Con la recente e completa acquisizione dello storico marchio e della relativa azienda di Taranto, si chiude finalmente una tormentata vicenda durata quasi dieci anni, tra affitto di ramo d'azienda e cause legali. Intervista con Sebastiano Caffo, ad Gruppo Caffo 1915.
Una notizia importante per il mercato liquoristico italiano: un’azienda con una grande storia che rischiava di scomparire, torna agli antichi splendori grazie alla lungimiranza e alla dedizione riservata al brand di Taranto dai proprietari di Gruppo Caffo 1915, artefici del successo di Vecchio Amaro del Capo (6 milioni di bottiglie nel 2016) ma non solo (le altre specialità liquoristiche arrivano a quota 1 milione).
Il portafoglio prodotti di Gruppo Caffo infatti è molto ricco e si compone di Specialità (Liquorice, Solara...), Liquori Tipici Calabresi (al Bergamotto, alla Liquirizia...), Grappe Tipiche Calabresi (di Greco, di Cirò...), Grappe Friulane Friûlia, Liquori per miscelazione (Sambuca, Anice, Triple Sec...), Sciroppi (Latte di Mandorle, Amarena, Menta). A queste specialità si sono aggiunte di recente (presentate a Vinitaly 2017) il Brandy Stravecchio Heritage Caffo Riserva 1970 e Amaro di Santa Maria al Monte 1858. Un bell'impegno anche per il direttore vendite Noè Alquati.
Correva l’anno 2013 quando il Gruppo Caffo si aggiudica l’affitto di ramo d’azienda per il marchio Borsci, la cui attività produttiva era cessata da circa un anno a causa del fallimento della società.
La crisi della Borsci era iniziata nel 2009. La lenta agonia si era conclusa con un rosso da 10 milioni di euro e relativa liquidazione. L’azienda era stata poi presa in affitto prima da un’azienda di Ostuni e poi da un imprenditore bresciano. Dopo uno stop durato quasi un anno, era stato il Gruppo Caffo 1915 ad aggiudicarsi la gestione per 24 mesi, poi più volte prorogata.
Oggi dopo ben 4 anni, durante i quali il Gruppo Caffo ha dovuto combattere con le lentezze burocratiche generate anche da ricorsi di altre aziende del settore interessate all’acquisizione dello storico marchio della più antica azienda liquoristica italiana.
«Grazie a uno staff di professionisti – ha dichiarato Sebastiano "Nuccio" Caffo, amministratore delegato Gruppo Caffo 1915 – siamo riusciti a superare molti ostacoli, quindi mi preme ringraziare principalmente Rosario Gentile e Antonio Gagliardi che insieme all’avv.Valerio Scimemi coadiuvato dall’avv.Enrico De Francesco, hanno creduto in questo progetto che farà fare un ulteriore salto di qualità al nostro gruppo».
Alle origini del marchio Borsci
La famiglia Borsci è originaria del Caucaso e si trasferì in Albania a causa di sommovimenti politici. Un ramo della famiglia si spostò quindi in provincia di Taranto, a San Marzano di San Giuseppe, dove si era sviluppata una cospicua comunità Arbereshe. Lì Giuseppe Borsci nel 1840 ideò un elisir divenuto col tempo uno dei liquori più apprezzati d’Italia. Dagli anni Sessanta è operativo lo stabilimento che si trova alle porte di Taranto. Al massimo del successo commerciale, la società (divenuta una Spa) vantava fatturati a sette zeri e una trentina di dipendenti. Poi il disastro.
L’interesse dell’azienda di Capo Limbadi (Vibo Valentia) verso Borsci risale al 2010. La Caffo aveva già avviato i contatti con Taranto l’anno prima, dando a Egidio Borsci la disponibilità a una collaborazione per evitare il fermo della produzione. Che poi invece ci fu.
Poi venne concesso l’affitto con durata di 12 mesi prorogabili per ulteriori 12 e l’impiego di 10 dipendenti, con diritto di prelazione da esercitare sull’eventuale acquisto dell’azienda fallita.
