I dati presentati dalla società di ricerca londinese The Iwsr mostrano un mercato in decisa crescita fino al 2016. Da Cina, Russia e Stati Uniti gli incrementi più consistenti. Calano i principali mercati del Vecchio Continente, tranne la Germania
Meno vino (in termini di quantità) per gli italiani: in base alle previsioni della società di ricerche di mercato londinese The Iwsr (International Wine and Spirit Research) i consumi nel Bel Paese, secondo produttore mondiale dopo la Francia, continueranno a diminuire da qui al 2016, in linea con la tendenza alla diminuzione che si manifesta da qualche anno. Un discorso che vale per il mercato globalmente preso, ma che presenta interessanti eccezioni, come i vini premium, che invece cresceranno, è i rosé, previsti anch'essi in aumento. L'Italia si conferma il terzo consumatore al mondo e il primo esportatore in volume, sesto mercato per fatturato delle vendite al dettaglio.
Dalla studio condotto da The Iwsr per conto di Vinexpo (il Salone internazionale del vino e dei distillati di Bordeaux), emerge che nel 2011 il consumo di vino (fermi e spumanti) in Italia ha toccato quota 303,12 milioni di casse da 9 litri, posizionandoci dopo gli Stati Uniti e la Francia.
La Penisola è inoltre il secondo mercato mondiale per il consumo pro capite (52,5 litri all'anno per abitante, considerando solo la popolazione con un'età in cui è consentito bere).
Tuttavia il consumo è in calo da qualche tempo: tra il 2007 e il 2011 è diminuito del 2,5% e le previsioni dicono che tra il 2012 e il 2016 ci sarà un ulteriore decremento del 4,8%, da 299,59 a 284,96 milioni di casse. E, sebbene l'Italia rimanga il secondo produttore di vino al mondo, i volumi sono in costante calo: tra il 2007 e il 2016, complessivamente, si prevede un -16%. Sono però in controtendenza i prodotti “premium”: la quota di mercato rappresentata da vini con un prezzo superiore ai 5 dollari americani (pari nel 2011 all'8,4% del totale dei vini consumati in Italia) nei prossimi anni dovrebbe infatti aumentare: in particolare, il consumo di vini venduti a un prezzo tra i 5 e i 10 dollari a bottiglia (tra 3,59 e 7,19 euro circa) crescerà del 13,4%, mentre il consumo di quelli acquistati a più di 10 dollari dovrebbe aumentare di ben il 23,2%.
Export: anni d'oro
La società di ricerche di mercato londinese certifica risultati eccellenti per l'export dei vini italiani, che tra il 2007 e il 2011 hanno messo a segno la crescita maggiore - dopo l'Argentina - tra i dieci Paesi principali esportatori mondiali: gli incrementi, infatti, sono stati del 42,6% in volume e del 52,7% in valore. I mercati di destinazione più importanti sono la Germania, verso cui l'export è aumentato del 14,1%, il Regno Unito (+24,8%), gli Stati Uniti e la Francia, che però sono in calo rispettivamente dell'11,6% e del 13,5%. Sono invece più che raddoppiate le esportazioni verso l'Ungheria, passate da 4,5 a circa 11 milioni di casse, con un incremento del 145%.
Se l'Italia è il primo esportatore mondiale a volume, la Francia mantiene salda la propria leadership quanto al fatturato dovuto all'export, che ha raggiunto i 9,9 miliardi di dollari (+5,2% rispetto al 2007), seguita dall'Italia, che ha ridotto le distanze, e dalla Spagna, che tuttavia mostra una dinamica opposta rispetto all'export tricolore. Per gli spagnoli, infatti, il fatturato dovuto all'esportazione è progredito meno velocemente rispetto alle vendite in termini di volume (+24,3% contro +47,6%), il che significa che il prezzo medio dei vini esportati si è abbassato.
Mercati da presidiare
A livello mondiale, il consumo di vini fermi (inferiori a 15°) e di spumanti è aumentato del 2,8% tra il 2007 e il 2011, arrivando a 2,679 miliardi di casse. E il trend positivo, tra il 2012 ed il 2016, dovrebbe addirittura accelerare, segnando un +5,3% che permetterebbe di arrivare a 2,873 miliardi di casse da nove litri.
I Paesi in cui si prevedono le maggiori crescite nei consumi sono la Cina, la Russia e gli Stati Uniti. Per i mercati europei invece si prevede un rallentamento: -2,9% per la Francia, -3,7% per il Regno Unito, -4,3% la Spagna. Unica eccezione la Germania, dove si prevede un +3,5%.