Luigi e Vincenzo Paternoster crescono tra i sacchi di caffè verde e l’aroma della torrefazione Pierre Cafè, avviata dal padre Pietro nel 1984 ad Altamura (Ba). La concorrenza di realtà produttive più grandi però non lascia margini, così pochi anni dopo l’attività si sposta a Gravina in Puglia dove, alla zona dedicata alla tostatura, si unisce la caffetteria: è la scelta giusta e l’attività si afferma rapidamente. Luigi ha solo 16 anni quando deve prendere le redini della torrefazione perché il padre (che ora si occupa della parte gelateria artigianale) e il fratello hanno sviluppato un’allergia al caffè crudo. Così apprende e realizza le “ricette” di famiglia, ma non gli basta: fa un’esperienza professionale di sei mesi all’estero, lavorando presso alcuni bar a Londra dove conosce un modo nuovo di intendere il caffè ed entra in contatto con il mondo Sca.
Al ritorno in Italia dà il via a un’intensa formazione con Davide Cobelli, Andrej Godina e Marco Cremonese: «Dopo i corsi ho unito il metodo che insegna Sca con quello tradizionale italiano e ne sono soddisfatto - dice Luigi -. Ogni torrefattore ha il suo modo di tostare: come moduli la fiamma, cambi il flusso d’aria o i giri del tamburo, tutto influenza il gusto finale. In un primo tempo volevo offrire solo caffè specialty, ma non era quello che i clienti volevano. Ho capito di avere sbagliato approccio: oggi raccolgo le loro preferenze, che cerco di trasferire in un prodotto di qualità; un tempo ricercavo l’acidità, ora un prodotto più equilibrato».
Saper comunicare
Entrando nel locale si incontra sulla sinistra il banco bar, con sei silos di caffè in grani che comprendono miscele, singole origini a rotazione e il decaffeinato, quindi la macchina espresso, una Strada a 3 gruppi de La Marzocco e, su uno scaffale al di sopra di essa, diversi strumenti per estrazioni a filtro. Accanto, tre macinacaffè on demand con la miscela o la singola origine della settimana, il decaffeinato e lo specialty o un caffè con un’acidità più importante.
Quando lo incontriamo, Luigi offre Paraiso, un caffè colombiano coltivato a Timaná nel dipartimento di Huila: ha una buona acidità e sentori di mandarino, papaya, bergamotto e frutti rossi. Viene comunicato in modo semplice, a cominciare dal Paese d’origine e la zona, per passare a ciò che la tazza offre in termini di gusto e aromi; a chi si mostra interessato vengono date più informazioni altrimenti si lascia spazio alla semplice degustazione. Luigi è spesso assorbito dal lavoro di tostatura, dunque è la madre Maria a coordinare il lavoro della caffetteria, che offre anche una buona selezione di tè. Al banco c’è un buon affiatamento; chi comincia a lavorare al Pierre Cafè viene formato al fine di accordarsi al meglio ai ritmi del locale. La prima nozione che riceve riguarda l’importanza della pulizia delle macchine per ottenere un buon espresso, poi segue un periodo di lavoro per apprendere con gradualità le basi del lavoro di barista; può trascorrere anche un mese prima di arrivare alla macchina espresso.
Proseguendo lungo il locale si arriva alla zona dedicata alla tostatura, visibile grazie a una vetrata. «I clienti sono attirati dal caffè e le trasformazioni che subisce durante la tostatura - riprende Luigi -. Vedono i sacchi di crudo nel locale, che in questo periodo sono particolarmente numerosi, ma soprattutto mi osservano al lavoro alla tostatrice, mentre curo il grado di tostatura e infine estraggo il caffè tostato e fragrante. E spesso entrano per osservare e fare domande. Lavoro anche i Robusta, che prima avevo eliminato, ma poi ho capito che bastava cambiare il modo di tostarli per avere un prodotto di buon corpo, privo di sentori negativi e con un gusto piacevole; ovviamente la base di partenza è un caffè di qualità. Quando li tratto, per tutta la giornata lavoro solo con questi caffè, che richiedono uno stile particolare di lavorazione».
Gare che fanno crescere
Cura e qualità del prodotto fanno sì che il marchio Pierre Cafè sia apprezzato in Italia e all’estero. Ed è stata la necessità di avere qualcuno che curasse il locale, l’export e il contatto con i clienti a riportare a casa, dopo 15 anni di lavoro all’estero, il fratello Vincenzo. Luigi lo definisce “la mia parte mancante” perché, al contrario di lui, è estroverso e ha girato il mondo. I due hanno vissuto un viaggio avventuroso in Colombia: «Il telefono ci aveva abbandonato - racconta Luigi -. Abbiamo raggiunto un farmer nella Sierra Nevada, qui abbiamo raccolto e lavorato il caffè: un’esperienza che ci ha caricati di energia».
Ed è stato l’estroso fratello a iscrivere, di nascosto Luigi al campionato italiano Roasting 2017. La gara è stata un successo, visto il secondo posto alla finale italiana: «Quando mi sono qualificato alla semifinale di Milano ero contentissimo, ho capito che ero sulla strada giusta - dice Luigi -. Ho compreso che è un’occasione unica per confrontarsi. In primavera ho individuato un nuovo modo di tostare e voglio portarlo in gara per sentire cosa dicono i giudici».