Reportage dalla grande kermesse del drink di New Orleans, Tales of the cocktail. In cattedra oltre 200 bartender da tutto il mondo
Mega raduno di bartender, laboratorio, concorso, vetrina, museo, nirvana del bevitore. Definire Tales of the cocktail di New Orleans sembra più complesso che risolvere un sudoku. Per dare le dimensioni del più imponente bar show, giunto all'ottava edizione, partiamo da numeri e presenze. Sono stati 70 i relatori (tra i quali “miti” come DeGroff, Lafranconi, Sanders, Vadrna, Jared Brown, Abou Ganim) ai quali vanno aggiunti 60 esperti (dal talentuoso Andrew Nicholls al big Salvatore Calabrese, fino a Tony Conigliaro ed Eben Freeman), 90 bar chef (tra cui Tad Carducci, Jim Meehan ecc.) e centinaia di talentuosi apprendisti giunti in Louisiana da ogni angolo del pianeta.
Un italiano al vertice mondiale
Uno, invece, è il numero del trionfatore assoluto. Trattasi di Agostino Perrone (già protagonista della copertina di Bargiornale di febbraio 2010) che, nella serata degli Awards, è stato incoronato col titolo di “Miglior bartender del mondo 2010”. Un successo che fa onore a tutto il movimento italiano. Anche a quell'industria “tricolore” presente a New Orleans con marchi come Martini, Galliano, Alexander, Averna, Aperol, Luxardo, Campari, Cinzano, Disaronno, Frangelico, Varnelli e molti altri ancora. La manifestazione di scena sulle sponde del Mississippi, è stata organizzata dalla “New Orleans Culinary and Cultural Preservation Society”, un'associazione no profit che si propone di tutelare sia la cultura gastronomica sia i bar e ristoranti storici della città. Di questo genere di locali ci occuperemo più avanti. Iniziamo col dire che Tales of the cocktail è stata seguita per Bargiornale da due segugi dall'ottimo fiuto. Ci riferiamo a Giuseppe Gallo, brand ambassador Martini, che si è occupato della cronaca, e a Max La Rocca, anima di maxologist.blogspot.com, che invece ha vestito i panni del critico. Entrambi sono volati fino alla splendida capitale della Louisiana per catapultarsi nell'affascinante atmosfera della città nota come The Big Easy.
La patria dei cocktail
Il quadro lo dipinge Gallo: «A New Orleans, nonostante le sue mille ferite, sembra di vivere su un set cinematografico, tra architetture francesi, botteghe di antiquari, jazz club, cucina creola e vetrine a luci rosse. Per chi fa il nostro mestiere venire a New Orleans è come fare un pellegrinaggio. In questa città, negli ultimi due secoli, sono nati alcuni dei cocktail più famosi al mondo. Nel 1859 alla Coffee House è stato servito il primo Sazerac. Henry C. Ramos ha creato nel 1888 il Ramos Gin Fizz all'Imperial Cabinet Bar. Dopo la fine del Proibizionismo, Walter Bergeron ha realizzato il suo primo Vieux Carré al Carousel Bar dell'Hotel Monteleone. Proprio l'Hotel Monteleone, fondato dal siciliano Antonio Monteleone, è stato il centro nevralgico di Tales of the cocktail. In quattro giorni oltre 52 seminari, 38 brand tasting, svariate master class e migliaia di nuovi cocktail hanno intasato il percorso verso le 24 sale riunioni, la lobby e il bar. Nel tardo pomeriggio il luogo d'incontro è stato come da tradizione il Carousel Bar, famoso perché gira su sé stesso (un giro completo dura circa15 minuti). Tra un carosello, un Sazerac e un Martini, può capitare di imbattersi con guru del cocktail come Dale DeGroff o Dave Wondrich. E magari farci due chiacchiere».
Leggende viventi
Ed è quello che ha fatto il nostro inviato Giuseppe Gallo. «A Brian Rae, 86 anni, 50 anni di carriera alle spalle, tra i massimi collezionisti di cocktail book, ho chiesto quale fosse il suo elisir di giovinezza. Mi ha risposto, battendosi il pugno sul torace, che solo la passione per questo mondo spinge il cuore a dare forza al corpo, trasformando il lavoro in amore. La leggenda Peter Dorelli, meno romantico, ha invece sparato a zero. Sostiene che oggi nessuno pensa più all'Abc. Con la “A” intende la scarsa conoscenza degli alcolici con cui si lavora ogni giorno. La “B” sta invece per quel bartender che dovrebbe azzardare meno con infusioni e tecniche complesse e tornare al ruolo di un tempo. Infine la lettera “C”, che sta per clienti. Quello per Dorelli è l'argomento più importante. I clienti - mi ha detto - sono coloro, che rendono possibile tutto questo. Dovremmo imparare a focalizzarci più sul nostro pubblico che su noi stessi». C'è poi una “S”, che sta per storia del cocktail, e che pochi masticano. Se c'è una culla del cocktail questa è New Orleans. Non a caso qui è sorto il Museum of American Cocktail (www.museumoftheamericancocktail.org), spazio che racconta la storia del cocktail americano attraverso la sua vasta collezione di shaker vintage, bicchieri ormai introvabili, foto originali e pubblicazioni d'epoca.
