A settembre dello scorso anno Bargiornale titolava: “Italicus per rilanciare il rosolio nel mondo”. Ebbene, oltre ogni più rosea previsione Italicus - Rosolio di Bergamotto, sul tetto del mondo ci è arrivato. È successo pochi giorni fa a New Orleans, nel corso di Tales of the Cocktail, dove è stato incoronato come Best New Spirit or Cocktail Ingredient agli Spirited Awards.
È un successo almeno per tre motivi. Partiamo dal primo. La categoria. Fino all’arrivo di Italicus il rosolio non era di moda. Certo, c’era dai tempi di Caterina De’ Medici che lo offriva, come cordiale, a tutti i fedeli che avevano partecipato alla messa. C’era nell’epoca del Re d’Italia Vittorio Emanuele di Savoia che lo alternava con una certa disinvoltura al vermouth. C’era nelle storiche produzioni locali in Piemonte, Campania e Sicilia, dove si produce fin dal 1500. C’era nei film, nell’arte, nella letteratura e perfino nel Pinocchio di Collodi. C’era rosolio nei caratteristici bicchierini che le nonne servivano come digestivo o corroborante. C’era. Ed è sparito.
Poi un giorno Giuseppe Gallo, un passato vincente da barman a Londra e un presente da globetrotter, lo ha riportato in sella. «Era il liquore che girava per casa. Lo facevano i miei. Mi aveva sempre affascinato. Nel 2007, per hobby, inizio a fare ricerche. Finché nel 2007 m’imbatto nel manuale Il Liquorista Pratico, scritto da Luigi Sala a fine Ottocento. All’interno scopro un mondo. Dodici ricette di rosolio: Breslavia, Mandarino, Cannella, Nancy, Lamponi, Ambrosia, Fragole, Menta, Garofano, Parigi, Pomi Cotogni e Rosolio di Torino, che ha tra gli ingredienti i petali di rose». Forse da qui nasce l’equivoco sul nome. Con il termine rosolio non si fa riferimento alle rose, ma a “ros solis”, locuzione latina che significa “rugiada del sole”.
E veniamo al secondo motivo. La chiarezza sulle origini del liquore. «In tutti questi anni in cui ho preparato il prodotto mi sono concentrato sul vero significato e valore del termine “rosolio”. Ho elaborato una ricetta partendo dal Rosolio di Torino e usando come base una delicata combinazione di camomilla romana, lavanda, genziana, rose gialle e balsamo di melissa. Poi ho proposto una ricetta più adatta ai tempi odierni. Mi sono rivolto a una distilleria, a conduzione familiare, fondata nel 1906 a Moncalieri (To). Qui, in base a un processo dalle antiche origini, noto come “sfumatura”, il bergamotto, proveniente dalla Calabria e il cedro dalla Sicilia sono infusi in acqua fredda per rilasciare i loro oli essenziali, prima di essere mescolati a uno spirito neutro di grano italiano. L’unico ingrediente non italiano è lo zucchero di canna grezzo. Per il resto è tutto tricolore ».
Il terzo motivo di questo successo è che un piccolo produttore indipendente l’ha spuntata tra i giganti. E qui il merito sta nell’indiscutibile abilità di Gallo di tessere una tela di contatti che va oltre al semplice al marketing. Per il progetto di Italicus sono state chiamate a raccolta alcune delle menti più brillanti del settore. Nomi come Simone Caporale, Alex Kratena, Erik Lorincz, Francesco Lafranconi, Agostino Perrone, Daniele Gentili, Mattia Pastori ecc. «La mia, anzi la nostra idea, era quella di creare un rosolio tagliato su misura per la miscelazione, un vero ingrediente da cocktail. Un prodotto dalla visione globale per il mercato globale. Italicus offre una marcia in più sugli sparkling, ma si sposa alla perfezione negli shandy, con le India Pale Ale (Ipa). Il risultati più entusiasmanti li raggiunge come alternativa ai triple sec nei classici come il Margarita». Per provarlo, chiedete a Compagnia dei Caraibi, il distributore per l’Italia.