Torino, lo sappiamo, è la città del vino del momento: il vermouth. Nonostante l’annosa questione della mancata stretta di mano sulla “Doc Torino” i produttori si affacciano con nuove referenze spesso prese in prestito da antiche ricette. È il caso specifico di Turin Vermouth che ha tenuto a battesimo, nello speakeasy di Walter Gosso, la seconda edizione della “Turin Vermouth Competition 2.0”, Presente una squadra di giudici fatta per le grandi occasioni: Simone Caporale (ex Artesian di Londra, 4 volte miglior bar al mondo), l’enciclopedia del mondo vermouth chiamata Fulvio Piccino e Nicolò Calza in rappresentanza dell’azienda. Bargiornale come media-partner dell’evento ha seguito questo concorso dove sono emerse combinazioni che non ti aspetti. A cominciare dal cocktail vincente di Erica Rossi, bartender al Victoria Club di Abano Terme (Pd).
Miscelazione a km zero
Il drink della barlady è una strenna al Piemonte, alle sue tradizioni liquoristiche e alla passione di Giovanni Negro, il creatore di Drapò, vermouth bandiera della casa torinese. «Ho letto un’intervista - spiega Erica Rossi - che mi ha incuriosita. Giovanni Negro, patron di Turin Vermouth, raccontava di come la sua passione per il vermouth si fosse trasformata in un’impresa complice amche un’illuminazione dopo la visita alla Cascina Mondianese a Montemagno d’Asti. Il drink l’ha chiamato Vessillo (in onore del Drapò, lo stemma della regione Piemonte) di Riveri, una cascina piemontese. All’interno ho mescolato i vermouth Drapo Dry e Bianco, un’infusione di spezie con gli elementi più caratteristici dei due vini e un prodotto raro come liquore alle erbe Balsamo di Gerusalemme prodotto dalla Regia farmacia XX settembre di Torino. La composizione è stata abbinata al tradizionale bonèt con cuore di Drapò Rosso».
Un’esperienza cosmopolita
Subito alle spalle di Erica Rossi si è classificato Antonio Masi, bartender del The Mad Dog, con un equilibrato gioco tra vermouth bianco e dry, l’amaro Black Note, che gioca in amara difesa, e un dolce trio d’attacco che funziona sempre bene: miele, mandarino e zafferano. Ne risulta un mix fresco, beverino, “senza troppe seghe mentali”.
«Il nome del cocktail, Una Torino Magica, si ispira alla sua fama di città dell’esoterismo, punto di unione tra due triangoli magici. Quello della magia bianca: Torino, Lione, Praga e quello della magia nera: Torino, Londra e San Francisco. Da qui ho voluto giocare con un drink diviso in due consistenze: liquida e solida (mousse).
Completa il podio Daniele Losquadro, squadra Planet One e bartender al Nepentha di Milano. Losquadro ha ricombinato il nome Drapito in “Red Pito” confezionando un drink a base vermouth che parla anche greco (liquore mastiha) e ha una parte più asprigna conferita dal Choya Red (Giappone). Il tutto profumato con affumicatura alla camomilla e un servizio che ricorda il giardino di Edward Mani di Forbice. Preciso: né zen, né all’italiana, né all’inglese.
Al di là del podio la seconda edizione è stata una prova autentica, durata un’intera giornata. Alla finalissima giocata tra i migliori sei della fase eliminatoria, a cui hanno partecipato venti concorrenti, sono arrivati Marco Riccetti dell’Inside di Torino, Emanuele Bruni del Freni e Frizioni di Roma e Francesco Corona del Coffee and Good Spirits di Cuneo. Si sono sfidati nella preparazione di un classico e di una rivisitazione sul tema con buona padronanza dei mezzi di lavoro, delle materie prime, ma soprattutto del senso di ospitalità. Che poi, alla fine, conta più di tutto.