Nei bar di Bourbon Street
Ma forse il museo più interessante è la strada, Bourbon Street, il Quartiere Francese, i suoi bar. Appassionati bevitori giunti dai cinque continenti, come in un rituale ben pianificato, non perdono l'occasione di assaporare alcuni dei grandi classici in locali come l'Old Absinthe House. Qui nel 1874 Cayetano Ferrer crea il famoso Absinthe Frappé che ancora oggi è uno dei drink più richiesti. Il percorso potrebbe proseguire da Arnaud's, la culla del French 75, passando da Pat O' Brien's Bar e dal suo Hurricane (che raccontiamo a pag. 150), per concludersi nei tanti jazz club che hanno visto nascere stelle della grandezza di Louis Armstrong. «Oltre alla storia e al revival - sottolinea il nostro inviato Max La Rocca - l'evento ha offerto un quadro illuminante sulle recenti tendenze della miscelazione e dell'industria. Soprattutto attraverso le lezioni tenute da esperti. Tra i seminari più interessanti, quelli tenuti da Andrew Nicholls del Vesper di Amsterdam. Il primo dal titolo “L'importanza degli oli essenziali e il loro uso nel bere miscelato” e soprattutto “Drink nel subconscio” (www.scribd.com/doc/35238715/Subconscious-Drinks-By-Andrew-Nicholls), una lezione focalizzata su aspetti come il linguaggio del corpo, il colore, la luce, il profumo e il suono quali elementi che fanno preferire un locale all'altro, un barman ad un altro.
A metà tra lezione e dibattito
Non si trattava però di lezioni classiche, con un maestro in cattedra e gli allievi a prendere appunti. In queste occasioni era facilitata l'interazione tra audience e relatori. In platea sedevano alcuni dei cervelli del settore e ci sono stati diversi scambi su modalità di lavoro e segreti professionali. Interessante anche l'Apprentice Program, dove si dà l'opportunità a bartender di talento, rigorosamente selezionati, di affiancare e imparare dai maestri del bere miscelato. E poi c'è stata la testimonianza più curiosa. Quella di Brian Rea (www.thebarkeeper.com) dal titolo “Bartending in the 1940's, 1950's and 1960's (the dark ages)”, che ha raccontato la storia del lavoro dietro ai bancone di New York e Los Angeles. Rea ha incantato la platea presentando menu introvabili e raccontando aneddoti sulle particolari condizioni di lavoro di quei tempi. Un tuffo nel passato condiviso con humour e autocritica. Molto curioso è stato l'incontro con altri blogger da tutto il mondo. È lì che mi sono reso conto di quanto interesse stia suscitando il mio blog. Infine c'è stato spazio per tanti nuovi prodotti. Tra le novità più interessanti penso a “Dimmi, Liquore di Milano” (www.dimmispirits.com), specialità nata negli Usa, ma che si propone come “milanese doc”, composto da distillato di grano biologico con grappa di Nebbiolo, a cui vengono aggiunte erbe, radici e fiori di frutta con nocciolo».
Le scoperte dall'America
Seminari, nuovi liquori ed eventi che hanno fatto la differenza
a New Orleans secondo il mixologist Max La Rocca.
Drink del subconscio
In una lezione magistrale Andrew Nicholls ha spiegato come influiscono elementi come il linguaggio del corpo, luci, suoni e colori sul pubblico. Il testo lo trovate anche su www.scribd.com
Libri
A New Orleans è stato presentato “Punch” (in uscita negli Usa a novembre). Autore è il celebre scrittore americano David Wondrich, che spiega trucchi e segreti del drink da bowl. “Vintage Spirits & Forgotten cocktails” di Ted Haigh, è il libro dell'anno per la giuria del Tales of the cocktail.
thebarkeeper.com
È il sito gestito da Brian Rea, veterano americano dei bartender. Il suo corso “Bartending in the 1940's, 1950's and 1960's (the dark ages)” è stato tra i più seguiti. Scoprite Rea nella splendida intervista pubblicata su blogofneworleans.com
Museo
Se, fortunati voi, avete in programma un viaggio a New Orleans, non perdete la visita al Museo americano del cocktail (museumoftheamericancocktail.org). All'interno 200 anni di storia, con shaker vintage, bicchieri introvabili, foto originali e pubblicazioni d'epoca.
Locali storici
Esiste un'associazione che tutela i locali storici: New Orleans Culinary and Cultural Preservation Society. Si occupa di bar che hanno fatto epoca: Pat O' Brien's Bar, Carousel Bar dell'Hotel Monteleone, Arnaud's French 75 Bar, Napoleon House, Sazerac Bar del Roosevelt Hotel, Cure, Old Absinthe House, Dba jazz club
Liquori
Il Totc è anche un vetrina privilegiata per la presentazione di nuovi prodotti. Tra le novità del 2010 “Dimmi Liquore di Milano”. Prodotto in California,
è un liquore dal bouquet erbaceo e floreale. Celery Bitters (The Bitter Truth) è stato eletto “Prodotto dell'anno”. Grandi consensi anche
per le infusioni di Tito's Vodka (titosvodka.com/infuse/).
I campioni 2010 di Tales of the cocktail
• Miglior bartender Agostino Perrone
• Nuovo cocktail bar Mayahuel, New York
• Miglior american bar Death & Co., New York
• Miglior selezione di spirit Bar Lebensstern, Berlino
• Prodotto dell'anno Celery Bitters
• Miglior brand ambassador John Gakuru, Sagatiba
• Miglior bartender americano dell'anno Murray Stenson del Zig Zag, Washington D.C.
• Migliore drink list Death & Co., New York
• Migliore libro di cocktail Vintage Spirits & Forgotten cocktails di Ted Haigh