«Siamo partiti nel 2013 cercando di ottimizzare l’intero ciclo produttivo di Elisir Borsci San Marzano – spiega Sebastiano "Nuccio" Caffo, amministratore delegato Gruppo Caffo 1915 – La nostra attenzione iniziale è stata rivolta principalmente alla valorizzazione del capitale umano offrendo giuste garanzie occupazionali ai 10 lavoratori impiegati alla ripresa dell’attività. Poi abbiamo azzardato piccoli investimenti economici canalizzati alla penetrazione commerciale del marchio storico di Taranto su un mercato che non doveva e non poteva essere solo locale e regionale, ma anche nazionale ed europeo. Abbiamo fatto poi una mossa “identitaria” rimettendo in etichetta la dicitura “San Marzano, Taranto, Puglia” e inserendo un po’ di storia del prodotto nella retroetichetta, illustrando ad esempio cosa significano la stella e la luna o le due aquile. Del resto il marchio Borsci da sempre si è contraddistinto per una grafica di grande impatto e all’avanguardia che noi abbiamo voluto evidenziare. Infatti, accanto alla spiegazione del prodotto, pure la comunicazione non ha rinunciato del tutto ai suoi baluardi-emblemi dei territori turco e albanese ma, anzi, li ha valorizzati tenendo conto della curiosità del consumatore moderno, che del prodotto vuole sapere tutto, specie cosa rappresenta, come quando e dove trae le sue origini. Con l’acquisizione definitiva del marchio, possiamo avviare anche obiettivi più ambiziosi cercando di riportare il marchio agli antiche splendori facendo scoprire le virtù di Elisir Orientale anche alle nuove generazioni che non hanno mai gustato il gelato affogato al S.Marzano e gli altri impieghi che lo rendono “giusto per ogni gusto”. Il nostro obiettivo è teso a fare volumi sia nel canale Horeca sia in quello gdo partendo dalla consapevolezza che abbiamo in mano un vero ‘gioiello’ da sempre nella tradizione e nel cuore degli italiani. Un ringraziamento speciale lo rivolgo a Egidio Borsci, che da subito ha dato la sua disponibilità a portare avanti insieme a noi il progetto di rilancio di questo famoso liquore, accettando di dirigere la produzione dello stabilimento fondato dal suo avo Giuseppe Borsci nel 1840, garantendo cosi un apporto importante per dare continuità ad una produzione di qualità basata sull’antica ricetta che prevede l’impiego di erbe e spezie orientali».
«Oltre 50 anni fa quando seguendo le orme di mio padre ho iniziato la mia attività nel campo liquoristico - precisa il presidente Giuseppe Caffo - vedevo la Borsci come un riferimento e un esempio di azienda del Sud che lavorando bene, aveva saputo lanciare il suo prodotto unico anche al di fuori dei confini della Puglia. Oggi quindi è per me motivo di grande orgoglio annoverarla tra le aziende del mio gruppo che si impegnerà al massimo per farla ritornare un player importante sul mercato degli alcolici».
L'acquisizione definitiva di Elisir San Marzano Borsci risulta essere così un’acquisizione “strategica” per Gruppo Caffo 1915 che, dopo essere diventato leader nel campo degli amari con il famoso Vecchio Amaro del Capo, punta anche alla crescita per linee esterne con un prodotto che completa una gamma già molto profonda di liquori e distillati che ben rappresentano l’arte liquoristica italiana.
Vecchio Amaro del Capo si beve il mercato
Vecchio Amaro del Capo è stato oggetto di un recente restyling della confezione: bottiglia dai fianchi scavati per una miglior presa, tappo resistente alle basse temperature (-20 °C), doppia valvola di sicurezza per evitare rabbocchi illegali, logo della distilleria in rilievo. Immutata invece l'immagine disegnata in etichetta di Capo Vaticano, il vicino promontorio calabrese sul Mar Tirreno che ha dato il nome al prodotto e il motto aziendale "Semper ad maiora". «L'azienda Caffo è stata fondata in Sicilia, alle falde dell'Etna nel 1915 - precisa Sebastiano Caffo - per poi passare a Limbadi, sul versante tirrenico calabrese. Negli ultimi ventanni l'azienda ha ricevuto un'importante accellerazione, passando dai 17 milioni di euro del 2011 ai circa 50 milioni del 2016. Merito di una "locomotiva" come Vecchio Amaro del Capo, diventato il vero protagonista del settore, prodotto con una ricetta basata su 29 componenti botaniche calabresi, dalle scorze di arance, ai fiori di arancio e di camomilla, dalla menta piperita ai semi di anice. Parte del merito va anche a una serie di indovinate campagne pubblicitarie, a volte ammiccanti con slogan come "Fatti il Capo", alla poroposta di proporlo ghiacciato a -20 °C o miscelato come Capo Tonic (Vecchio Amaro del Capo, acqua tonica, succo di limone, ghiaccio ndr). In questo modo è esploso anche l'export che pesa oggi quasi il 15% del fatturato, con mercati che ci stanno dando grande soddisfazione come Germania e Stati Uniti, ma anche Australia, Sud America e Giappone.