La notizia pubblicata online da L’Eco di Bergamo ha avuto in una giornata 22mila visualizzazioni: “Bergamo, chiude l’Art Caffè - Piazza Pontida perde gli artigiani del caffè”. Sì, perché Erminia Nodari e Tullio Plebani sono due riferimenti e due pionieri del caffè di qualità. Aprono nel 2000 una torrefazione in cui vogliono trasformare un caffè che abbia una tracciabilità, una storia. Impresa difficile ai tempi, ma trovano chi soddisfa questa richiesta, incontrando poi un secondo “muro”: i baristi, che non sono interessati a un prodotto di qualità, ma cercano il prezzo e il corollario di macchine e servizi che in genere offrono le torrefazioni. Così, nel 2005 decidono di aprire un locale in cui offrire i propri caffè in piazza Pontida: la reazione è positiva, si crea curiosità intorno alle diverse origini e agli aromi che esprimono. Poi il trasferimento nell’ampio e accogliente locale pressoché di fronte al primo, dove una tostatrice è spesso in azione. La formula del locale, che nel frattempo diventa Art Daily Specialty Coffee, è infatti caffetteria con cucina e torrefazione.
«Il locale ha sempre funzionato e funziona - ci dice Erminia Nodari - ma il caffè non basta: bisogna aggiunger la cucina, l’apertura serale, l’immancabile turnover dei dipendenti (che in media sono rimasti nel locale quattro anni): è davvero un lavoro pesante da un punto di vista fisico e mentale». Bargiornale aveva affrontato questa problematica sul numero di novembre dello scorso anno: la domanda era “Si può vivere di sola caffetteria?” e la risposta data dagli esperti che hanno collaborato alla sua realizzazione era stato un “sì”, “ma”, “però” a evidenziare che la quadratura del cerchio è davvero complessa.
«Il servizio che c’è dietro un caffè è tanto - riprende Erminia Nodari - anche se la clientela fosse disposta a spendere 2, anche 2,5 euro per un espresso, l’attività non sarebbe sostenibile, perché ci vuole tanto organico: chi racconta, spiega e vende e poi bisogna unire altro, ovvero il cibo, perché il cliente lo chiede e perché i conti devono quadrare. Non si spiegherebbe altrimenti il fatto che, anche all’estero, il cammino è analogo: la maggior parte delle caffetterie ha anche il food. La formula di pura caffetteria (anche se poi del cibo per lo più va aggiunto) può funzionare per locali più piccoli. L’auspicio è che siano i bar “tradizionali” a muoversi per uscire dal modello tradizionale fatto di comodato d’uso e schiavitù a un caffè di basso livello, per scegliere un prodotto migliore, che aumenti il valore e il prezzo dell’espresso. Spero che un giorno si possano pagare 4 euro un panino, 2,5-3 una bibita e 1,5-2 un espresso».
Il locale chiuderà il 18 ottobre: nessuna tristezza, non è una resa. Erminia e Tullio si concederanno una pausa di riposo, per dare poi spazio alla voglia di approfondire, di studiare, di concretizzare gli spunti e gli stimoli ricevuti nel corso degli anni e di proseguire con i caffè a marchio Critical Coffee, un nome che, conclude Erminia “raccoglie i valori della mia vita: avere un approccio non da “gregge”, ma critico alle cose, che si basa sulla raccolta di informazioni, dati e non di pregiudizi». I progetti sono tanti. Una cosa è certa: dagli amici che spesso ci riporteranno con la mente a piazza Pontida, riceveremo numerosi “echi” nel segno del caffè di qualità.