«Qui non c’è niente che non sia sardo». Mario Succu ha uno sguardo terribilmente serio quando ti parla. Da vero sardo. Poi si scioglie quando capisce che può entrare in sintonia con te e raccontarti un progetto particolare. Perché a Milano di locali sardi e di sardi ce ne sono tantissimi. Una piccola comunità si è sviluppata anche qui e quella della ristorazione è un’idea che funziona sempre. Ma il piano di Succu, che in corso di Porta Nuova 46 davanti all’ospedale Fatebenfratelli in una zona centralissima ha aperto il piccolo locale Mes’ora (mezzora), è molto più particolare. Non è il semplice piatto di malloreddus (gnocchetti) servito al ristorante, o il maialetto su prenotazione (e ormai non tutti sono davvero isolani) o il pane carasau da tempo trovabile anche nella gdo (grande distribuzione) o il mirto industriale.
Ricerca Mario, 34 anni di Budoni, imprenditore illuminato che ha lasciato la sua terra dove ancora conserva veri legami (ha dato in gestione il bar centrale, la base familiare), e organizza (via computer e con i collaboratori) le vacanze tutto compreso (anche l’auto a noleggio e il volo) a chi vuol godersi una settimana da sogno a Budoni, ha ideato un localino con otto posti a sedere e altrettanti all’esterno dove l’aperitivo è un piacere, il panino pure e i ravioli che la chef Nicoletta, sarda di Porto Torres, prepara in loco, si possono anche portar via (a 30 euro al chilo).
Panini gourmet
I panini sono otto e costano otto euro l’uno. Ma che panini! Tutti nomi sardi, prevalentemente del sassarese, alcuni ispirati a canzoni dei Tazenda. Si va da Furru Caente, il più apprezzato, con salsiccia secca e peretta fusa al Drommi Drommi con con musciame di tonno, pomodoro camone e olio aromatizzato alle erbe. A Lu zarrettu, con bottarga a scaglie, crema di carciofo spinoso e olio aromatizzato al limone. Naturalmente non mancano quelli col prosciutto e il pecorino. Uno, il Domo mea è solo a base di formaggi: pecorino a scaglie, caprino a scaglie, crema di formaggio. Il pane è un Pan di patate prodotto a Lula, nel sassarese. Una sorta di spianata da 110 grammi da gustare calda. Una delizia. Quando parla dei suoi prodotti, Succu lo fa da innamorato. «Il formaggio arriva da un caseificio di Sinnai, ma la peretta (formaggio vaccino) la prendo vicino a Olbia. I salumi, prosciutto, guanciale e salsiccia da uno di Desulo. I ravioli li facciamo noi con Nicoletta. I culurgiones classici di patate e un raviolo con un ripieno di ricotta, bottarga e carciofi, oltre a quello con ricotta e prezzemolo».
La Sardegna nel bicchiere
Anche sul beverage il locale non sgarra. I principi restano quelli: «La birra è prodotta a Irgoli. Si chiama Marduk. Ne ho sei tipi che vanno tutto l’anno, più due estive. La cantina dei vini ha una ventina di etichette dal bianco di Alghero ai brut di Olbia. D’inverno il rosso prevale. Mi piace che tutta l’isola sia rappresentata. L’olio è di Escolca. Il mirto, rigorosamente fatto in modo artigianale, di Santulussurgiu come i distillati».
I dolci sardi che Succu propone a fine pasto arrivano proprio dal suo paese Budoni. L’unico prodotto. Tutto quel che vedi, compri o mangi da Mes’ora (non mancano sughi, conserve, marmellate, creme, composte) non lo potrai mai trovare nella grande distribuzione. «È la regola. Anche l’acqua non sfugge alla mission di Mario. «Certo, qui si beve la Smeraldina di Tempio, premiata più volte come miglior acqua del mondo (veniva distribuita anche a bordo dei Frecciarossa) e vi assicuro che è un valore aggiunto anche questo».
La tradizione sarda nell’aperitivo
Il momento clou al Mes’ora, oltre a quello del pranzo, è quello dell’aperitivo. Con otto-dieci euro nel locale isolano si ha un tagliere ricco con un bicchiere di vino. «Offro le tre tipologie di salumi e una degustazione di formaggi. Poi si aggiunge anche altro come una crema di asparagi o carciofi e un pomodorino secco». Un aperitivo decisamente diverso dai soliti milanesi e ispirato a tradizione sarda, valorizzazione del territorio e soprattutto qualità. Quella che per Succu non deve assolutamente mai mancare in tavola.