Un passo fondamentale è stato compiuto nel percorso di valorizzazione e tutela di un’eccellenza enologica italiana, o meglio piemontese: il Vermouth di Torino ha finalmente ottenuto il riconoscimento dell’Indicazione geografica (Ig). Con il decreto 1826 del 22 marzo 2017, infatti, il ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali ha approvato il disciplinare di produzione che protegge la specificità di questa specialità e che lo distingue dalla più ampia categoria di vermouth. Decreto ora è stato inviato a Bruxelles per l’ufficializzazione europea dell’Ig.
«Un traguardo storico che sottolinea la connotazione italiana di questo prodotto e, soprattutto, ne riconosce la tradizione e la storicità della produzione indissolubilmente legata alla città di Torino - commenta Roberto Bava, amministratore delegato di Giulio Cocchi, una delle aziende che ha dato un importante contributo ai lavori per la definizione del disciplinare -. Si può dire che con il riconoscimento dell’indicazione geografica Vermouth di Torino / Vermut di Torino il vermouth torna nella sua casa».
Il decreto definisce il Vermouth di Torino “il vino aromatizzato ottenuto in Piemonte a partire da uno o più prodotti vitivinicoli italiani, aggiunto di alcol, aromatizzato prioritariamente da Artemisia unitamente ad altre erbe, spezie” e ne fissa tutti i requisiti: dalla zona di produzione, che comprende l’intero territorio piemotese, alle caratteristiche sensoriali (colore, che va da bianco a giallo paglierino fino al rosso, odore e sapore), titolo alcolometrico (tra il 16 e il 22% in volume), i principi aromatici, materie prime e le varie denominazioni (extra Secco o Extra Dry per quelli con tenore di zuccheri inferiore a 30 g per litro, Secco o Dry per quelli con meno di 50 g per litro, Dolce per prodotti il cui tenore è pari o supera i 130 g per litro). Il disciplinare prevede anche la tipologia Vermouth Superiore per il prodotto con un titolo alcolometrico non inferiore a 17% vol, composto per almeno il 50% di vini prodotti in Piemontee aromatizzato, anche se non esclusivamente, con erbe diverse dall'assenzio coltivate o raccolte in Piemonte.
Protagoniste del percorso che ha portato alla definizione del disciplinare, tema sul quale i lettori troveranno un ampio approfondimento sul numero di maggio di Bargiornale, sono state le aziende e i marchi che rappresentano la stragrande maggioranza della produzione di questa denominazione: Berto, Bordiga, Del Professore, Carlo Alberto, Carpano, Chazalettes, Cinzano, Drapò, Gancia, La Canellese, Martini & Rossi, Mulassano, Sperone, Torino Distillati, Tosti.
«Un percorso lungo, che ha avuto una forte accelerazione nel corso dell’ultimo anno, grazie anche alla collaborazione tra i produttori che hanno lavorato con una coralità di intenti decisiva per arrivare al traguardo», spiega Bava.
Frutto di questa collaborazione è anche la nascita dell’Istituto del Vermouth di Torino, un’associazione, con sede nel capoluogo piemomtese, fondata dalle aziende che hanno condiviso tutto questo percorso con lo scopo di valorizzare, promuovere ed elevare la qualità del Vermouth di Torino e la sua diffusione sui mercati. «L’associazione permetterà di coordinare le azioni dei produttori, nel lungo lavoro che ci attende, ponendosi anche come referente con il mondo delle istituzioni e continuando a lavorare con le associazioni di categoria e l’assessorato all’Agricoltura della Regione Piemonte», spiega Bava.
I fondatori hanno nominati soci onorari dell’Istituto Piero Miravalle, memoria storica del Vermouth, lo studioso Pierstefano Berta e Fulvio Piccinino, barman e grande esperto del Vermouth a riconoscimento del contributo dato dalle loro esperienze e professionalità in questo campo.