Aumentano in Italia i bar con titolari stranieri, soprattutto quelli di persone provenienti da Paesi al di fuori dell’Unione Europea. A dominare sono i cinesi, che hanno fatto registrare un boom: ci sono segnali però che il modello generalista su cui nella maggior parte dei casi i loro locali si basano potrebbe cominciare a evolversi verso un’offerta più specializzata, qualitativamente alta e dal taglio più internazionale, anche grazie alle nuove generazioni che stanno entrando in campo. I dati di InfoCamere, relativi alla fine del 2016, parlano infatti di 10.106 bar imprese individuali con titolare straniero, mentre nel 2011 erano 6.477. C’è una prevalenza dei titolari di Paesi extra Unione Europea, che arrivano a totalizzare 7.645 bar, mentre i restanti 2.461 sono di origine comunitaria, con una componente femminile più accentuata, nella fascia di età tra i 35 e i 49 anni. Tra le grandi città, quella con più bar stranieri si conferma Milano, che ne ha 1.216 (5 anni fa erano 877), seguita da Roma, in cui se ne contano 582 (dai 397 del 2011), mentre a Torino ce ne sono 467 (nel 2011 erano 196).
In cerca di reddito da lavoro
«Le informazioni che abbiamo sui locali etnici sono di una crescita di aperture significativa per quanto riguarda le imprese individuali e se si considerano le società che hanno all’interno soci immigrati in funzioni operative e in ruoli di riferimento importanti i numeri aumentano ancora», spiega Luciano Sbraga, direttore dell’ufficio studi di Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi). «È una crescita che non si ferma, in particolare nelle imprese individuali: c’è un’attrazione del mondo della ristorazione, dei take away e dei bar nei riguardi degli immigrati. Questo perché è un settore che sta modificando il rapporto tra costi e opportunità, nel senso che aumentano più i costi delle opportunità, e quindi attrae persone che hanno minori aspettative dal punto di vista imprenditoriale, ovvero che nell’impresa vedono più una fonte di reddito da lavoro che da capitale; insomma, non è un investimento finanziario ma di vita. La tendenza alla crescita è legata anche alle dinamiche dei flussi migratori e inoltre c’è anche un cambio generazionale, per cui molti imprenditori avanti negli anni lasciano l’attività».
Nel mondo dei bar c’è un’attenzione particolare da parte di alcune comunità, in primis quella cinese: del totale dei bar imprese individuali con titolare straniero 4.016 sono cinesi, in aumento rispetto al 2011 quando erano solamente 2.134.
«Quella cinese - continua Sbraga - è la comunità più importante nella gestione di attività di questo tipo, soprattutto nelle grandi città, come Milano, Roma e Venezia. La gestione dei bar cinesi è in genere tradizionale: si tratta di locali generalisti, con prodotti confezionati, dalla bibita al caffè, non coprendo per esempio il mondo del lunch bar, o l’intrattenimento o la parte serale. L’elemento critico è la gestione di un bar più complesso, che richiede un know-how più approfondito. Tra i punti di forza di queste attività però c’è la grande flessibilità in termini di orari e di apertura».