e la partecipazione al mondiale a Seoul in Corea del Sud mi ha cambiato la vita: ho avuto molte opportunità di lavoro, ho incontrato tanti campioni e modi differenti di intendere il mondo del caffè che mi hanno fatto crescere professionalmente». La latte art svolge un ruolo importante anche nel lavoro di ogni giorno. «Spesso - aggiunge Fiorini - i clienti venivano nel mio locale chiedendomi di preparare un cappuccio “schiumoso”: con pazienza ho fatto loro comprendere che la bontà e la qualità si hanno in una consistenza più fine della crema che, in definitiva, risulta anche più gustosa. Accontento chi pretende più crema, ma non chi vuole uscire dai parametri del cappuccio italiano certificato». I corsi di latte art sono sempre più richiesti da baristi di ogni età: se ben condotti, fanno comprendere l’importanza di una “base” costituita da un buon espresso e più in generale avvicinano i professionisti al mondo del caffè di qualità. Inoltre, una preparazione bella da vedere risulta quasi sempre più buona: «Mi piace sorprendere ogni giorno i clienti con un decoro anche semplice come un cuore o una foglia ben disegnati - afferma la campionessa polacca Agnieszka Rojewska - e sono contenta di suscitare tanti sorrisi di stupore e di piacere». Si è classificata quinta al mondiale di Seul e si sta allenando per poter competere anche alla prossima sfida mondiale, la sua tecnica preferita è il free pour, che consiste nel creare i decori con il solo movimento della lattiera, Si tratta di una tecnica molto complessa ma che permette, osserva la campionessa polacca, di dare sfogo alla creatività e di sperimentare nuove direzioni di lavoro.
E c’è chi usa il pennino
A proposito di creatività non si può a questo punto non citare la vena artistica del milanese Matteo Beluffi, secondo classificato alla finale italiana 2016 di Latte Art. Beluffi è uno specialista dell’etching (decori rifiniti con l’uso di un pennino) con cui spesso ottiene un effetto “wow”, di stupore. Ne è un esempio la “rana” con cui si è presentato alla selezione di Siracusa. «Realizzare dei decori belli e originali è sempre più difficile - racconta - e, a volte, l’ispirazione viene guardando le immagini su Internet dove se ne trovano di ogni tipo: fantasiose, ma soprattutto molto belle e attraenti». La creazione di un nuovo decoro è frutto dell’immaginazione dell’artista che prima schizza il disegno su un foglio di carta, quindi passa alla parte pratica, esercitandosi con la lattiera nei vari movimenti che portano alla realizzazione del decoro. «Per crescere, ma soprattutto per prepararsi a una gara è importante il confronto con i colleghi - sottolinea Beluffi - e con i maestri di questa bellissima disciplina che è la latte art. Ho veramente tante persone da ringraziare, ma penso che il più importante sia chi mi ha “scoperto”: Mariano Semino, nel 2011 durante Host». A Siracusa c’erano anche le menti creative di Gaetano Bongiovanni, instancabile realizzatore della due giorni siciliana, e del più volte campione italiano Andrea Antonelli. È stata loro l’idea di inserire tra le prove di latte art una da effettuarsi totalmente a occhi bendati. Una vera e propria sfida per i concorrenti che hanno dovuto creare i decori completamente “al buio”. La prova è stata vinta da Agnieszka Rojewska che, togliendosi la benda, è rimasta sorpresa dalla bellezza e della perfezione della figura eseguita. «Quando si lavora bendati è il cuore che sente ciò che l’occhio non può cogliere - afferma Andrea Antonelli -. In queste situazioni occorre liberare la mente e muoversi solo con la memoria muscolare: in questo caso non si può sbagliare. Non voglio dire che tutti lo debbano fare, ma degli allenamenti bendati, da approcciare a piccoli passi, possono davvero aiutare a migliorarsi».
I giganti asiatici
Sì perché l’obiettivo è gareggiare ad armi pari con i campioni asiatici che stanno imponendosi in quasi tutte le competizioni internazionali. «Lavoranocon molta precisione, velocità e definizione nel disegno - spiega Antonelli - e sanno cambiare in corso d’opera i movimenti, senza battere ciglio; al contrario, se qualcosa non va noi italiani ci innervosiamo e abbandoniamo psicologicamente la gara prima ancora di averla terminata. Ci vuole tanto training per affrontare una gara che si svolge in 8 minuti e che comprende tante regole: non rispettarne anche una sola può compromettere una prova da campioni»